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Bagno, Galenzana e Procchio: indizi toponomastici di antiche villae maritimae all’Elba

Scritto da  Silvestre Ferruzzi Venerdì, 10 Ottobre 2025 09:25

I nomi dei luoghi e le caratteristiche geografiche di tre luoghi costieri dell’Elba suggeriscono, a mio avviso, la possibile presenza di antiche villae maritimae che tuttavia – al momento – non hanno alcuna evidenza archeologica, a differenza di quelle ben note della Linguella, delle Grotte e di Capo Castello al Cavo.

 

BAGNO: prima attestazione documentaria come Bagnio nel 1623 (Archivio Storico di Marciana, Estimo della Comunità di Poggio).

È probabile che in questa località, quasi a metà strada tra Marciana Marina e Procchio, esistesse una villa maritima con impianti termali di riscaldamento ad hypocaustum, come lascia supporre il toponimo Bagno; lo si può ipotizzare anche da una serie di vicini toponimi più a monte (Acqua Calda e Campo Bagnolo) e soprattutto da passati ritrovamenti di frammenti architettonici e microscultorei in marmo bianco, nonché di denarii d’argento («esattamente a nord del Monte Perone, sulla costa, ci sono i Bagni di Marciana. Nel fare la strada da Marciana a Portoferraio, nel 1810, furono scavate molte monete di Cesare Augusto ai Bagni» scrisse nel 1860 il Journal of the Society of Arts), laddove la storiografia settecentesca ricordava una leggendaria città romana di Corvina «vicino all’Acqua Calda», come osservò Giovanni Vincenzo Coresi Del Bruno nel 1729. Nella memoria collettiva elbana, tuttavia, è probabile che la mitica Corvina fosse semplicemente il ricordo dell’ipotetica villa romana del Bagno; ancora Coresi Del Bruno scrisse che «i bagni poi erano di bellissima struttura, pigliando l’acqua da una certa sorgente che poi, per canali e condotti, la portavano in detto bagno». Giuseppe Ninci, nel 1815, aggiunse che «presso Corvina vi sia stato un superbo edifizio, parte del quale fosse destinato per bagno degl’infermi, parte servisse di farmacia. Ivi […] erano portate dell’acque minerali e maravigliose, tratte da una vicina sorgente chiamata Acqua Calda».

 

GALENZANA: prima attestazione documentaria come Calenzano nel 1702 (Archivio Storico di Marciana, Divieto dei pascoli della Comunità di San Piero).

Come giustamente scrisse il linguista Remigio Sabbadini nel 1919, Calenzana – localmente nella forma Galenzana, attestata già nel 1840 dal Catasto leopoldino – deriva dal nome personale latino Calentius. Ma è la versione più antica del toponimo – ossia quel Calenzano riportato nel 1702 – che evidenzia la sua natura di nome prediale o, meglio ancora, di nome fondiario, cioè derivante dal nome del proprietario di un fundus agricolo o di un praedium (fundus Calentianus o praedium Calentianum). Lo stesso toponimo lo si ritrova nei pressi di Firenze (Calenzano) e nella Corsica nordoccidentale (Calenzana, localmente Calinzana). Nel placido golfo di Galenzana si trova un bassofondo con relativa spiaggetta chiamato Bagnolo; se prendessimo per buona una derivazione dal latino balneolum (ossia «piccolo bagno termale»), potremmo ipotizzare uno stretto collegamento con i balnea esistenti nelle ville romane marittime. D’altra parte, l’orografia stessa di Galenzana – con la sua vasta conca pressoché pianeggiante sul mare – potrebbe suggerire un luogo di rilassante otium da ottemperarsi in una villa maritima con terreni agricoli poco più nell’entroterra. Da segnalare è la curiosa forma corrotta Calasana con cui, nei decenni passati, i pescatori locali chiamavano Galenzana.

 

PROCCHIO: prima attestazione documentaria come Prochio nel 1573 (Archivio Storico di Marciana, Estimo della Comunità di Marciana).

Il toponimo Procchio deriva, secondo la più plausibile ipotesi, dal nome personale latino Proculus; tesi già espressa nel 1814 da Lorenzo Taddei Castelli – sebbene nella forma Procidus – all’interno della sua Descrizione istoriografa dell’isola dell’Elba: «vocabolo corrotto da Procido in quello di Procchio». D’altra parte, il praenomen latino Proculus è pure alla base del toponimo Fosso del Procchio (localmente Prochio), un torrente presso Pitigliano, proprio perché nei pressi si trovava un piccolo edificio religioso dedicato a San Procolo. Secondo una mia recente ipotesi (2024) pubblicata nel volume Procchio scritto con Angela Provenzali, Proculus potrebbe essere stato il proprietario di un’ipotetica villa maritima all’Agnone – in un contesto orografico assai simile a quello della villa romana di Capo Castello, al Cavo – ubicata, dice la tradizione riportata nel 1938 da Sandro Foresi, presso l’attuale Casa Vai: «una casetta rurale su di un basamento scoglioso monumentale di cipollini, calcari rossi e gialli, […] creato per vezzo dalla natura. Qui sorgeva nel I secolo avanti Cristo il Castello di Agnone, […] eretto da Procido», sebbene Giuseppe Ninci, nel 1815, avesse già osservato che «la total mancanza dell’orme di detto castello ci fa diffidare non poco di sua passata esistenza». In assenza di riscontri archeologici, l’ipotesi di una villa romana sul promontorio dell’Agnone potrebbe tuttavia essere avvalorata dalla presenza di antiche cave marittime di marmo cipollino che si trovano tra il Cantone (sul cui fondale sabbioso giacciono tre colonne) e Spartaia, luogo di passati ritrovamenti anforici come scrisse Remigio Sabbadini nel 1919: «a Spartaia si son trovati rottami antichi, fra cui un’anfora a tre metri sotto il suolo».

 

Silvestre Ferruzzi

 

Foto di Adriano Locci

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Ultima modifica il Venerdì, 10 Ottobre 2025 10:11