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La fiction "L'Isola" e gli idrati di metano

Scritto da  Michele Cocco Domenica, 20 Gennaio 2013 14:36

Nella sceneggiatura della fiction campione di ascolti “L’Isola” si vede bene la mano di Mario Tozzi, ottimo geologo e Primo Ricercatore del Consiglio Nazionale delle Ricerche, prima (e dopo) la sua parentesi di incompreso Presidente del nostro Parco Nazionale Arcipelago Toscano. E la sua penna si vede bene soprattutto laddove si parla di idrati di metano. Quando quindi nei bar di Portoferraio si sentono persone all’ora dell’aperitivo chiacchierare di queste sconosciute sostanze chimiche allora un minimo di approfondimento diventa necessario.

Nella sceneggiatura della fiction campione di ascolti “L’Isola” si vede bene la mano di Mario Tozzi, ottimo geologo e Primo Ricercatore del Consiglio Nazionale delle Ricerche, prima (e dopo) la sua parentesi di incompreso Presidente del nostro Parco Nazionale Arcipelago Toscano. E la sua penna si vede bene soprattutto laddove si parla di idrati di metano. Quando quindi nei bar di Portoferraio si sentono persone all’ora dell’aperitivo chiacchierare di queste sconosciute sostanze chimiche allora un minimo di approfondimento diventa necessario.

Che cosa sono gli idrati di metano? E come mai nel mare esistono questi giacimenti? Hanno un valore commerciale? E se si’, come mai nessuno ancora ha pensato a sfruttarli?

Il metano come noto è un frutto della decomposizione della materia. Quando le forme di vita marine, pesci alghe plankton batteri etc, muoiono, esse precipitano sul fondale e li’ vengono attaccate da batteri che le decompongono, producendo metano gassoso, il famoso “gas dei cimiteri”.

Negli abissi marini esistono condizioni di basse temperature ed alte pressioni, e queste condizioni fisiche innescano uno strano fenomeno chimico: Le microbolle di metano prodotte dalla decomposizione invece di affiorare in superficie si legano con l’acqua fredda producendo una struttura simile ad una “gabbia” di ghiaccio al cui interno vengono intrappolate le molecole di metano, che quindi si depositano sui fondali marini creando dei depositi sottomarini.

Questa reazione chimica è molto efficiente: un metro cubo di idrati di metano intrappola 164 metri cubi di metano gassoso. Essa è pero’ anche altamente instabile: basta che la temperatura salga o la pressione diminuisca (che è ad es. quello che succede quando si prova a portare dell’idrato di metano alla superficie) e tutto il gas improvvisamente viene liberato all’improvviso producendo enormi bolle.

 La formazione di questi giacimenti sottomarini è legata alla presenza quindi di materiale organico in abbondanza combinate con alte pressioni e basse temperature. Questa combinazione di fattori fa sì che i banchi di idrati di metano siano soprattutto diffusi sulle scarpate abissali, quelle zone cioè dove le piattaforme continentali (circa 300 mt di profondità) precipitano rapidamente nelle fosse abissali oceaniche a migliaia di metri di profondità. Ed è su queste scarpate, tra i 500 ed i 1.000 metri di profondità che si accumulano i giacimenti piu’ imponenti: di recente al largo della costa nordamericana è stato scoperto una montagna sottomarina composta di idrati di metano, alta mezzo chilometro e lunga 25 km, in grado di soddisfare il bisogno energetico del Nord America per 105 anni. Simili immensi banchi sono stati rinvenuti ovunque in tutti i mari del mondo, incluso il Mediterraneo.

Pur essendo gli idrati stabili a basse temperature ed alte pressioni, ciò non vuol dire che tutto il metano sia in forma solida: sono ghiacciati solo gli strati superiori. Gli strati a contatto con il fondo marino infatti risentono della temperatura piu’ elevata dell’interno della terra: il banco è come una enorme pentola a pressione con un coperchio di ghiaccio che trattiene il gas sottostante. 

Inoltre, gli immensi banchi di idrati di metano hanno anche un’altra importante funzione: con la loro massa stabilizzano le ripide scarpate continentali, impedendo che esse crollino nelle fosse abissali, producendo immani tsunami. E ciò è già successo in passato, circa 8.000 anni fa quando un’immensa onda i tsunami ha devastato il Nord Europa probabilmente a seguito di una destabilizzazione di un banco di idrati di metano.

Infine, il metano è un gas serra molto piu’ potente dell’anidride carbonica: il suo rilascio nell’atmosfera in maniera incontrollata provocherebbe effetti sul clima che noi non siamo in grado di calcolare. Tra i grandi mari del mondo, il mar Mediterraneo è il mare salato piu’ caldo di tutti. Questo fatto suggerisce che i banchi di idrati di metano presenti in esso si siano formati durante il picco delle ultime glaciazioni e l’attuale alta temperatura delle nostre acque fa sì che i giacimenti mediterranei siano tra i piu’ instabili di tutti. 

Ovviamente tali enormi risorse energetiche hanno cominciato a suscitare l’appetito di molti: il Giappone ha costituito la Jogmec (Japan Oil, Gas and Metals National Corporation), un consorzio guidato dal Governo ed intenzionato a scavare vari pozzi sottomarini per valutare la fattibilità economica dell’estrazione di idrati di metano.

Le problematiche legate all’estrazione, ed i rischi connessi, sono comunque ancora sconosciuti: quando blocchi solidi di idrati di metano vengono portati in superficie, a metà strada le bolle di metano si staccano dai detriti e fuggono in superficie, mentre i detriti precipitano in fondo.

E’ quindi sempre la solita storia: le industrie ed i Governi vedono una straordinaria opportunità di business, gli scienziati insistono sulla necessità di studiare a fondo, prima di innescare una bomba ad orologeria. E’ necessaria una collaborazione, possibilmente nell’interesse dell’umanità. Chi vincera? Lo scopriremo vedendo le ultime puntate de “L’Isola”!

 

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