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Per quel che serve, una speranza dall'antipolitica

Scritto da  Luigi Totaro Giovedì, 19 Aprile 2012 21:33

E’ esplosa l’Antipolitica. Ora tutti si strappano i capelli, ma nessuno si batte il petto. Eppure era facile capire che a forza di parlare di casta e di privilegi il popolo, che tende a semplificare, avrebbe finito per buttare via acqua sporca e bambino. Troppi parlamentari, stipendi troppo alti, ‘benefit’ esagerati, ‘facilities’ sproporzionate: soprattutto se si paragonano agli stipendi più bassi dei lavoratori, degli operai, dei commessi, degli impiegati, degli operatori delle forze dell’ordine o degli insegnanti. Se poi si aggiungono ruberie di tesorieri e regalie di amici ricchi, ecco trovate le cause della povertà della nostra povera nazione. Fare due conti, mai!

E’ esplosa l’Antipolitica. Ora tutti si strappano i capelli, ma nessuno si batte il petto. Eppure era facile capire che a forza di parlare di casta e di privilegi il popolo, che tende a semplificare, avrebbe finito per buttare via acqua sporca e bambino. Troppi parlamentari, stipendi troppo alti, ‘benefit’ esagerati, ‘facilities’ sproporzionate: soprattutto se si paragonano agli stipendi più bassi dei lavoratori, degli operai, dei commessi, degli impiegati, degli operatori delle forze dell’ordine o degli insegnanti. Se poi si aggiungono ruberie di tesorieri e regalie di amici ricchi, ecco trovate le cause della povertà della nostra povera nazione. Fare due conti, mai!

L’ho già scritto altra volta: può darsi che i nostri parlamentari abbiano stipendi troppo alti e tutto il resto, ma sicuramente non è questo il problema. A voler essere precisi, poi, il paragone andrebbe fatto con termini omologhi; cioè si dovrebbero confrontare gli emolumenti dei parlamentari con quelli dei manager pubblici e soprattutto privati italiani e stranieri, o anche più semplicemente con quelli dei calciatori o dei campioni sportivi in generale, o dei personaggi dello spettacolo più quotati: allora tutto si ridimensiona (almeno sui numeri). La ‘Casta’ assorbe risorse inferiori a quelle –sempre nostre, direttamente o indirettamente- del mondo del calcio e dello spettacolo, e ha –o almeno dovrebbe avere- una funzione molto più rilevante. E tutte le malefatte della ‘Politica’ sono –in termini quantitativi- una percentuale esigua (sempre assolutamente ingiustificabile) dei soldi rubati con l’evasione fiscale (che non coinvolge i lavoratori dipendenti, ma un’altra fascia della popolazione) o con la capillare corruzione amministrativa (che coinvolge impiegati e funzionari spesso del tutto autonomi da referenti politici), di cui ogni giorno parlano le cronache.
Il problema dovrebbe quindi essere riportato ai suoi giusti termini: le responsabilità sono sempre personali; chi si rende colpevole di reati, quale che sia il suo stato o la sua carica, deve essere ‘neutralizzato’, perché non possa più fare danni. Non si può inventare una generica ‘Casta’: ci sono solo ‘individui’. E’ curioso che a inventare il caso “Casta” siano stati due giornalisti di grido del “Corriere della sera”, nume tutelare del primato dell’individuo e dell’‘iniziativa privata’ da sempre nemica della ‘Politica’, che hanno così ottenuto il bel risultato della morte della Politica –o della sua malattia grave-.
Ben altro interrogativo è invece quello che riguarda l’operato dei ‘politici’, che a me sembra poca cosa, quantitativamente e qualitativamente: e questo è un giudizio politico. E’ così da quando, vent’anni fa, un’altra ventata di antipolitica –connessa alla degenerazione del sistema di potere allora incarnato in Bettino Craxi- portò alla scelta ‘democratica’ di un uomo della provvidenza, di un “ghe pensi mi” che avrebbe dovuto salvare il mondo. Allora –e in fondo proprio allora va cercata la radice dell’atteggiamento odierno- molti cittadini, superando gli impicci della concezione solidaristica della società, si riconobbero ‘individui’ e si dedicarono ai propri personali interessi, che ritenevano tutelati dall’‘homo novus” di Arcore; altri, tradizionalmente riconducibili ai ceti ‘dipendenti’, continuarono ad affidare la loro rappresentanza alla Sinistra, anche se questa non riusciva ad aprire bocca, a lanciare un progetto nuovo e diverso, a cogliere l’occasione per costituire una vera svolta epocale. La Sinistra si limitò a gestire una guerra di posizione, senza di fatto prendere le distanze dalla ‘novità’ berlusconiana, e anzi talvolta imitandola in peggio per ansia di modernità o per nascondere –chi sa perché- il proprio passato. E quando gli errori clamorosi dell’avversario le consegnarono la possibilità di governare grazie a un proprio ‘uomo nuovo’, i freni dei modernisti e le fughe in avanti dei massimalisti offrirono l’alibi per non impegnarsi in un pur possibile colpo d’ala, riducendo tutta l’azione di governo a una necessaria e salutare operazione di risanamento economico costosa e impopolare, ma priva di uno sbocco di crescita e incapace di cogliere le prospettive nuove che l’annunciata crisi ‘globale’ poteva aprire.
L’epilogo noto è stato il governo dei tecnici, per compiere un risanamento economico costoso e impopolare –che comunque avrebbe dovuto fare, e forse così, chiunque fosse andato al governo con l’attenzione all’interesse generale-. Ma la sua azione è senza respiro, volta a razionalizzare il ‘deja vu’ e non certo a percorrere strade nuove.
Ancora una volta ciò che manca –e che produce l’antipolitica- è un disegno coraggioso, capace di inventare delle politiche ‘alternative’ a quelle che, nel mondo, stanno consumando risorse e diritti acquistati lungo un secolo. Mancano ‘politici’ capaci di guardare attraverso la crisi e di trovarne un bandolo che non sia rimedio ma nuovo progetto. Manca una voce capace di raccontare che il re è nudo, che la grande ubriacatura dell’individualismo ha potuto assicurare benessere solo a pochi individui, che un’economia di mercato onnipotente può rassicurare solo i mercanti, che il lavoro è valore e non merce, e ha dignità maggiore della merce e del denaro perché è espressione dell’intelligenza e dell’appartenenza.
Aver cercato, in nome del primato della ricchezza, di cancellare la dignità del lavoro, di ogni lavoro; aver cercato di cancellare (finora con la complicità inerte della Sinistra) il valore della politica, questo è il vero delitto perpetrato da Berlusconi e dai suoi. E la terribile responsabilità che aspetta la Sinistra dopo la fine ingloriosa dell’incompetenza berlusconiana consiste appunto nel tracciare una via nuova, un’idea nuova, un’ideologia nuova che sappia rimettere in circolo il tesoro ideale e progettuale della sua storia.
Mettere insieme ‘tutti’ i partiti nello stesso calderone di corruzione e di perseguimento d’interessi personali è operazione sciocca e ingrata, anche se individuali comportamenti criminali sono diffusi ovunque. Forse il sistema è ancora malato, come negli anni Novanta dello scorso secolo. Ancora, come allora, non è dato ascoltare idee in grado di rigenerare la speranza di cambiamento. Chi vuol fare politica a sinistra abbandoni ogni sterile censura e si sbrighi a pronunciare parole travolgenti: questo è l’unico vero antidoto per l’antipolitica.

Luigi Totaro

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