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Parchi: degli omissis e delle sviste

Scritto da  Renzo Moschini Sabato, 21 Aprile 2012 17:10

Il 10 maggio nell’incontro previsto in San Rossore vorremmo riportare la discussione attualmente in corso sui parchi il più possibile sui  binari da cui sembra uscita da tempo. E per farlo dovremmo innanzitutto ricollocarla nel suo contesto naturale ossia l’ambito delle politiche ambientali mai così in crisi come in questo momento. Basta rifarsi agli appelli del FAI, a quelli del Presidente della Repubblica dopo la sua visita a Vernazza, al dopo Referendum sui beni comuni e alle numerose iniziative di comitati sul paesaggio, sul suolo, per la green economy per rendersi conto che anche per i parchi e le aree protette si è entrati  in un tunnel da cui non si può uscire con qualche cerotto. E se vogliamo partire dal principio dobbiamo prendere le mosse dalle conseguenze ma anche dal senso e dalle implicazioni  dei tagli avviati con la gestione Prestigiacomo. Quei tagli ai parchi –ma ciò vale anche per più profili  anche per il suolo ed altri aspetti delle politiche ambientali- non hanno soltanto come è evidente penalizzato l’operato degli enti al limite in più d’un caso della paralisi e del fallimento.

Il 10 maggio nell’incontro previsto in San Rossore vorremmo riportare la discussione attualmente in corso sui parchi il più possibile sui binari da cui sembra uscita da tempo. E per farlo dovremmo innanzitutto ricollocarla nel suo contesto naturale ossia l’ambito delle politiche ambientali mai così in crisi come in questo momento. Basta rifarsi agli appelli del FAI, a quelli del Presidente della Repubblica dopo la sua visita a Vernazza, al dopo Referendum sui beni comuni e alle numerose iniziative di comitati sul paesaggio, sul suolo, per la green economy per rendersi conto che anche per i parchi e le aree protette si è entrati in un tunnel da cui non si può uscire con qualche cerotto. E se vogliamo partire dal principio dobbiamo prendere le mosse dalle conseguenze ma anche dal senso e dalle implicazioni dei tagli avviati con la gestione Prestigiacomo. Quei tagli ai parchi –ma ciò vale anche per più profili anche per il suolo ed altri aspetti delle politiche ambientali- non hanno soltanto come è evidente penalizzato l’operato degli enti al limite in più d’un caso della paralisi e del fallimento. Quei tagli hanno dato il via ad una politica di vero e proprio stravolgimento del ruolo e del futuro dei parchi. E lo si è fatto anche esplicitamente ancorchè confusamente quando si iniziò a parlare di privatizzazione e di sganciamento istituzionale e soprattutto dello stato dal compito assegnatogli dalla legge 394 di gestire in base a 2 articoli costituzionali ( il 9 e il 32) la protezione della natura. Insomma la congiuntura finanziaria ha giustificato – anzi è stata presa a pretesto proprio nel ventennale della legge- per mettere su binari non propri i parchi. Unico esempio in Europa. Che ciò sia avvenuto con motivazioni che non stavano né in cielo né in terra non rende meno grave quella operazione nè riduce –anzi- le responsabilità di chi non ha saputo rispondere con la tempestività e il vigore che sarebbe stato indispensabile.
Si è trattato infatti di una operazione politica e culturale rovinosa che si è giovata anche di vere e proprie complicità per scaricare, ad esempio, le colpe sulla legge che sotto questo profilo non è ha. Al punto che si è potuto quasi senza colpo ferire mettere mano ad un testo che la stravolge in punti chiave come quello delle aree protette marine. E non può sorprendere neppure che questa stravolgente politica che ha avuto effetti non meno gravi sulle politiche del suolo e del paesaggio ne abbia avuti di negativi sulle politiche regionali come emerge chiaramente anche dalle cronache più recenti; dal Lazio alla Lombardia, le Marche etc.
Va aggiunto che finora neppure con il cambio di Governo e di Ministro su questo fronte si registrano cambiamenti significatici ma semmai conferme come le dichiarazioni di Clini sull’appalto della gestione dei parchi e l’ abrogazione di quelli regionali. Il risultato sconcertante è che si è riusciti a creare zizzannia persino tra le associazioni ambientaliste e le stesse rappresentanze istituzionali dei parchi. E riesce ancor più difficile capire come si sia potuti arrivare a questo allarmante approdo senza che oggi si disponga di proposte in grado di imporre finalmente un tavolo in cui come l’ANCI, l’UPI, le Regioni i Parchi possano confrontarsi con il ministero che ha potuto agire e agisce senza dover rendere conto delle sue responsabilità e scelte. Su questo fronte a ben poco servono i generici appelli e le impotenti attese quando c’era e c’è bisogno di idee e richieste messe a punto con i parchi e gli altri soggetti istituzionali. In questo quadro sconfortante spicca su tutto il resto l’assoluta mancanza di proposte e richieste perché il ministero sia finalmente organizzato per gestire una politica nazionale e non fare i suoi comodi burocraticamente. Su questo terreno come Gruppo di San Rossore abbiamo cercato (si veda il nostro sito www.grupposanrossore.it) con documenti e proposte di rilanciare un dibattito e una riflessione che riprenderemo il 10 maggio in vista di un nostro appuntamento nazionale per il dopo estate. Chi finora ha disertato o quasi da questo confronto sarebbe bene ci ripensasse per tempo.

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