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A Prato da Italo Bolano, ventiquattro ore di arte, saggezza e ospitalità

Scritto da  Alice Betti Mercoledì, 17 Dicembre 2014 09:54

“Ma perché tornando da Milano non passi a Prato a trovarci? Stiamo un po’ insieme, ti facciamo visitare lo studio di Italo e il centro di Prato”. Come dire di no a questo semplice e spontaneo invito di Alessandra, moglie e stretta collaboratrice del maestro Italo Bolano? Detto fatto, mi ritrovo sull’Intercity notturno che collega Torino a Reggio Calabria e in poco più di tre ore approdo sulla banchina di Prato Centrale. Il clima è cambiato, il caldo anomalo dei giorni passati ha lasciato posto ad una temperatura più simile a quella invernale. La poggia no, continua con fastidiosa costanza a cadere da un cielo ormai buio. Sono le 19.30 e scorgo poco lontano una raffreddata ma sempre sorridente Alessandra che si sbraccia per attirare la mia attenzione. Dieci minuti separano la stazione dall’abitazione dei miei ospiti, al quarto piano di un palazzo alle porte del centro storico della cittadina toscana. Italo Bolano è a casa ad aspettarci, mi accoglie anche lui a braccia aperte con un gran sorriso e mi invita ad accomodarmi in un appartamento intriso del suo percorso artistico e di vita, che rispecchia fedelmente la sua personalità e il suo essere contemporaneamente ed inscindibilmente uomo e artista. Come nelle sue opere uno dei colori dominanti è il turchese; alle pareti quadri, ceramiche, fotografie…tutti frammenti di una vita costellata di grandi successi ma anche di delusioni, una vita durante la quale il grande amore per l’arte e l’Isola d’Elba sono rimasti due punti fermi che niente e nessuno potrà mai cancellare. Guidata da Alessandra rimango via via sorpresa da come Bolano sia riuscito a plasmare l’ambiente in cui vive a sua immagine e somiglianza. Le tappe del suo percorso, delle quali si può leggere nelle molteplici recensioni e pubblicazioni uscite nel corso degli anni, sono tutte presenti: pittura, scultura, ceramica, l’amata Elba, l’amico poeta Luzi, pubblicazioni, viaggi, Napoleone, Cristo, il tema della Donna Isola, sono tutti elementi che si respirano tra gli scaffali, sulla tavola imbandita, nell’ingresso ancora incompiuto e persino nei bagni. Eppure, nonostante il variopinto panorama di esperienze accumulate, mi ritrovo a conversare con una persona piena di voglia di ascoltare, domandare e confrontarsi. Durante la cena Italo Bolano si mette poco per volta a nudo: lo scopro amante del cibo, in Italo in casaparticolar modo del panettone milanese, oltre che della buona conversazione e in grado di mettere a proprio agio il suo interlocutore. Egli porta avanti le sue idee con grande convinzione e determinazione pur mantenendo un gran rispetto dell’opinione altrui. Nelle sue parole e nei suoi occhi percepisco una preoccupazione, talvolta simile a rassegnazione, per la situazione culturale della sua amata Elba; contemporaneamente, però, mostra di avere una piccola parte di sé animata dalla speranza di poter dare ancora qualcosa alla sua terra natale e di cercare una via di collaborazione con chi, come lui, è mosso dalle stesse passionali intenzioni. Nell’intimità di questa atmosfera familiare scopro i retroscena della vita di un grande artista. Alessandra è una presenza fedele e costante: strettissima è la collaborazione fra i due e la complicità che li lega, rendendo così possibile un’armonica organizzazione della vita privata così come di quella lavorativa.
La mattina seguente vengo invitata da Italo a visitare il suo studio e mi ritrovo improvvisamente catapultata da una dimensione domestica, più intima, ad una artistico-professionale, assolutamente entusiasmante. Appena varcato il portone, decorato con elementi in metallo e vetro colorato retroilluminati, memori di altri numerosi progetti, vengo letteralmente investita dal caratteristico odore dei colori ad olio misto a quello di trielina, in grado di riportarmi alla mente nottate liceali passate a dipingere. Lo studio è saturo di dipinti aventi molteplici soggetti e dimensioni che giacciono appoggiati alle pareti della stanza. L’ambiente è abbastanza alto da permettere la realizzazione di un soppalco in legno e ferro sul quale intravedo la presenza di ulteriori lavori. I barattoli di colore sono disposti ordinatamente su due tavoli, pennelli e spatole sono correttamente immersi in recipienti pieni di trielina. Italo mi mostra le sue ultime realizzazioni, la maggior parte delle quali dedicate alla figura di Cristo che l’artista sente molto vicina in questo particolare momento della sua vita: essa viene affrontata partendo da immagini più figurative per evolversi verso composizioni maggiormente astratte e dal forte potere evocativo, attraverso le quali mostra tutto il potenziale del linguaggio artistico nel quale crede fortemente.
Piacevolissima anche la passeggiata nel centro storico di Prato, durante la quale ho scoperto un grande interesse da parte del maestro elbano per la storia medievale e in particolare per le vicende dell’imperatore Federico II.
Un personaggio, Bolano, oltremodo eclettico, le cui conoscenze e curiosità non si fermano alle Avanguardie di primo Novecento o alla storia elbana come si potrebbe evincere da ciò che viene spesso raccontato.
Nel pomeriggio, durante il viaggio di ritorno, ho ripercorso le ventiquattro ore passate a Prato e le sensazioni che alcune parole di Italo mi hanno regalato: il consiglio più prezioso che ho ricevuto è stato quello di non smettere mai di viaggiare e di alimentare la mia passione per l’arte, mantenendo così una continua sete di ricerca. “Solo allontanandosi periodicamente dall’Isola si può apprezzare al proprio ritorno quanto essa sia in grado di offrire” è stata una delle frasi pronunciate poco prima di salutarmi.

Alice Betti

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