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Portoferraio 1700-1702. Condanna al confino con retenzione delle porte (parte 2)

Scritto da  Marcello Camici Giovedì, 16 Ottobre 2025 10:43

Il confino dentro Portoferraio con retenzione delle porte poteva essere richiesto dal padre per il figlio allo scòpo di impedire il suo matrimonio.
Carlo Antonio Pardi nel 1700 scrive a Mario Tornaquinci, all’epoca governatore di Portoferraio, che Matteo Socci ,padre di Piero Maria, soldato nel presidio a Portoferraio, ha supplicato di ordinare che il figlio non sia lasciato uscire dalle porte. Il motivo per cui il padre vuole questa restrizione della libertà del figlio è legato al fatto che si oppone al suo matrimonio. Sua Altezza Reale vuole sapere le qualità di detto Pietro Maria e della donna che lui pensa di sposare prima di prendere decisione in merito alla richiesta fatta da Matteo Socci, padre.

 

Qui di seguito integralmente trascritta è la carta di archivio firmata da Carlo Antonio Pardi:

“Sig Sergente Generale Tornaquinci Portoferraio
Governatore
Illustrissimo Signore Mio Pronendissimo Colendissimo
Matteo Socci che tiene costà un figlio per nome Piero Maria soldato di codesto Presidio ha supplicato di voler costì ordinare che non fosse lasciato uscire per tornarsene in questa città onde Sua Altezza mi comanda di scrivere a Vostra Illustrissima che mi avvisi le qualità di detto Pietro Maria e chi sia la donna che pensa di sposare acciò possa poi prendere delle resoluzioni che al suo sommo discernimento parranno più proprie, e ratificando a Vostra Illustrissima con tal occasione il mio vero ossequio e l’acceso mio desiderio de suoi comandi devotamente La riverisco
Di Vostra Illustrissima
Di Firenze 20 agosto 1700
Devotissimo Obbligatissimo Servitore
Carlo Antonio Pardi”

((FILZA “Suppliche 1600-1730”C5. Carta numero 323 .Carteggio del governatore .Archivio preunitario del comune di Portoferraio. Archivio del governo di Portoferraio 1553-1799.Archivio storico comune di Portoferraio) - Foto di copertina

 

C’è chi, in confino dentro Portoferraio con retenzione delle porte, chiede la grazia al granduca per poter ritornare dalla madre ad aiutarla, in quanto è sola in stato miserabile. E’ questa la vicenda del soldato Camillo d’Ippolito Biotti della comunità di Empoli.
Costui, con semplice lettera dell’Auditore Fiscale, nel 1702, soldato del presidio di Portoferraio, nel 1702 è ivi confinato da dieci anni con “retenzione delle porte“. Poiché il padre è morto insieme col fratello maggiore, la madre, vecchia, è rimasta in stato miserabile sola con un figlio minore ed una sorella nubile. Supplica il granduca la grazia di concedergli la libertà di tornare a casa sua per aiutare la famiglia.

 

Anton Francesco Montauti chiede al governatore di Portoferraio di informare sulla vicenda

Qui di seguito la carta di archivio integralmente trascritta con la quale Camillo supplica il granduca.

“Altezza Reale
Camillo d’Ippolito Biotti della Comunità di Empoli umilissimo Servo e Suddito di Vostra Altezza Reale ,soldato nel Presidio di Portoferraio con ogni dovuto ossequio ( ) L’espone come sono passati dieci anni che quivi con la retenzione della porte per semplice lettera del Sig Auditore Fiscale ,portata da lui medesimo ,et havendo in oggi avviso essere passato all’altra vita il di lui Padre et un Fratello maggiore con essere restato la di lui Madre vecchia in stato miserabile con un fratello di minore età et una sorella nubile
Pertanto
Supplica la benignità di Vostra Altezza Reale che per l’amor di Dio o della Beatissima Vergine voglia farli la carità e grazia di concederli la libertà ,che possa tornare a casa sua a sovvenir la sua povera madre et aiutare detto suo minore fratello e sorella .Che di tal grazia

Il Governatore di Portoferraio informi
Anton Francesco Montauti 25 luglio 1702
Quam Deus”

(FILZA “Suppliche 1600-1730”C5. Carta senza numero di pagina .Carteggio del governatore .Archivio preunitario del comune di Portoferraio. Archivio del governo di Portoferraio 1553-1799. Archivio storico comune di Portoferraio)

 

Supplica al granduca di Camillo d’Ippolito Biotti 2

 

Basta anche una lettera per essere confinati. E’ il caso dell’armeno Giò Saftari di Livorno inviato nel 1709 al confino a Portoferraio in quanto non buon cattolico che ha in mente di macchinare idee non buone. Per questo va diligentemente osservato, impedito di scrivere lettere. A Portoferraio arriva con semplice lettera di Anton Francesco Montauti scritta al governatore.

 

“Al barone Del Nero Governatore Portoferraio
Ill.mo Signore Mio Pronendissimo Colendissimo

Renderà questa mia un tal Gio Saftari Armeno di Livorno, che tenendo una vita da poco buon cattolico viene però mandato dai parenti on codesto luogo per castigo. Vuole tanto Sua Altezza Reale che non solamente Ella non gli permetta l’uscire dalla Piazza ma che lo faccia diligentemente osservare perché non prenda la fuga dalla medesima, il che sarebbe di un sommo pregiudizio attesa la poco buona intenzione che ha, e le () idee che macchina. Lo faccia dunque diligentemente osservare perché è facile che egli pensi di sfogare la sua mala volontà con scrivere al suo paese ,sarebbe bene il vigilare ancora per quanto si può ad impedirgli il commercio delle lettere. Quanto al di lui assegnamento gli sarà somministrato il bisognevole dai propri suoi parenti. Et pieno del mo solito ossequi
Di V S Ill.ma
Di Firenze 30 gennaio 1709
Devotissimo Obbligatissimo Servitore
Anton Francesco Montauti“

(FILZA “Lettere sino all’anno 1709 dello illustrissimo Sig Barone Alessandro del Nero” C 9 .Carta n 395. Carteggio del governatore. Archivio storico comune Portoferraio)


Lettera al governatore di Portoferraio per il confino dell’armeno Gio Saftari 3

 

Le tre carte di archivio sopra riportate e trascritte documentano e dimostrano come il confino dentro Portoferraio con retenzione delle porte è strumento di punizione usato nel settecento.
Nel Settecento, il confino era una pena restrittiva della libertà personale, che consisteva nell'obbligo di risiedere in un luogo specifico, lontano dalla propria residenza abituale. Questa misura veniva applicata a persone considerate "pericolose" per l'ordine pubblico o per motivi politici, spesso senza un regolare processo bastando talvolta anche una semplice lettera dell’Auditore fiscale (Giudice) o di una autorità superiore come il governatore.
Il confino nel Settecento era una forma di esilio interno, dove la persona era costretta a vivere in un luogo diverso, spesso isolato, per un periodo determinato o a tempo indeterminato, spesso a beneplacito dell’autorità comminante il confino. A differenza dell'esilio esterno, che comportava l'allontanamento dal luogo di residenza ma fuori dal territorio nazionale, il confino allontanava dal luogo di residenza ma manteneva la persona confinata dentro il territorio nazionale , in una località specifica, lontana dalla sua comunità di origine. 

 

Caratteristiche principali della pena di confino nel Settecento sono:

A) Restrizione della libertà: Il confinato non era libero di muoversi o vivere come desiderava, ma era confinato in un luogo specifico, spesso con limitazioni alla sua libertà di movimento. 

B) Luoghi di confino: Le località scelte per il confino erano spesso isole o zone remote, per garantire l'isolamento del condannato dalla sua cerchia sociale e politica. 

C) Mancanza di processo regolare: In molti casi, il confino veniva applicato senza un processo giudiziario, spesso su decisione di autorità amministrative o di polizia, senza che la persona avesse la possibilità di difendersi. 

D) Scòpo repressivo: Il confino era uno strumento repressivo utilizzato per allontanare e controllare individui considerati pericolosi o sovversivi, privandoli della loro libertà e della loro influenza sulla società. Ma anche per altri motivi come quella di un padre che non vuol far sposare il figlio.

E) Conseguenze per i confinati: I confinati spesso subivano conseguenze negative, come l'allontanamento dalla famiglia, la perdita del lavoro, l'isolamento sociale e la difficoltà a reinserirsi nella vita civile al termine del confino.

 

Il confino non comportava la perdita della cittadinanza che invece l’esilio comportava.
Il Codice Leopoldino, promulgato in Toscana nel 1786, pur segnando un importante passo avanti nell'abolizione della pena di morte, non contemplava il confino come pena specifica. 

 

In sintesi, il confino nel Settecento fu una misura repressiva che limitava la libertà personale e aveva lo scopo di controllare e isolare individui considerati pericolosi, spesso senza un regolare processo.

 

La terra di Portoferraio era tra le preferite ove spedire persone al confino.

 

Marcello Camici

 

Foto di copertina - 1700. Carlo Antonio Pardi scrive al governatore di Portoferraio Tornaquinci di ordinare di non far uscire dalle porte il soldato Piero Maria Socci perché così vuole il padre Matteo.

Foto 2 - 1702.Supplica al granduca di Camillo d’Ippolito Biotti della comunità di Empoli confinato a Portoferraio da dieci anni di poter essere graziato dal confino con ritenzione delle porte per poter andare ad aiutare la madre rimasta sola.

Foto 3 - 1709. Lettera al governatore di Portoferraio per il confino dell’armeno Gio Saftari

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Ultima modifica il Giovedì, 16 Ottobre 2025 10:55