Il furto è reato contemplato in una specifica rubrica negli Statuti concessi da Cosimo I alla città di Portoferraio nel 1574, per la cui pena sono previste, oltre alla restituzione delle cose rubate, condanne pecuniarie, le quali, quando sono tra cinque e venticinque lire, vi è la “pena di stare in gogna per un hora con facultà di potersi liberare dalla gogna pagando lire cinquanta”. Quando la condanna pecuniaria è sopra venticinque lire la pena è da stabilire arbitrariamente ad opera del Commissario fino alla morte, ”alla quale morte si deva condennare il ladro per un furto egregio et grande”.
(Rubrica 17. Filza “Statuti”(E1). Archivio preunitario del comune di Portoferraio. Archivio della comunità di Portoferraio 1554-1800.Archivio storico comune Portoferraio)
Gli Statuti concessi da Cosimo de’ Medici alla città di Portoferraio nel marzo del 1574 sono un complesso di norme che in venti rubriche regolano l’organizzazione amministrativa e l’ordinamento giuridico della città.
Nel gennaio del 1707 Giuseppe Maria Goretti di Portoferraio è condannato con sentenza del tribunale alla pena di morte tramite forca per aver rubato in chiesa arredi sacri.
Il furto commesso dal Goretti non è come gli altri.
E’ ritenuto “furto egregio et grande” per il quale è prevista la pena di morte del ladro. La pena di morte è stata comminata con partecipazione alla sentenza del Granduca tramite benigno rescritto.
Al Goretti è stato concesso nella sentenza “riservo d’un mese a supplicare per la grazia o moderazione della pena”.
Lo fa con questa supplica:
“Altezza Reale
Giuseppe Maria Goretti umilissimo servo e suddito di V.A.R. reverentemente espone e narra come ritrovandosi l’Oratore in Portoferraio nella prossima passata stagione dell’ estate commise in una chiesa di detto luogo un furto di robba sacra per il quale è stato condannato alla pena di morte con il reservo di un mese a supplicar esendo il qual termine genuflesso alla somma pietà dell’A.V.R. quella con ogni umiltà supplicando a volerli commutar detta pena in altra che non apporti infamia ai suoi congiunti ,ritrovandosi due sorelle fanciulle ,un fratello prete Curato di anime et altro fratello applicato a professione decorosa et honorata. Che di tal gratia sarà sempre e far pregare S. D.M. per ogni maggiore esaltazione della sua Real Casa. Quam Deus“
(Filza “Suppliche 1600-1730” C5. Carta senza numero di pagina. Carteggio del governatore. Archivio del governo di Portoferraio 1553-1799. Archivio storico comune Portoferraio) - Foto di copertina
Sulla stessa carta della supplica è scritto a firma Anton Francesco Montauti della segreteria di stato fiorentina: “Il Governatore di Portoferraio informi
25 febbraio 1707“.
Cioè da Firenze si vuole avere informazioni sulla vicenda da parte del governatore pro tempore di Portoferraio.
Nel 1707 il governatore in carica di Portoferraio è Alessandro del Nero che così informa:
“ALTEZZA REALE
Il supplicante essendo stato inquisito da questo Tribunale perché il giorno il giorno del dì 20 o 21 Gennaio 1707 sacrilegamente derubava dalla Chiesa del Suffragio di questa Città un calice d’argento con patena parimenti d’argento dorata di valore pezze trenta ,un fazzoletto o sia velo listato di color verde rosso e bianco con filetto d’argento basso, ad uso di calice di valore di Lire una ,soldi sei, e denari otto et una tovaglia d’altare con punta di valore pezze quattro,della quale si facesse una camicia e due paia di manichini spezzando et accartocciando detta patena e calice per farne esito e convertirlo in uso proprio come suol presumersi per sentenza de 18 febbraio 1707/8 con partecipazione dell’A.V.R. restò condannato in pena di forca con riservo d’un mese a supplicare per la grazia o moderazione della pena ,che perciò ricorre all’A.V.R. acciò si degni permutarli la pena in altra che non apporti infamia ai di lui congiunti ,persone onorate, et oneste, tanto più che nel processo defensivo è stato provato essere l’Oratore alquanto scemo di mente e nel tempi di estate dare in frenesie ,qual gratia dependendo dal fonte inesauribile della somma clemenza dell’A.V.Reale ;con attenderne le regie risoluzioni le bacio ossequiamente l’estremità del Real Mano
Portoferraio Lì 3 marzo 1707
Umilissimo Servitor e Suddito
Alessandro del Nero”
(Idem come sopra)
Con tale informazione si potrebbe dire che il governatore definisce il condannato incapace di intendere e volere.
Dopo di che, il 26 marzo 1707 Anton Francesco Montauti scrive al governatore che la pena di morte è stata tramutata in carcere a vita a spese del condannato con essere sottoposto al lavoro forzato per mantenersi e se non adempie a questo onore la pena di morte è reincidente:
“Da S.A.R.
Accordato il devisato permutarsi detta pena di forca nella carcere a vita in Portoferraio a spese del supplicante, pena la re incidenza, non osservando”


Marcello Camici
Foto di copertina - Supplica per la grazia di condanna a morte di Giuseppe Maria Goretti.
Foto 2 e 3- Risposta del governatore di Portoferraio Alessandro del Nero per informare sulla vicenda del furto di Giuseppe Maria Goretti.