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A Sciambere del cazzotto in capo, del sarcasmo e dei contapalle

Scritto da  Venerdì, 04 Dicembre 2015 04:10

Fortunato (all'anagrafe, Beppe per tutti) Rossi era però più noto con il soprannome di Tardò. Come scrisse Aulo Gasparri nella sua Appendice dello Zibaldino egli era un uomo dalla smisurata vigoria fisica, uno Stakanov in salsa ferajese, capace in una giornata di lavoro "a cottimo" da stella a stella, di fare 32 metri di colto, vale a dire scavare con la zappa 32 metri cubi di terra - peraltro proprio nelle proprietà del padre di Aulo - una roba che se fosse esistito il Guinness edizione italiana (che all'epoca, come le ruspe, non c'era) ne avrebbe fatto certo menzione.
Orbene con un tipo del genere (95 kg di muscoli distribuiti su circa 190 cm, piedino di fata n. 47 e mani in proporzione) passare "al calcio e al pattone", era quanto di meno salubre potesse immaginarsi. Per fortuna come molte persone robuste egli era sostanzialmente un bonaccione: abbaiava spesso - e faceva paura -  ma non mordeva mai o quasi.
Negli anni 60 Tardò aveva messo su una piccola impresa: scavava pozzi "romani" con zappe pale, picconi, palamine, martelli pneumatici e, ove necessario e possibile, esplosivo.
Era un lavoro duro e pericoloso che però rendeva abbastanza bene in quell'Elba del primo boom turistico. L'unico ma grosso rischio economico era incappare in un debitore insolvente; i conti sballavano immediatamente, visto che la ditta (quattro persone) faceva un lavoro alla volta, e, a seconda delle difficoltà che si incontravano, il lavoro poteva durare anche parecchie settimane, e Tardò, oltre che per le necessità della sua famiglia, doveva trovare i soldi per gli operai che dividevano le sue fatiche.
Una volta accadde che un cliente (un'ometto piccolo, buffo e rubizzo del settentrione, che aveva aperto un camping all'Elba) a lavoro compiuto non pagò come pattuito, dicendo che però avrebbe onorato le sue pendenze la settimana successiva. Ma la settimana dopo non era all'Isola e quando tornò dopo altre due settimane, accampando scuse e difficoltà disse: "Guardi signor Rossi non si preoccupi che, senza meno, all'inizio del mese prossimo avrà i suoi soldi". Manco a dirlo alla data indicata il lombardo insolvente non si presentò all'appuntamento, fissato al bar che Tardò di solito frequentava.
Ma qualche giorno ancora dopo accadde che Tardò fosse in quel bar appoggiato al bancone e che l'ometto fosse sul punto di entrare, ma accortosi anche della presenza del suo creditore, che gli era stato momentaneamente "impallato", nascosto dal cliente appoggiato al banco e interposto, si bloccò, probabilmente intenzionato a battere in ritirata. Solo che "l'interposto" si volse verso di lui.
Il furbetto, a quel punto, resosi conto che aveva incrociato lo sguardo del figlio di Tardò, per evitare di peggiorare la situazione, tentò un contropiede: si avvicinò da dietro ai due e disse:
"Signor Rossi a proposito di quei soldi .. le volevo dire .."
Ma Tardò lo interruppe, si girò e tenendosi la manona aperta a tapparsi gli occhi e disse:
"Vada via per l'amor del cielo vada via ... ce l'ha i soldi? No? e allora vada via, che io non l'ho visto... che se la rivedo, e viene a pigliammi un'altra volta pel culo, mi tocca stioccagli un cazzotto in capo che ce lo pianto in tera .."
La sera stessa fu recapitata a casa Rossi una busta con il denaro dovuto, in contanti.
Ma perché mi è venuto di raccontarvi questa storia?
Ah sì! era a proposito di parole spese e non onorate.
Ordunque: Hanno detto: Toglieremo le auto da Piazza ai Giardinetti che tali torneranno, Rifaremo la rotonda di Viale Tesei, Liberalizzeremo l'accesso alla Cala dei Frati, Abbelliremo il Centro Storico, Riapriremo la Villa Romana delle Grotte, Sistemeremo l'Asilo di San Giovanni... Rifaremo la Gattaia... le strade di Valcarene e Val di Denari,  piscina, impianti sportivi ... (e termino per evitare esplosioni di bile e di gonadi del lettore medio, ma ne avrei un'altra dozzina)
Comunque quando, gli dici: "Quando?" L'invariabile risposta è: "Ci stiamo lavorando" "Si ma quando finirete?" "la settimana, il mese, la primavera prossimi, presto, domani, forse ieri, fai conto che l'abbiamo già fatto".  E allora sì che tocchi con mano che ti stanno prendendo per il culo, perché  intanto nulla o quasi si fa, Mortoferraio è in via di mummificazione, in Biscotteria volano querele come gabbiane da una parte all'altra di una discarica, impera il più folle casino indecisionista. 
Dovevamo capirlo dalle prime note della rificolona che era tutta una rappresentazione teatrale, un gioco, un'operetta che sarebbe pure a tratti divertente, se non ci fosse da amministrare una città".
Certo i tempi sono cambiati e per far rispettare gli impegni ai più neghittosi non si possono più usare i convincenti coercitivi argomenti di Tardò.
Al massimo in madre lingua feraiese si può porre loro la questione: "Ma se ve ne stevete 'un facevete meglio fegura?" (per i foresti: Ma se vi foste astenuti dall'impegnarvi in compiti, che evidentemente sono fuori delle vostre portata e capacità, non ne avreste ricavato più onore e gloria?)
Oppure ancora visto che Mario Cafiero Ferrari si ostina a non ritirare la perdente squadra, si può buttarla sul  sarcastico:
"Bravi, appresentatevi torna n'altra volta casa-casa a cerca' voti, che ve li ridamo sì, 'un vedemo l'ora!"

E chissà perché mi viene in mente di nuovo Tardò, e la frase con cui sentenziò, quando gli rivelai in nome di un sindaco "in pectore" (poi eletto): "Se questo ha da esse' -disse - il primo cittadino feguramoci come che sarà l'urtimo"

 

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