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Capoliveri: Quel pasticciaccio urbanistico di Fonte alle Rose

Scritto da  Mario Pintore Sabato, 06 Marzo 2021 09:25

 La vicenda del complesso edilizio di Fonte di Rose, rimasto per anni un fatiscente scheletro incompiuto e i cui lavori sono ripresi solo di recente, si è ufficialmente conclusa con la sentenza del Consiglio di Stato del 16 maggio 2013. Ma, mi chiedo, quella è stata davvero la parola “fine”? Qualche domanda mi sorge.

Vediamo prima come si sono svolti i fatti. Tutto parte il 3 febbraio 2000, quando viene autorizzata la concessione edilizia alla proprietaria dei terreni (particelle 534, 549 e 550, del foglio catastale 22) Alida Cecolini, madre dell'allora sindaco Ruggero Barbetti. Si tratta di una concessione edilizia a dir poco curiosa. Si legge nella sentenza: “la signora Cecolini si limitò a compilare un modulo prestampato, nel quale indicò soltanto nome, cognome, residenza e un generico 'intervento edilizio RPA1 – Realizzazione Alloggi Turistici – Residence in loc. Fonte alle Rose'. A tale ben singolare richiesta di concessione edilizia non fu allegata alcuna documentazione, né titolo di proprietà del suolo, né planimetrie, progetto, relazioni illustrative”. Veniva solo allegata “una attestazione in calce al modulo, sottoscritta da un professionista, in ordine alla pretesa conformità del progetto a leggi e regolamento edilizio”. Un po' pochino, arguisce il Consiglio di Stato.

Passa appena un giorno, e il nostro turbosindaco approva una delibera consiliare, la n. 18 del 4 febbraio 2000, in cui vengono stabiliti diversi coefficienti per il contributo di concessione delle nuove costruzioni: da un minimo di 0,30 a un massimo di 1,20. E indovinate un po' quale viene applicato per la tipologia di costruzioni del quasiprogetto? Bravi, 0,30. Il complesso è infatti residenziale, ma viene fatto passare per costruzione in zona agricola.

Intanto l'ufficio tecnico comunale, “che pure avrebbe forse potuto, se non dovuto”, aggiunge la sentenza, “archiviare tale singolare richiesta di 'istanza' [il suddetto quasiprogetto] senza darvi corso, inviò poi con nota n. 3272 di prot. del 6 marzo 2000 una richiesta di 'integrazione' documentale”. Che arriva. Ma con comodo. Ben tre anni dopo: il 12 aprile 2003, presentata dall'erede della defunta madre, Barbetti, sindaco di Capoliveri. Questa volta la concessione edilizia per alloggi turistici ha il via libera: è la n. 117 del 12 giugno 2003. Il contributo di concessione è fissato a 28.028,24 euri, fissandolo sul coefficiente più basso, stabilito dalla suddetta delibera del 2000, nonostante siano passati tre anni.

Ma la licenza edilizia non sarà sfruttata dal turbosindaco. Questi infatti, il 7 luglio 2004, vende terreno e concessione a una società edilizia di Sesto Fiorentino, la Front Office s.r.l. (costituitasi appena un mese prima, l'8 giugno 2004), azienda oggi non più esistente (la cessazione attività è del 26 maggio 2010).

Nel frattempo però il Comune, alla cui guida subentra l'amministrazione Ballerini, rifà i calcoli sul contributo di concessione, applicando il coefficiente massimo (1,20), in quanto strutture residenziali e non agricole: totale a pagare 133.818,76 euri.

La Front Office paga la prima rata, rilascia una garanzia fideiussoria per le rate successive, ma poi ci ripensa. Nel 2005 fa ricorso al Tar: vuole che sia applicato il coefficiente minimo. Il Tar dice nisba, con la sentenza n. 265 del 7 marzo 2008, per due ragioni:

1) “l'istanza del 3 febbraio 2000 […] non è qualificabile come istanza di concessione edilizia in senso proprio, in quanto priva di allegata documentazione, sebbene al più mera 'manifestazione di volontà' generica; in ogni caso deve applicarsi la normativa vigente al momento del rilascio della concessione edilizia”;

2) l'applicazione del coefficiente 0,30 si basa “su una lettura travisata della delibera”,e "bene ha fatto il Comune ad applicare alle strutture residenziali il coefficiente 1,20".

La Front Office non ci sta, e il 5 maggio dello stesso 2008 ricorre al Consiglio di Stato. Che conferma pari pari la sentenza dei colleghi del Tar, il 24 aprile 2012, con qualche chicca in più: “del tutto legittimamente, e doverosamente, il dirigente del servizio tecnico comunale ha provveduto a rideterminare il contributo di concessione”. Fine della discussione. Pagare i 100mila e rotti, altro che la miseria di 28mila. Anche perché i magistrati non si capacitano (come tutti) di una cosa: “Sotto altro profilo, poi, la citata legge regionale 14 aprile 1995, n. 64 si riferisce a interventi edilizi connessi all'agricoltura e/o alla conduzione dell'azienda agricola, laddove nella specie si tratta di intervento di edilizia turistico-residenziale”.

Ora, a parte la sagra degli orrori che ha contradistinto la gestione di questa vicenda edilizia da parte dell'amministrazione barbettiana, che speriamo esserci lasciati per sempre alle spalle, mi sorge la domanda dell'inizio: il Comune in questi anni (sei dei quali, dal 2013 al 2019, sotto il sigillo barbettiano) si è attivato per riscuotere quanto dovuto di quei 133.818,76 euri, considerando che la prescrizione è ormai dietro l'angolo? Essa è prevista infatti in 10 anni, ma si rinnova laddove vi siano solleciti di riscossione. Lo chiedo sia per far valere una legittima sentenza, sia in considerazione del fatto di un periodo di sofferenza per i bilanci comunali, causa pandemia: il nostro Comune non dovrebbe permettersi di perdere quanto gli spetta, anche per far fronte agli oneri che sarà costretto ad affrontare per la gestione di un altro anno difficile.

Mario Pintore

 

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