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L'Arte che vorrei

Scritto da  Luciano Campitelli Mercoledì, 05 Novembre 2014 02:16

Non è una mia scoperta che i bambini, sin da molto piccoli, con i loro pennarelli sono in grado di tradurre, attraverso loro “scarabocchi”, su un qualsiasi semplice foglio di carta da quaderno, le loro intime emozioni, i loro stati d’animo più disparati quanto profondi... in ultima analisi, quelli che comunemente vengono etichettati come “scarabocchi infantili “ null’altro sono che espressione di un loro intimo umano sentire fatto di gioia o di tristezza o di turbamento o di traumatico da cui la loro anima in un certo momento è presa... sono cioè di fatto vera trasposizione su una virtuale tela di ciò che intimamente in un certo istante li rende sereni o cupi e tristi… con tale mezzo comunicativo primario i bambini non fanno altro in ultima analisi che tentare di trasferire i loro interiori turbamenti, positivi o negativi, all’esterno della loro anima perché qualcuno (il padre, la madre o chi per essi) possano intervenire per aiutarli nei loro interiori piccoli-grandi drammi.

Si consuma in ciò un profondo rapporto fra essere umano ed essere umano in un interscambio emozionale (se ne viene presa coscienza dall’adulto) di incommensurabile valenza psicologico-affettiva, e quindi un reciproco arricchimento bambino-adulto, genitore e/o maestro o altro che sia, comunque risolutore, se ben decriptato, dei problemi delle loro innocenti anime.

Parto da questa semplice quanto profonda premessa per dire “che Arte vorrei”,  che vorrei un’Arte, quella pittorica sia classica che moderno-astratta in particolare, fatta di opere in grado di dar luogo ad un rapporto “pittore-visitatore di mostra” simmetrico e di equivalente portata interiore” a quello che i bambini riescono a stabilire con i loro “scarabocchi” fra essi ed una qualsiasi persona esterna, regalando nel contempo emozioni uniche.

L’Arte ha senso per me se è emozione e poesia, se scandaglia l’anima umana nel suo “ intimo più intimo” avendo come obbiettivo quello di migliorare il cittadino-visitatore di mostre rendendolo fruibile di un qualcosa di bello e, nel contempo, di profondo e di esemplare sul piano critico-formativo.

L’Arte dovrebbe cioè avere in sé anche, e non secondariamente, una finalità didattico-pedagogica per divenire un punto di riferimento valoriale di cui far tesoro per chi vi si approccia col frequentarne le mostre. Trovo troppo spesso assente un impegno progettuale preventivo nella pittura, un serio metodo di studio che conduca il pittore a farsi tramite di valori assoluti tali da indurre nel cittadino-visitatore profondi pensieri di ritorno, induzione di processi riflessivi sulla pace, la fratellanza fra tutti i popoli del pianeta, la trascendenza, l’alterità, l’accoglienza, il dare dignità ed identità a chi non l’ha mai avuta, come i bambini del terzo-quarto mondo.

In ciò per me risiede il fascino e la profondità artistico-pittorica interiormente intriganti, ed oltremodo attraenti, di un vero pittore. Ma è purtroppo talmente infrequente quanto da me ricercato in un quadro esposto in mostra, da farmi capire che, come in tanti altri ambiti culturali dall’Arte in sé differenziati, si trovino ad occupare stranamente i primi posti della contingente “Hit Parade”, soggetti del tutto privi di talento, ma ricchi di raccomandazioni e quant’altro.

Nasce da qui per me il vero, purtroppo irrisolto, problema dell’Arte in sé, cioè che all’Arte, se intende rimanere su un piedistallo che implichi meritato splendore per il ruolo cui dovrebbe essere culturalmente tesa, dovrebbe venir meno, o quantomeno drasticamente ridotto, che sia, purtroppo, soprattutto se non esclusivamente ”business-as-usual” . Questo essere pressoché quasi solo business fa si che tanti soggetti non talentati trovino nella pittura ricettacolo per poi emergerne da spregiudicati mestieranti di infima caratura tecnico-pittorica e culturale, con opere inconciliabili con l’ascesa sugli altari dell’Arte nel senso più nobile inteso… veri mestieranti inquinanti profondamente quella che a me più piace ed interessa sul piano umano e culturale , cioè “ l’Arte Moderna e Contemporanea”, che a mio avviso necessita di risalire la china e riacquistare smalto solo se il pittore si riporta spiritualmente, e dal punto di vista tecnico, all’ottica ed all’innato modus-operandi infantile, come in premessa descritto, a cui ha sovente teso rendendola degnamente ed incisivamente presente sul piano culturale. Il mercato dell’Arte necessita di una drastica revisione sul piano cultural-filosofico dagli addetti ai lavori. Mi chiedo che senso artistico possa avere il fatto che un cosiddetto artista contemporaneo di nome Damien Hirst abbia venduto nel 2001 un “pezzo di carta igienica usata” per 1.500 sterline essendo per tale ragione stato elogiato da tutti i tabloid inglesi di allora. Vivaddio c’è anche chi ha scritto (sic!) “l’Arte ha un ruolo importante, dalla sua preistoria alle esperienze contemporanee, dalla letteratura sanscrita al Pantheon induista... l’Arte deve continuare ad essere emozione e poesia “. Nella cultura globalizzante si è persa l’idea di un valore diverso rispetto a quello strettamente commerciale. E’ purtroppo tristemente vero !!! Per questo credo che i bambini siano i più attrezzati culturalmente per dono innato, coerente con la loro sacra innocenza, ad essere i soggetti più idonei a capire in profondità, istintivamente, un quadro astratto. La pittura dovrebbe avere come obbiettivo principe quello di far comprendere i sentimenti che realmente contano nella vita di ognuno di noi. Ogni opera pittorica, in quest’ottica, finirebbe con l’essere fonte di autentico arricchimento culturale, ma anche intellettivo, etico e morale. Se un quadro possiede tali caratteristiche intrinseche, se nasce dall’io genuino del pittore, contribuisce a renderci migliori, a cambiare il modo di intendere la vita, a cambiarci dentro…in tal senso i quadri pittorici, come il cinema, il teatro, la musica, la poesia, la filosofia, i libri e quant’altro (quando seri) finiscono col costituire un possente bagaglio culturale di incommensurabile valore umano, oltre che emotivo… ci sono quadri che finiscono in tale visione per divenire proprietà della nostra anima, della nostra vita. Dietro il cromatismo di un quadro , dietro la tecnica pittorica usata, dietro ogni pennellata, si nasconde, in tale ottica, un grande insegnamento, una magia che finisce per regalare sensazioni autentiche a persone tanto diverse fra loro non per un processo omologativo ma per un comune generale umano sentire in termini di vita eticamente sana per la generalità delle persone.

Solo credendo fermamente nel ruolo centrale, in termini di arricchimento del proprio umano sentire in rapporto agli altri, sta la profondità di acculturazione indotta. Purtroppo l’arte è penetrata ovunque, dal mondo dello spettacolo attraverso la voracità della moda, nella pubblicità, nell’economia e la cultura globalizzante intervenuta ha fatto perdere l’idea di un valore diverso rispetto a quello strettamente commerciale. In un quadro un visitatore anche non tanto provveduto in fatto di cultura pittorica esce soddisfatto se avendo visitato una mostra ne esce avendovi avvertito e trovato, riflettendoci sopra, bellezza visiva, significatività culturale, umana e poetica, emozione, raffinato livello artistico oltre ad avervi rinvenuto valori assoluti fondamentali quali il dolore, la vita, la morte, la religiosità ..

Vorrei vedere mostre sempre più caratterizzate da fortissima valenza didattico-pedagogica per i visitatori, facendo capire quanto conti lo studio e l’impegno serio che c’è dietro la realizzazione di un’opera d’arte, studio sia tecnico che filosofico, sia visivo che comunicativo. Far leva sui fattori creativi ed immateriali come l’Arte e la Cultura nella sua più ampia accezione diviene imprescindibile per promuovere una società migliore. Un quadro dovrebbe divenire mezzo di comunicazione fra l’artista ed il visitatore, in tal senso diventa qualcosa di estremamente sofisticato. Valuto un’opera degna di tale nome se quando esco dalla mostra che l’ha esposto riesco a riflettere su di esso e ad averne spunti da quanto veduto per esercitare la mia interiore creatività e capacità critica di cui inizialmente non avevo contezza. Mi piace trovarmi in presenza di una sensibilità “altra” dove tutto viene spinto artisticamente sulle massime corde dell’anima.

Luciano Campitelli 

 

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