“..In mezzo alla pianura della città fu disegnata una piazza d’arme per adunare soldati e in cima di detta piazza a levante fecero una chiesa detta la Pieve allora capace del presidio che vi era la quale poi in più volte è stata accresciuta..”
(Cfr. pagina 126 di “Memorie antiche e moderne dell’isola dell’Elba” Sebastiano Lambardi 1791. Ristampa fotomeccanica. Forni editore Bologna 1966)
Con queste parole il “cosmopolitano” Sebastiano Lambardi nel 1791 scrive della fondazione del Duomo di Portoferraio e successivi ampliamenti.
La Pieve ovvero il Duomo di Portoferraio è opera non militare tra le più antiche di Cosmopoli, voluta e fatta costruire da Cosimo nel 1549,quando ancora si stavano fondando i primi bastioni e le prime cortine . Ne parla Giuseppe Ninci:
“…la chiesa parrocchiale non si fondamentò che nel 1549 e si scelse per la medesima la più comoda posizione e più precisamente quella che conserva anche di presente all’estremità cioè della piazza d’arme dalla parte di levante.Detta chiesa venne dedicata in onore della Natività di Maria Santissima .E siccome ristretta era in allora la popolazione così di piccola capacità fu la fabbrica. Tanto è vero che bisognò fino al 1600 circa servirsi della grandiosa chiesa di S. Salvatore de’ farti del terz’ordine di San Francesco per eseguirvi le funzioni di concorso come quella fra le altre del solenne giorno del Corpus Domini quando si celebrava la messa grande in S Salvatore alla presenza del magnifico Commissario ,Capitani e popolo…. La chiesa eretta nel 1549 aveva l’altezza che tuttora conserva :la sua lunghezza era di braccia 19 e la sua larghezza quella della presente navata di mezzo .I fondamenti paraltro furono estesi.(conservando la fabbrica l’avvisata larghezza) fin dove ora vedesi l’altare maggiore…”
(“Notizie compendiate delle chiese, Oratori, Cappellette di Portoferraio, sì in città che nelle campagne sottoposte, raccolte e registrate da Giuseppe Ninci nell’anno 1834 e passatene copia alla chiesa del Corpus Domini di detta città nel 1835” Giuseppe Ninci. Manoscritto. Biblioteca comune Portoferraio copia di quello conservato nella Chiesa del SS. Sacramento di Portoferraio)
La lettura della recente pubblicazione di documenti di archivio inediti o poco noti ad opera di Michelangelo Zecchini et al. (“Portoferraio Medicea, scavi e scoperte 1548-1555. Il teatro, il satiro e le teste colossali” Academia education 99280586, marzo 2023) insieme con la lettura del manoscritto di Giuseppe Ninci, sopra citato, consente poter ricostruire più in dettaglio la vicenda storica riguardante la fondazione : una vicenda storica tormentata quella della fondazione della pieve dedicata alla natività della Vergine Maria.
Pieve: in questi termini viene chiamata in carte di archivio la quale oggi è ancora presente nella città di Portoferraio, conosciuta più comunemente come Duomo, titolo acquisito successivamente nel secolo diciannovesimo insieme a quello di chiesa sede arcipretale.
La chiesa parrocchiale di Portoferraio nasce dunque acquisendo il titolo di Pieve e, in seguito, quello di Duomo. (Foto di copertina)
Pieve significa chiesa per uso del popolo in quanto nasce per soddisfare la esigenza di poter dir messa, di seppellire i morti, di battezzare. Non chiesa di rango granducale come poi, nel corso del tempo, ne sono sorte in Portoferraio.
Che il Duomo di Portoferraio sia sorto con queste esigenze di pieve (chiesa del popolo) ancora oggi lo ricorda la strada ad esso adiacente chiamata “via dietro la Pieve” con la scalinata chiamata “scalinata dietro la Pieve”.

UN POCO DI CHIESETTA
Nell’aprile del 1549 appena un anno dopo lo sbarco del corpo di spedizione inviato da Cosimo per fondare la città-fortezza, le condizioni igieniche e sanitarie non sono le migliori tra le maestranze sbarcate sull’isola che stanno lavorando ad erigere bastioni e cortine ancora allo stato campale. Bastiano Campana comunica al serenissimo padrone e signore che si ammalano persone e ne muoiono alcune, per cui rivolgendosi a Cosimo dice che ”ha fatto un poco ammodo di spedaletto e ha messo qualche materassa di pelo per far dormire bene i fornaciai se no si ammalano anche quelli e uno è morto.”
(Mediceo del Principato. Filza 393,c. 308.Archivio stato Firenze)
Dice che vogliono un medico e aggiunge che c’è un prete ma ci vorrebbe libero che non stesse col signor Otto e “sabato e domenica che erano morti due contadini non volle andare ad accompagnarli alla fossa perché non era obbligato… e piacendo a quella farò fare un pocho di chiesetta a basso in sulla marina da levante al rischontro dove sta el signor otto sopra a certi fondamenti per non essercene alchuna”
(Mediceo del Principato. Idem come sopra)
Risale dunque all’aprile del 1549 il primo accenno conosciuto in carte di archivio relativo al progetto di un “pocho di chiesetta” da farsi “a basso in sulla marina da levante al rischontro dove sta el signor otto sopra a certi fondamenti per non essercene alchuna”.
Nel luogo individuato esistono già “certi fondamenti”.
Cosa siano non si sa, ma molto probabilmente, resti dell’antica Fabricia romana visto che nei secoli successivi scavi nella zona hanno messo in luce ritrovamenti dell’antica Roma.
Michelangelo Zecchini ha pubblicato una mappa della odierna Portoferraio con la distribuzione dei siti archeologici di epoca romana.

Si inizia a costruire un “pocho di chiesetta” solo qualche mese dopo, nel settembre 1549 dopo averla messa in progetto nel mese di aprile.
Si tratta di “un poco di chiesa per ora da potervi dir messa”.
Ce lo fa sapere ancora Bastiano Campana il quale scrivendo al duca dice che “ho dato principio a un poco di giardino accanto al fosso dove si spiana come mi comandò la illustrissima duchessa che darà dei rinfrescamenti assai a questo porto e ce ne è di bisogno e così si principia un poco di chiesa per ora da potervi dir messa”.
(Mediceo del Principato. Filza 394 A,c. 589.Archivio di stato Firenze)
Il bisogno di rinfrescare il porto col giardino accanto al fosso ove si spiana, ordinato dalla duchessa, si accompagna anche all’inizio della costruzione di una chiesa, per ora solo per dirvi messa.
IL BATTESIMO E IL PIEVANO
Tre anni dopo, nel febbraio del 1552, la chiesa costruita nel 1549 per dire solo messa non basta più. Bisognerebbe potervi battezzare poiché molti sono i nuovi nati dagli abitanti di Cosmopoli i quali per il battesimo devono portarsi a Rio : è necessario concedere di battezzare alla chiesa di Cosmopoli, tenerci un religioso per ogni bisogno essendo molte le famiglie che di continuo arrivano ,il religioso potrebbe essere mantenuto dalle “fortezze”.
“..da degli elbigini che abitano qui che cominciano a nascervi delle creature e devono essere portate a battesimo al rio, però quella si degni di concederlo si possi battezzare qui e che ci possiamo tenere uno religioso per tutti e bisogni che ci abbiamo giornalmente per esservi parecchie famiglie e de li continuo ce ne viene e ora entriamo nella quaresima e lo potrebbero pagare le fortezze.”
(Lettera di Campana a Cosimo .Mediceo del Principato Filza 407, c.385, Archivio di stato Firenze)
La questione di un prete ad ufficiare stabilmente nella pieve di Santa Maria che possa anche battezzare e del suo mantenimento non si risolve se in documento di archivio del 1552 si parla ancora di “pievieri” a Portoferraio e della giurisdizione spirituale di Portoferraio che dipende da quella di Rio il cui pievano ha sempre riscosso i tributi della chiesa di San Giovanni la quale giace rovinata di là dal porto lontana da Rio sette miglia e nove da Capoliveri con strade montuose e a volte pericolose perché ci sono turchi e per questo si chiede poter battezzare in Portoferraio. Tutto questo si apprende da quanto Bastiano Campana scrive al duca per informarlo come avviene la cura delle anime nel luogo dove stanno edificando Cosmopoli.
Bastiano Campana, che ora alloggia alla Stella, il 18 marzo 1552 scrive al Duca:
“ […] circa e pievieri e questo luogo s’è domandato a più antichi dell’isola li quali non ne sanno parlare nemmancho anno scritture per el tempo lungo e passato, solo dicono che il piovano del rio ha sempre rescosso e terratichi della chiesa di san giovanni la quale è di là dal porto rovinata vicina al podere del signor otto el quale rio è lontano da qui sette miglia e capolire 9 e sono male strade e montuose, e alsi alle volte pericolose di turchi e per questo si domanda el battesimo qui.[…] “
(Mediceo del Principato Filza 407, c.772-774, Archivio di stato Firenze)
Ancora continua il Campana a scrivere a Cosimo che i tributi della chiesa di San Giovanni e di Santa Lucia, dal signore di Piombino allora signore e padrone, erano stati concessi, per essere tanto povera, alla pieve di Rio, atteso che il castello di Ferraia era disabitato e che, comunque, era da pensare che essendo Ferraio la più grossa terra a capo dell’isola dovesse avere una pieve per sé.
“…di poi ho parlato con uno dei vecchi di questa isola che dice avere inteso da più persone che già el signor di Piombino ch’era a quel tempo choncede l’entrata della chiesa di questo san Giovanni e di Santa Lucia del chastello di Ferraio, alla pieve del Rio, atteso che qua era disabitata d’ogni cosa e che era da pensare sendo questa la più grossa terra e chapo dell’isola avessi la sua pieve, da sè, e per essere tanta povera la pieve del rio li fu conceduto queste entrate ferraio quanto del porto che del chastello di ferraio che oggi è rovinato e in sul poggio e se altre particularità ne intenderò ne darò notitia a v.ecc….”
(Mediceo del Principato. Idem come sopra)
Questo documento è molto interessante perché fa intendere l’esistenza di un piccolo castello di Ferraio “rovinato” presente nella prima metà del cinquecento avanti l’arrivo del corpo di spedizione mediceo per fondare Cosmopoli.
Ancora Campana scrive al duca sul rito del battesimo da tenere in Cosmopoli. Spiega a Cosimo che parlando con i più vecchi ha saputo che la cura delle anime era passata a Rio perché essendo il castello di Ferraio diventato disabitato e “divenuto questo luogho un bosco” i tributi della chiesa di San Giovanni e di Santa Lucia erano stati passati a Rio per volere e del signore di Piombino , ma che essendo Cosmopoli la terra maggiore e a capo dell’isola dovrebbe avere la sua pieve con le sue entrate, con una persona da bene per la cura delle anime riavendo le entrate delle chiese di San Giovanni e Santa Lucia.
“…ho parlato con i più antichi di qui e l’avolo del signore di piombino visto che qua s’era disabitato el chastello del ferraio e divenuto questo luogho un bosco, concede l’entrata di questa chiesa di san giovanni e della chiesa di santa lucia era nel chastel di ferraio alla pieve del rio per essere povera affatto e d’allora in qua tale pieve del rio ha ghoduto tale entrate e dice s’ha da considerare essendo questa terra la maggior e capo dell’isola avessi la sua pieve e entrate allo intorno e però piacerà a v.s. mettere in considerazione a sua s. che scrivendo della pieve vi è le sue entrate che le ritroveremo e ci potrà stare una persona da bene alla cura delle anime riavendo quelle di san giovanni e di santa lucia…”.
(19 marzo 1552 Lettera di Campana a Cosimo. Mediceo del Principato Filza 407, c. 785.Archivio di stato di Firenze)
Nell’aprile del 1552 sembra risolversi la questione del rito del battesimo in Portoferraio tramite il “trasunto abatico” ma ancora manca un cappellano per ufficiare al battesimo e che abbia cura delle anime. Per la settimana santa ne è stato fatto venire uno che sa scrivere e insegnare i fanciulli. Con poco starebbe bene .Lo fa sapere Bastiano Campana scrivendo al duca “… e s’è ricevuto la bolla per el battesimo e ne farò fare un trasunto abaticho che starà nelle mani del parrocchiano della chiesa e rimanderò l’originale a quella; s’è fatto benedire l’acqua e ora farò venire l’olio santo da Massa di Siena e tutto s’accomoderà con uno pocho di vasetto dove si battezzerà e adesso ci mancha el cappellano per attendere a ciò ed abbia la cura del anime e per questa settimana santa ne ho fatto venire uno suffiziente praticho e scrive bene da insegnare a di molti fanciulli ci e starebbe contento per poca di chosa.”
(Mediceo del Principato Filza 408, c.326 e 327, Archivio di stato di Firenze)
Nel maggio del 1552 la presenza di un cappellano stabile alla pieve non sembra essere risolta: c’è un cappellano ad uffiziare ma dovrebbe essere mantenuto con 16 o 18 scudi al mese, scudi che si potrebbero ottenere col far riavere le entrate delle chiese di S. Giovanni e di S. Lucia e con tali entrate destinate alla Pieve di S. Maria si potrà ufficiare anche per queste ultime due chiese: San Giovanni e Santa Lucia.
E’ ancora Bastiano Campana che lo fa sapere scrivendo al duca”… del chappellano per uffiziare la chiesa per adesso bisognerebbe farli uno salario di 16 o 18 scudi al mese en questo mezzo andrò intendendo che beni sono questi della chiesa di san Giovanni e di Santa Lucia sono di qua, e chi li gode che tal volte si potranno far ritornare a dette chiese e servire per tale cappellano che uffizierà la chiesa per essere tutte e due di questo luogo, parendo a v.e. e domani andrò al rio per veder cautamente.”
(Mediceo del Principato Filza 408 a, c. 577, Archivio di stato di Firenze)
FRANCESCO DA VALMONTONE
Il nome del cappellano che uffizia la pieve di S. Maria lo fa conoscere Lucantonio Cuppano scrivendo a Cosimo nel maggio del 1552. E’ frate Francesco da Valmontone "homo di età e brava persona” che vive di elemosina. Cuppano annuncia anche che si è formata una compagnia del Corpus Domini in cui già sono entrate settanta persone le quali sono in aomento e ogni domenica e giorno solenne la compagnia “dice il suo offizio come in fiorenza”. Serve un medico “…Circa el medico e mi pare molto più necessario del cappellano perché qua non ci è mancato mai il cappellano che sempre ci è stato uno frate francesco da val montone homo di età e bona persona e ha bolli di cura di anime e di offiziare per tutto e è meglio in questo locho chi capillani di altra sorte rispetto alle donne albigene e sempre ha offiziato ed è visso e vive di alcuna elemosina e di insegnare ai fanciulli tal che il cappellano ci è stato sempre e ci sta e in questo non accade a v.e a stari in spesa perché oltre el detto frate che di continuo offizia qui si è creata una compagnia del corpus domini che settanta persone già sono entrati e tuttavia si augumenta e ogni domenica e di solenne si riduci e dice il suo offizio come in fiorenza e ci sono tutti noi altri onde quanto alla religione s.e. ha provvista benissimo questo loco e avendolo provvisto circa alle anime piacendoli però provvederli ancora circa alli corpi cioè di un medico maxime non li accordino di trarre in scusa di cappellano.”
(2 maggio 1552 lettera di Cuppano a Cosimo. Mediceo del Principato Filza 408 a,c. 785. Archivio di stato Firenze)
Quanto a questo frate cappellano ”andrebbe fornito di un poco di salario di 16 o 17 lire il mese e che ci si interessi di recuperare i beni della chiesa.”
(5 maggio 1552. Mediceo del Principato Filza 408 a,c. 660-Archivio di stato Firenze)
Campana avverte il duca che c’è il breve papale per poter battezzare ”per averlo fatto traslatare il notaio di campiglia”. A questa notizia fa seguire una serie di considerazioni sullo stato delle chiese presenti nelle terre di Cosmopoli:
“Con questa sarà el breve papale del poser battezzare qui per averlo fatto traslatare il notaio di campiglia che per la fretta di partirmi di là non lo mandai come dissi. Trovo che tre chiese rovinate sono in questo luogho di ferraio hanno parecchi pezzi di terra e tutte le ghode la pieve del rio e dichono furnno voltate già da uno signor di Piombino a quella Pieve del rio per esser povera e più vicina e nel tempo che si sbandono el chastello vecchio di ferraio che è sopra el poder del signor otto e le chiese sono intitolate a San Giovanni, San Salvestro e Santa Lucia li quali beni basterebbono per intrattenere uno cappellano nel porto possendole far ritornare come già dovevano essere di tale chiesa secondo la ragion naturale. Di scritture non bisogna parlare che non ci è altri che uno che sappi parlare di questi confini di terre e di chi le sono. Domenica fece otto giorni si battezzò tre fioli ontratenuto un cappellano parecchi giorni con farli le spese, ora e vorrebbe sapere se e s’ha a fermare e ogni poca di cosa li basterebbe. Luca Martini ha l’inventario e così si vedrà se ho lavorato bene e son passati con questo incarico 5 anni nei quali non ho mai avuto i 6 scudi al mese promessimi”
(2 giugno 1552 Lettera di Campana a Cosimo. Mediceo del Principato. Filza 409, c.22 e 157. Archivio di stato Firenze)
MORTE DI FRATE FRANCESCO DA VALMONTONE
Nel luglio del 1552 lungo documento di Cuppano al Duca, con il quale richiama l’attenzione sul fatto che se ne sono andati molti isolani e sono tornati alle loro case perché “qui questa terra è povera di lavoro”, sicché vanno nelle loro terre e vigne. Gli ricorda che questo suo stato è un Regno per cui potrebbe essere “abitato con persone confinate con patente seria”, visto che i luoghi sono buoni da bonificare e mettere a frutto; inoltre il frate Francesco da Valmontone che era là cappellano è morto a maggio “ed ora offizia il cappellano della terra che se gli dessimo le rendite starebbe bene”
(16 luglio 1552 Lettera di Cuppano a Cosimo.Mediceo del Principato Filza 409,c. 666. Archivio di stato Firenze)
LA CHIESA E’ RIMASTA SENZA CAPPELLANO
Nel settembre del 1552, Campana scrive al Duca che sono rimasti senza cappellano perché il sostituito, un prete che ha trattenuto facendo a lui promesse, se ne è andato dicendo che non può rimanere senza salario e verrà a servire quando ci sarà l’ordine di avere un po’ di salario e così la chiesa è restata sola:
“Siamo rimasti senza cappellano per el porto perché ho trattenuto fino a ora da quaresima in qua un prete con farli promesse ma parendoli perdere e tempo suo se n’è partito con dir non può star così senza salario né profitto nessuno e quando e venghi l’ordine d’avere un po’ di salario verrà così a servire e così la chiesa è restata sola.”
(18 settembre 1552. Lettera di Campana a Cosimo. Mediceo del Principato Filza 411, c.240.Archivio di stato Firenze)
Ma il duca risponde che il cappellano non serve in quanto si faranno sguarnire le galere, cioè si farà uso di un prete delle galere che sono nel porto
“e a riguardo del cappellano non serve in quanto si faranno sciorinare le galere a Portoferraio.”
(Mediceo del Principato. Filza 411,c. 258. Archivio di stato Firenze)
Marcello Camici
Foto di copertina - Portoferraio. Chiesa parrocchiale. Pieve dedicata alla natività della SS Vergine Maria. Facciata e rosone.
Foto 2 - Portoferraio. Scalinata dietro la Pieve.
Foto 3 - Portoferraio. Mappa con distribuzione dei siti archeologici di epoca romana. Da Michelangelo Zecchini 1982.