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A Sciambere del ponte di Val di Bolletta rinforzato d'ufficio

Scritto da  Maurizio Tavanti - Sergio Rossi Venerdì, 22 Maggio 2015 09:58

Caro Direttore,

Una domanda secca: sai qualcosa di MWI? No, per favore, non sto scherzando, non è l’acronimo di “Ma Wai in…”, sto parlando di Multi Worlds Interpretation ,un’ipotesi per me inquietante della meccanica quantistica condivisa da un considerevole numero di grandi fisici (tra cui Stephen Hawking, quello della teoria dei buchi neri), secondo cui esisterebbero infiniti universi paralleli e contemporanei dove la realtà presenta infinite differenti variabili rispetto a questa.

Io , ad esempio,che sono sempre stato grasso e lento dovrei rassegnarmi all’idea che in una dimensione parallela esista un altro me stesso smilzo, iperattivo e magari pedofilo o cannibale, e tu che sei sempre stato snello, agile e di sinistra, avresti un alter- Sergio obeso, bolso e fascistissimo. Ora dimmi se non c’è da avvertire, diciamo così’, un certo fastidio.

Forse per questo sere fa, dopo aver letto un bellissimo articolo sull’argomento (non voglio darmi arie da scienziato, in fisica alla maturità mi toccò l’esame di riparazione, ma l’articolo era divulgativo e scritto davvero bene)  complici forse i due piatti di cozze alla malandrina che mi ero mangiato (Rita le fa buonissime) ho vissuto, nella notte, un’esperienza di cui ti voglio parlare.

Abitavo, nel sogno,  in un posto molto simile a questo, Portoramaio, non più in Val di Denari  ma in Val di Bolletta. Denari, in questa valle, non ne ho mai trovati, quindi la cosa fin qui non mi turbava. Anche la strada per andare a casa mia era in tutto e per tutto uguale a quella che conosco. Era stata costruita dal Cenacolo della Valle, che univa tutti i proprietari. Stretta, ad una sola carreggiata, ma abbastanza ben tenuta, vi si accedeva da un ponte che secondo il parere dei tecnici  dell’Ufficio Pratico poteva essere attraversato solo da mezzi non superiori a quindici tonnellate.

Questa restrizione , oltre al ponte, salvaguardava anche la strada che , costruita coi nostri limitati mezzi per le nostre limitate esigenze, bastava per il passaggio d’una cisterna per l’acqua, che d’estate può mancare, per il gasolio da riscaldamento, per lo scuolabus e anche, corna facendo,  per l’autobotte dei pompieri.

Ma una minaccia veniva a turbare la nostra valle. Un giovane e rampante impresario, tal Ramini, che doveva realizzare un grosso insediamento abitativo in una zona adiacente, entrato in lite coi proprietari dei terreni su cui avrebbe dovuto transitare, cominciava a passare sul nostro ponte e la nostra strada con grandi camion e ancor più grandi betoniere.

I campi dove stava coltivando case anzichè pomodori erano stati sì dichiarati edificabili, ma prima di costruire non erano state fatte né strade né condutture d’acqua  nè fogne né collegamento alla linea elettrica, come invece prevedeva la legge fin dai tempi del Condottiero Bonito Mascellini.

La giunta guidata dal precedente Mastro di Città dottor Morìa, uomo più lungo che profondo, avrebbe dovuto  espropriare i terreni utili all’urbanizzazione e appaltare  le opere necessarie, garantendo così l’abitabilità per i cittadini che avessero acquistato quegli appartamenti ed incamerando quote utili alla comunità. Aveva invece, inspiegabilmente, elargito al Ramini un  permesso di costruzione forte del quale ci stava scassando disinvoltamente la strada.

Il nuovo Mastro di Città, Achitetto Ramari, chiamato in causa dopo che un cedimento particolarmente vistoso aveva pericolosamente ridotto il traffico (per giorni non potevamo esser raggiunti da scuolabus, ambulanze e nemmeno dai  pompieri), dopo vaghe promesse di “ritorno alla legalità”, invece di  procedere per l’urbanizzazione delle aree interessate  dichiarava legale il transito delle betoniere, promuovendo il nostro ponticello, che in origine ne poteva portare 15 e che il suo Ufficio Pratico  aveva  pochi giorni prima ridotto ad una tonnellata e mezza, ad  un carico di ben 40 tonnellate (giusto giusto una betoniera) accogliendo la perizia d’un tecnico di fiducia del Ramini, l’ingegner Schettini.

 Qui, caro Direttore, mi svegliavo, sudato e turbato. Riflettendo a mente sveglia, però, il Ramari non era riuscito a legalizzare un bel nulla. Aveva sì reso lecito al Ramini di passare dalla nostra strada, ma l’illegalità stava nel non aver urbanizzato il terreno su cui costruiva. Il Ramari, entrava in pieno nella stessa illegalità, tanto più che il Ramini per raggiungere le sue costruzioni aveva dovuto aprirsi un passaggio attraverso i suoi campi, cosa mi pare vietata dal regolamento  redatto dall’Architetto Londra. E come poteva Il Ramari  avallare una perizia privata che moltiplicava del duemilaseicento per cento(!) il carico stabilito dall’Ufficio Pratico della sua Città?

 Certo, caro Direttore, c’è realtà e realtà, qui siamo a Portoferraio e non a Portoramaio, e  il Comune qui è retto con mano sicura dall’Architetto Ferrari, che non si avventurerebbe, come il suo parallelo Ramari, in pericolosi escamotages . O no?

Maurizio Tavanti

Che dire?

A pelle mi verrebbe da suggerirti di impetrare l'augusta tua consorte affinché ti somministri un'altra generosa porzione di mitili, tanto che tu possa continuare la tua "fatica onirica", conducendo la narrazione se non verso un lieto fine, almeno fino un teorico legale epilogo.

Potresti sognare che il tuo sogno propalato da un gazzettiere di Porto Ramaio salti agli occhi a qualcuno dei membri del Consiglio dei Priori ramajesi, tra i quali avvi due dame (la Badessa Viandanti e l'Inquisitrice Del Dritto) che frequentemente pungolano il Capitano del Popolo (e del suo onnipresente luogotenente Montani)  del borgo ramaio,  notando le mancanze nell'opra sua di governo.  E magari può essere che loro riescano a svelare l'arcano sul come un ponte picciolo e debole  divenne nello spazio d'un mattino "robustoso et forte" per incantamento vel cartaceo editto.  E, nel caso, chi di compenza, agisca per porre fine alle bizzarrie dei mondi paralleli. 

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