In occasione del 160° della nascita di PIETRO GORI, il 14 agosto 1865, Elbareport lo ricorda con due interventi il meno celebrativi possibile, oggi 14 e domani 15 agosto.
Tra gli innumerevoli scritti che ricordano l'Autore della famosa canzone 'Addio a Lugano', presentiamo oggi il testo contenuto nell'audio guida della Pinacoteca Foresiana di Portoferraio / Sistema Museale Arcipelago Toscano (scritto da Sergio Rossi), corrispondente al quadro di Plinio Nomellini raffigurante appunto Pietro Gori. Il testo di domani, 15 agosto sarà invece basato sulla 'lectio magistralis' degli importanti storici Maurizio Antonioli e Franco Bertolucci.
Sono nato nel 1865 a Messina, da padre elbano (Sant’ilario) e madre di Rosignano.
Sono morto per malattia all’età di 46 anni, nel 1911, nella mia abitazione sulla calata di Portoferraio.
Durante la mia infanzia e adolescenza trascorsi lunghi soggiorni nelle proprietà di famiglia a Sant’Ilario.
Studiai giurisprudenza a Pisa e, fin da giovanissimo, aderii ai movimenti libertari, subendo anche una breve detenzione in carcere, a Livorno, per le mie idee.
Fui un uomo di molte e diverse attività.
Fui avvocato, politico, autore di saggi, poesie e perfino di un libretto d’opera (Calen di Maggio, musicato da un altro famoso santilariese - Giuseppe Pietri).
Fui anche studioso di antropologia e fotografo, ma divenni noto in molti paesi del mondo, soprattutto nelle due Americhe, come conferenziere, una specie di predicatore della dottrina sociale del riscatto dei lavoratori e dell’uguaglianza tra gli uomini e le nazioni.
Avversato, ed anche arrestato, dai potenti della mia epoca per le mie idee rivoluzionarie, fui costretto ad avventurose fughe all’estero, all’esilio ed al confino per lunghi periodi della mia vita.
Come avvocato, soprattutto nei miei lunghi soggiorni elbani, mi caratterizzai per le mie appassionate difese dei più poveri e dei più umili che incappavano nei rigori della giustizia, spesso difendendoli in tribunale senza chiedere alcun compenso.
Sono stato definito “anarchico pericoloso e gentile”, seppi conciliare la mia idea rivoluzionaria con uno stile di vita mite e sostanzialmente teso alla ricerca della pace, dell’armonia tra le persone e tra i diversi popoli, qualità che mi fecero apprezzare da tutti, perfino da chi mi era politicamente più ostile.
Pur se non credente ero affascinato dalla figura storica del Cristo, tanto da compiere un pellegrinaggio laico in Palestina, un viaggio che documentai con molte immagini fotografiche e che fu oggetto di alcune mie conferenze, tra le quali si ricorda quella tenuta al Teatro dei Vigilanti di Portoferraio, nel 1907.
I miei funerali testimoniarono quanto fossi amato dal popolo: tanta era la gente che seguiva il mio feretro, nel viaggio da Portoferraio a Rosignano (dove fui sepolto), che al traghetto stracolmo di passeggeri, furono messe a rimorchio delle lance piene di persone e giunto in terra ferma, per chilometri la mia bara fu portata a spalla.
La più nota delle canzoni libertarie italiane, che ancora si cantano, è “Addio a Lugano” i cui versi furono scritti da me così come altre note canzoni popolari, che riassumevano il mio pensiero:
“Addio Lugano bella o dolce terra pia
cacciati senza colpa gli anarchici van via
e partono cantando con la speranza in cuor.
E partono cantando con la speranza in cuor.
Ed è per voi sfruttati per voi lavoratori
che siamo incatenati al par dei malfattori
eppur la nostra idea è solo idea d'amor.
Eppur la nostra idea è solo idea d'amor.”
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“Dovunque uno sfruttato si ribelli
noi troveremo schiere di fratelli.
Nostra patria è il mondo intero
nostra legge è la libertà
ed un pensiero
ribelle in cor ci sta.”
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“Date fiori ai ribelli caduti
con la faccia rivolta all'aurora
al gagliardo che lotta e lavora
al veggente poeta che muor!”