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A Sciambere: mufloni, eradicazioni, fondazioni, confusioni e strafalcioni

Scritto da  Domenica, 14 Maggio 2017 04:57

mufloni libertini 620

Chi vuol essere preso sul serio, deve esserlo. Chi si propone come portavoce di un soggetto impegnato nella "nobile pugna" per favorire lo sviluppo sociale, culturale ed economico di un territorio, ha il dovere di supportare le sue esternazioni con la conoscenza della materia, e con la rigorosità dell'essersi ben documentato sulle questioni che intende trattare. Altrimenti il più solenne dei proclami rischia perfino di risultare un coacervo di solenni minchiate, e la pugna si riduce al ruolo di pugnetta, nell'accezione felsinea del termine.
In questi giorni sulla "querelle muflonica" pure la Fondazione Isola d'Elba ha sentito il pressante dovere di dire la sua; le scappava proprio di far conoscere all'universo mondo (che immaginiamo tutto in fremente attesa) il pensiero del sodalizio sulle misure adottate per il contenimento delle specie invasive nel territorio del Parco Nazionale dell'Arcipelago Toscano, ed addì 13 Maggio dell'anno del Signore 2017, terminato il travaglio, partorì la nota che di seguito riportiamo:
IL MUFLONE , UN VALORE DA GESTIRE .
La Fondazione Isola d’ Elba onlus ha come primario scopo la valorizzazione dell’ Elba sotto tutti suoi aspetti. Purtroppo le politiche gestionali del Parco Nazionale molto spesso non sono in sintonia con il territorio.
Questo non dipende a nostro avviso dalla volontà della dirigenza ma dal difficile adattamento di una struttura legislativa e burocratica complessa in un territorio con caratteristiche diverse dai luoghi dove i Parchi Nazionali dovrebbero operare.
Il Parco imposto dall’alto contro la volontà dei cittadini e ampiamente contestato sin dal suo insediamento non riesce ancora ad integrarsi .
Purtroppo alcune iniziative degli ultimi anni hanno lasciato molti dubbi, come ad esempio l’eradicazione milionaria dei ratti con lancio di tonnellate di veleno sull’Isola di Montecristo.
Ci sembra che con la scusa di preservare le specie endemiche si cerchino di tamponare con spese colossali le situazioni che il Parco non riesce a gestire, ma in questo modo si fanno molti errori e si sprecano enormi risorse.
Anche la gestione dei cinghiali ci sembra un grave spreco, vengono spese risorse pubbliche per far prelevare migliaia di capi poi rivenduti da privati a prezzi altissimi fuori dall’ Elba. Si tratta di grandi valori che con una sana gestione potrebbero rimanere sul territorio.
Cinghiali, Mufloni, Lepri e persino i fagiani, i gatti, i topi e l’ ailanto, non devono essere gestiti come specie alloctone da sterminare, ma come attori di un delicato equilibrio da gestire.
Serve passione, lavoro, attenzione, competenza.
L’ annuncio di voler eradicare i Mufloni senza neppure un preventivo e approfondito confronto a livello locale ci sembra l’ennesimo clamoroso errore.
Tutto questo non è in linea con il ruolo di garanzia ed equilibrio che il Parco dovrebbe avere.
Serve un Parco in grado di interagire meglio con le popolazioni , con le categorie economiche , con le associazioni ambientaliste , con i cacciatori locali e con tutti i veri appassionati di Natura che vivono ed amano questi luoghi.

Orbene, crediamo sia il caso di mettere i puntini sulle "i" e di chiarire, tanto agli estensori dell'epocale documento, quanto ai comuni lettori, alcune cosucce:
In primis facciamo sommessamente osservare alla Fondazione Isola d’Elba, che torna a parlare di scelte calate dall’alto, che l’eradicazione dei mufloni è stata chiesta dalla sindaca di Marciana, Anna Bulgaresi (quindi massima espressione della sua locale comunità) e approvata all’unanimità da un direttivo del Parco, che vedeva la presenza degli altri 3 rappresentanti della Comunità del Parco – quindi dei Comuni di Elba, Capraia, Giglio e Livorno.
Non ci risulta che la stessa Comunità abbia sconfessato quel voto. E non ci risulta fossero presenti a quel direttivo il rappresentante ambientalista e qualcuno degli alloctoni consiglieri nominati dai ministeri. Parlare di scelta calata dall’alto, tornare a battere sulla grancassa della violenza continentale cinica e bara sulle vittime elbane,  è ardito, quasi balilliano. 
Ci risulta che le associazioni agricole siano favorevoli all’eradicazione dei mufloni e dei cinghiali. Non ci risulta che l’invocato e risolutivo intervento dei cacciatori abbia avuto un qualche effetto, viste le ridicole percentuali di abbattimento degli attuali selecontrollori, che sono una vera e propria presa in giro, alla quale il Parco forse dovrebbe mettere fine.
Facciamo anche presente che l’eradicazione “milionaria” dei ratti da Montecristo - un successo tecnico-scientifico premiato a livello europeo - non è stata milionaria per il Parco, in quanto finanziata dall’Unione Europea e dal Ministero dell’Ambiente che, in ottemperanza alle linee-guida dell’International Union for Conservation of Nature (Iucn) e dell’United Nations Environment Programme (Unep) hanno finanziato un progetto gestito da Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca ambientale (cioè il governo) e dal Corpo Forestale dello Stato e al quale hanno contribuito Regione Toscana, Provincia di Livorno e Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano.
Se i dubbi riguardano di nuovo la famosa e annunciata moria delle capre – che ricorda la moria delle vacche di Totò Peppino e la Malafemmina – la catastrofe non si è verificata. Inoltre il lancio di "tonnellate di veleno" non è mai avvenuto, perché le tonnellate di esche contenevano in realtà pochi kg di principio attivo, un prodotto testato con successo in mezzo mondo, e secondo le linee regolamentari previste dall'ordinamento legislativo nazionale e regionale, secondo un protocollo operativo condiviso da più specialisti del settore.
Prendiamo atto che la Fondazione continua a preferire i graziosi ratti neri alle berte minori delle quali i simpatici topoloni mangiavano letteralmente vivi tutti i pulcini.
Sarebbe bene sapere quali siano, secondo la Fondazione e la sua commissione scientifica, le forme di gestione alternative delle specie aliene, considerate dall’Unione europea, Iucn e Unep e da tutte le associazioni ambientaliste internazionali la principale causa di estinzione delle specie autoctone nelle isole. Certamente, appena verranno rese note, gli scienziati e ambientalisti di tutto il mondo, che si ostinano a eradicarle, ne trarranno grande beneficio di sapere e conoscenza. E noi tutti elbani potremmo menarne gloria e vanto.
Prendiamo anche atto che la Fondazione conferma la sua incrollabile amicizia per i cinghiali (o meglio i maghiali, suini da bersaglio) e i cacciatori che li hanno introdotti in un ambiente dove si erano estinti (quelli veri, i piccoli e meno prolifici maremmani) e denigra l’unica cosa che funziona davvero: le catture e gli abbattimenti del Parco, mentre nulla ha da dire sulla catastrofica gestione del problema cinghiali da parte di Comuni, Regione e Provincia.
Bellissima la frase “Cinghiali, Mufloni, Lepri e persino i fagiani, i gatti, i topi e l’ailanto, non devono essere gestiti come specie alloctone da sterminare, ma come attori di un delicato equilibrio da gestire”.
Evidentemente si tenta furbescamente di tenere insieme il diavolo e l’acqua santa: cacciatori e animalisti.
A parte che sono specie alloctone, e che nessuno vuole eradicare le lepri, ma magari rintrodurre l’originaria sottospecie corsa della Lepre italica, stempiata dagli stessi cacciatori che dovrebbero gestire la natura, facciamo presente agli estensori dell'illuminante comunicato scientifico/tecnico, che il delicato equilibrio è stato sconvolto proprio da chi – anticipando i principi della Fondazione – ha introdotto specie che nulla avevano a che fare con l’Elba e l’Arcipelago.
Inoltre, non ci risulta che sia stato ucciso nessun gatto, cosa ben diversa da quanto succede in Australia, dove il governo di centrodestra prevede di sterminare 25 milioni di gatti rinselvatichiti, e come accade in Nuova Zelanda e in altre isole piccole e grandi, dove non si va molto per il sottile per salvare la fauna autoctona.
La Fondazione declama: «Serve passione, lavoro, attenzione, competenza».
Ordunque, per quanto riguarda i primi due termini non dubitiamo, per la successiva coppia (attenzione e competenza)  un comunicato così scombicchierato, confuso, totalmente ascientifico e farcito di strafalcioni, dimostra che non ci siamo proprio. Nemmeno lontanamente. Cambiate esperto: è rimasto a prima di Darwin e della globalizzazione.
E’ difficile accusare il PNAT di non essere “In linea con il ruolo di garanzia ed equilibrio che il Parco dovrebbe avere”, dopo aver blaterato su materie che evidentemente non si conoscono e padroneggiano affatto.
Ci chiediamo anche se le imprese e le associazioni che aderiscono alla Fondazione siano d’accordo con queste "proposte", che avrebbero un impatto economico negativo fortissimo – ancora più di oggi – su molte attività imprenditoriali elbane e sulla biodiversità endemica che è il vero gioiello, che un’isola moderna e resiliente, che ama e difende la sua natura e le sue risorse uniche, dovrebbe proporre e capitalizzare.
Sì, ci pare (limitatamente al caso di specie, magari ragionando di altro così non sarà) che qualcuno abbia perso un'ottima occasione di tacere.

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