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Un saluto a Sandra, Paola e Dino

Scritto da  Domenica, 22 Febbraio 2015 16:36

Certo, la ruota della vita te lo impone,  mano mano che la tua età  si fa più matura, più è frequente vedere uscire dal gioco dell'esistere persone che ti sono state vicine,  o con le quali hai condiviso amicizie, tempi , emozioni.  E non è per cinismo quanto per cristiana (o laica) rassegnazione,  condita di un po' di logica, che finisci per accettare il termine della parabola più o meno lunga di qualcuno che in qualche modo ti è stato vicino e caro.

Ma può anche accadere, come è successo nelle ultime ventiquattro ore, che questi eventi  luttuosi si ripetano con incredibile frequenza non concedendoti il tempo per ragionare su quello che tu e la tua città avete perso, saturandoti di una pura mestizia la mente.

Sandra, Dino e Paola se ne sono andati, uno dopo l'altro da ieri, ed è difficile, quasi impossibile, fare il mestiere di chi riporta i fatti della comunità, senza il terrore di apparire rituale, banale.

Scelgo allora di raccontarli per minimi episodi ai quali ho assistito, come catturando dei  frammenti  a caso della delle loro vite provenienti da un'epoca lontana.

Sandra Manzi  sbarcata all'Elba da ragazzina, ed entrata  a far parte della mia famiglia tanto da chiamare Rosina "mamma" come facevamo io Fiorella e Lino, che lei aveva sposato,  La voglio ricordare in quell'estate in cui i juke- box  trasmettevano continuamente "Sapore di Sale",  e Lino con "Marietto" Brandi aveva  aperto alla "Facciatoia" di San Piero un precario night di legno e incannucciate  intitolato "Il Nido del Falco".

Un pomeriggio Sandra stava  pulendo il bancone del Nido del Falco, ci si preparava alla apertura serale e notturna,  e probabilmente senza accorgersene si  mise a cantare un pezzo molto melodico ("Till"  mi pare si chiamasse nella versione italiana) prima a bassa voce poi progressivamente alzando   il volume. 

Quasi per caso mi accorsi che sulle scale della Facciatoia c'era un signore di San Piero o forse di Sant'Ilario che si era avvicinato deliberatamente al locale chiuso e sulle scalette stava fermo ad ascoltare le note emesse  da quella splendida ragazza rapito,  e segnando il tempo con un appena percettibile movimento della mano che tradiva il suo masticare di musica.  "Ma da dove viene questa rossa?  - mi disse l'uomo vedendomi  avvicinare -  che voce che ha" "Da casa mia" risposi.   

Degli stessi anni un minimo ricordo di Paola Bert,i ferajese doc, mia coetanea e differente da me per quanto si potesse:  lei quieta, studiosa e "di chiesa", io il  "matto delle giuncaie", allergico alle permanenze tra i banchi, cresciuto da chi vedeva i preti come il fumo negli occhi".  Si poteva intuire dove saremmo finiti da grandi: lei a fare la Preside io il rufolacervelli, eppure tra di noi c'era una corrente di simpatia "a pelle",   di origine forse felina.

 La prima volta che mi rivolse la parola infatti accadde davanti alla Chiesa dei Bianchi, vicino casa sua,  fu dopo che ero intervenuto molto decisamente in difesa di un povero micio rognoso e zoppo, che veniva tormentato da altri ragazzi, rischiando pure di prenderne (allora una scazzottata tra adolescenti  era cosa quotidiana, senza denunce e referti medici, impensabile presentarsi al P.S. per un occhio nero) perché loro erano in tre.

 "Hai fatto bene - mi disse dopo aver assistito alla scena -  glielo avevo già detto io di lasciarlo in pace , ma mi hanno preso in giro". Si vedeva che era indignata, Paola, che in quella occasione forse scoprì che anche i piccoli comunisti avevano un'anima.

 Dino Schedoni modenese, con la sua bancarella  prima in Piazza del Popolo  (mi scusino i Marinai d'Italia ma a me piace ancora chiamarla così) poi in Calata,  fu autore di una vera rivoluzione;  fino ad allora per l'approvvigionamento librario i ferajesi potevano contare solo sulla stitica offerta delle catolibrerie o sulle rivendite di rari libri  misti a "bricchi bussolotti e bambolette" (cit.).

Con il suo banco   Dino  (aiutato da Tina e poi da  Silvano e Silvana)  prese a far diventare l'estate  la stagione in cui si trovavano  anche da noi libri, titoli ed autori mai visti. Intuì da subito che ero un " lettore scellerato"  e cominciò a regalarmi più libri dei molti che compravo. Mi stupiva la considerazione che aveva per me, il fatto che mi chiedesse costantemente cosa pensassi di quello che avevo letto, benché fossi poco più di un ragazzino. Poi dovevo perfino finire a  lavorare per lui, ma certamente quello che mai potrò dimenticare è che Dino è stato la prima persona che mi ha trattato da adulto.   

Così come non scorderò mai che un giorno, con la sua usuale semplicità, mi disse:  "Ho  una cosa per te"  e dal mucchio dell'incasinato ordine della bancarella emerse un libriccino,  "Poesie di Pietro Gori", che aveva trovato - chissà dove - disastrato e che aveva fatto restaurare e rilegare in rosso, solo per il piacere di regalarmelo.

In un battito di ciglia se ne sono andati a Sandra,  Paola e Dino a  72, 66 e 82 anni dopo vite vissute in maniera  molto diversa,  ma in ogni caso operosa, generosa e gentile. Non è poco in un mondo che continua costantemente a darci il peggio di sé. 

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