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È uscito il nuovo libro di poesie di Maria Gisella Catuogno

Scritto da  Anna Maria Curci Sabato, 06 Aprile 2013 07:41

E’ in libreria “Questo mare è pieno di voci e questo cielo è pieno di visioni” silloge di poesie di Maria Gisella Catuogno, edito da Onirica edizioni. All'interno dell'articolo la nota critica presente nella raccolta

Ha la grazia innata dei movimenti e la precisione esperta di termini e ritmi la poesia di Maria Gisella Catuogno. Tende con slancio autentico alla natura e ne conosce, tuttavia, la fragilità della “promessa vagheggiata” (Vigilia di primavera) e destinata a infrangersi, non senza aver prima danzato, incantando e incantandosi, al ritmo di un rondò.
In questo senso, Stelle frante è rivelazione di una poetica, suo manifestarsi nella catena impeccabile di immagini-suoni: “Non un filo d’erba/un grappolo di glicine/un sospiro di vento/un tremolio di mare/nell’alba appena desta/cambieranno di forma/intensità colori incanto.” Non è mero idillio questa ‘necessaria’ continuità, è, piuttosto, la musica, potente perché non teme di apparire semplice e sommessa (Il girasole), della “legge mite”, che regola, ovvero, più precisamente, “compone” i rapporti tra mondo e esseri umani, quella legge teorizzata da Stifter nella Premessa ai suoi racconti Pietre colorate e citata più volte da Heidegger.
La “legge mite” passa per una fase di rottura, di lacerazione, che nella lirica E già il cielo si infiamma di tramonto ha i tratti del contrasto cromatico, tra il bianco, autobiografico bagliore irresistibile del foglio da vergare “di segni e di parole/che modellino/ l’animo” e il rosso fiammante del cielo della sera,  al tramonto delle illusioni di “bloccare il tempo/in un presente infinito”.questo mare
Che la nozione della “legge mite”, “dell’ordine universale” (Il girasole) non sia supina arrendevolezza, ma “intelligenza acuta/ e libera/ da ogni pregiudizio”, “calma paziente” che affianca la “curiosità”, la consapevole “accettazione delle sfide”, è chiarito dal ricordo insieme struggente e luminoso A Patrizia (ad memoriam): “Quel che più mi manca/è quello che sapevi/e che porgevi/senza salire in cattedra/come solo i veri maestri/sanno fare;/e quel passo franco/d’eterna ragazza/cittadina;/quel tuo vestito giallo/splendido sull’abbronzatura”.
La cifra di Stillano i giorni, nell’alternanza, dominata con agilità e sicurezza,  di misure – al prevalente endecasillabo si intrecciano dodecasillabi e un settenario -  e di ritmi diversi, è la “quieta grandezza”, è la melodiosa semplicità, è l’armonia con la quale Maria Gisella Caatuogno tesse, non priva di sublime ironia, classico e fiabesco, donando a chi legge, a chi ascolta, il ritratto veritiero, familiare e originalissimo, di un sé incantato a guardare “i petali dell’alba”, a riempire “d’acqua sorgiva” le brocche, ad aspettare “il sole, che sciolga questa brina”.
Anna Maria Curci

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