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Fico e ficheti dell'Isola d'Elba

Scritto da  Marcello Camici Martedì, 05 Maggio 2020 11:00

 

“…Fra gli alberi da frutto ve ne sono alcuni,che hanno fra noi un importanza maggiore di quella che abbiano gli olivi e i gelsi. Viene prima il fico.del quale si vedono piante presso tutte le case e che abbonda nei campi e perfino nelle stesse vigne. Non vi sono però ficheti. Le varietà più comuni portano i nomi di brogiotti neri e bianchi, di verdecci, pisani, datterie dotati (guttati, colla goccia) del loro frutto se ne secca una quantità piccola: anzi se ne potrebbe fare una utile esportazione quando venissero essiccati in modo conveniente, le qualità essendo eccellenti. Infatti, solo che si calcoli su 4 chilogrammi di fichi secchi a piangta, poco o poco meno potrebbero essere, tenendo conto di quelli che si consumano freschi e che si computano 20 mila le piante, si arriva ad un totale di 80.000 chilogrammi che apprezzati purchè preparati con cura, L. 0.45 al chilogrammo, rappresentano un valore di L.36000, che non è certamente da trascurarsi in un territorio limitato quale è il nostro dell’isola.
Sarebbe dunque ottimo consiglio che questa pianta, la quale gode qui di favorevoli condizioni, che adattandosi alla forte siccità dell’Elba così mirabilmente vi fruttifica, venisse coltivata più estesamente e si destinasse a sostituire le piante che poco o nulla rendono, ed a vestire i campi che sono in una squallida e
dannosa nudità. Io stimo che se ne avrebbe largo interesse; basterebbe che l’essiccamento venisse fatto in modo che il frutto secco conservasse quella pastosità e quella bella apparenza che gli è necessaria, e non secondo si fa dai nostri contadini, senza attenzione, lasciandoli al sole ed all’ombra indifferentemente, dopo averli raccolti fuor di tempo e qualche volta mettendoli ad avvampare in forno. Tutto il prodotto, quale oggi si ottiene è consumato sul luogo, servendo di companatico nell’inverno…”
Parlando delle piante di fico presenti all’Elba ,con queste parole, testualmente, si esprime l’ing Giulio Pullè nel 1879 (“Monografia agraria del circondario dell’isola dell’Elba-con cenno storico-“ Portoferraio 1879. Tipografia elbana, Stab°. Lit° e Fot Marzocchini Livorno)
Quanto il Pullè scrive sul fico centoquaranta anni orsono è ancora oggi vero e cioè che “si vedono piante presso tutte le case e che abbonda nei campi e perfino nelle stesse vigne. Non vi sono però ficheti”.
Aggiungo che oggi ancora si vedono ovunque piante di fico passeggiando non solo nella campagna ma anche nel bosco nei tanti terreni abbandonati: si vedono anche passando velocemente lungo la strada in auto.
Nel periodo in cui producono fichi le piante sono circondate da fichi caduti a terra e non raccolti. Un patrimonio che si disperde.
Nel 1879, il Pullè, pur lamentando che il fico non fosse coltivato più estesamente, scrive che i fichi venivano raccolti e seccati per un totale di 800 quintali, con valore economico all’epoca calcolato pari a lire toscane 36000 che convertite (fattore di conversione 6.422) in lire italiane e poi trasformate in euro equivalgono oggi a circa centoventimila euro.
Liberale Garbaglia fa sapere che i fichi dell’Elba sono squisiti quando colti e mangiati freschi “…io ho veduto e mangiato di splendide pere e pesche, di saporitissime mandorle, di gustosissime susine, albicocche e ciliegie, di dolcissimi fichi, ma si tratta sempre di produzioni limitate, che potrebbero accrescersi non soltanto per il cosnumo locale, ma eziandio per la esportazione. I fichi dottati dell’Elba, per esempio, non sono mica inferiori a quelli della Calabria !...”
(in pg 135 di “Elba illustrata.Guida dell’Elba”Sandro Foresi editore.Portoferraio 1923)
Più recentemente la scuola superiore di S. Anna di Pisa ha fatto sapere che il fico è una specie di sei specie antiche di frutti dell’Elba: ringrazio, ma non ce ne era poi tanto bisogno che lo dicessero.
I miei nonni, quando ero bambino, mi portavano a “Campolungo” a Val Carene, un appezzamento di terreno dove erano e sono ancora presenti piante di fico.Nonna Maria, mentre coglievo un bel fico ”buzzone” di colore verde o uno più piccolo “nero” e li mangiavo, mi raccontava come la sua mamma.
Concetta ,mia bisnonna, aveva a lei insegnato a fare stupende marmellate di fico.
Ricordo che dopo averli raccolti si mettevano al sole a seccare sopra una stuoia di canne colte lungo il fosso.
Con i fichi secchi si preparano meravigliose “schiacce coi fichi” e il” pinzino” un pane fatto a mano.
Ricordo che da bambino, per la festa dell’ascensione quaranta giorni dopo la Pasqua, si saliva a piedi in cima a S.Lucia dove alcune donne tutte vestite in nero e con una pezzola nera in capo (era il modo di vestire della donna che aveva raggiunto una certa età o che era diventata vedova) in panieri ricoperti con foglie di fico vendevano ricotta e formaggio.
Ho scoperto poi che il fico ha proprietà medicinal (antinfiammatorie, lassative, bachechiche ecc) e che molti luoghi dell’Elba portano nomi legati al frutto. (Cala del fico, Monte fico, Poggio alla fica, Valle dei fichi ecc)
Se queste parole dell’ing Pullè “sarebbe dunque ottimo consiglio che questa pianta, la quale gode qui di favorevoli condizioni, che adattandosi alla forte siccità dell’Elba così mirabilmente vi fruttifica, venisse coltivata più estesamente e si destinasse a sostituire le piante che poco o nulla rendono, ed a vestire i campi che sono in una squallida e dannosa nudità. Io stimo che se ne avrebbe largo interesse…” o quelle di Garbaglia trovassero concreta realizzazione sull’isola, fichi e ficheti potrebbero divenire risorsa economica e creare posti di lavoro per tutto l’anno.

 

Marcello Camici

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