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Vicino agli Dei - Gli scavi di Monte Giove

Scritto da  Silvestre Ferruzzi Giovedì, 23 Ottobre 2014 17:26

Si era alla metà degli Anni Cinquanta, in un’Elba ancora primordiale. Il reverendo Enrico Lombardi, rettore del Santuario della Madonna del Monte ma soprattutto meticoloso appassionato e scrittore di storia locale, notò presso il Masso dell’Aquila e sul soprastante Monte Giove alcuni cocci di vasellame frammentario in rozza ceramica protostorica.

Il Monte Giove, che nelle vecchie carte risultava «Monte Giovo», è così chiamato per via della cima a due punte che ricordava un arcuato giogo bovino. Pochissimi anni dopo, nel 1958, a questa vicenda si appassionò l’archeologo Giorgio Monaco, neosoprintendente alle Antichità dell’Etruria. Fu così che l’archeologo cinquantaduenne fece intraprendere uno scavo - peraltro non proprio ortodosso - da alcuni marcianesi armati di pala e piccone.

La fossa fu scavata nella sella compresa tra le due cime della montagna, a circa 830 metri di altitudine e proprio in corrispondenza del famoso giogo. Giorgio Monaco non rimase deluso: dallo scavo venne fuori un’impressionante quantità di frammenti ceramici risalenti all’Età del Bronzo, alla «Cultura subappenninica» come allora si diceva. L’archeologo, con entusiasmo, parlò di una «stipe votiva» che i liguri Ilvati avevano religiosamente collocata tra le due vette sacre agli dèi. Questo perché, come poi scrisse l’archeologo, la montagna a due punte era stata «divinizzata come vetta (Pen) da questi abitatori pastorali di razza ligure. È noto che i Liguri divinizzavano le vette, donde i nomi Penna, Pennino, dati a montagne e lo stesso Appennino, oltre che il Giove Pennino romano.»

E in seguito, non senza emozione, si definì «veramente orgoglioso di essere stato il primo ad iniziare ricerche sistematiche anche in questo campo preistorico (…) salendo, nel 1958 e 1959, sulla cima del Monte Giove di Marciana (…)».

In realtà si trattava dei resti di uno dei tanti insediamenti protostorici del Monte Capanne e non di una stipe votiva. Ma quest’assenza di religiosità non impedisce al luogo di suggestionare indelebilmente l’animo dei fortunati che ancora si avventurano sul Monte Giove. 

Silvestre Ferruzzi

scavo del 1959 sul monte giove

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