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Isola d’Elba 1557. Diserzione e disertori, il contesto geopolitico e la questione dei confini (parte 1)

Scritto da  Marcello Camici Giovedì, 13 Novembre 2025 11:33

La diserzione è vicenda che costituisce importante capitolo della storia di Portoferraio.
E’ vicenda poco conosciuta.
Nei secoli passati, l’Italia era suddivisa in tanti stati. Per il passaggio da uno stato all’altro sia via mare che via terra non esisteva una "patente" (passaporto) nel senso moderno del termine. Tuttavia, i viaggiatori che desideravano spostarsi via terra tra diverse entità politiche (città-stato, ducati, regni, principati ecc.) potevano farlo ottenendo specifici documenti e permessi, spesso chiamati "lettere di viaggio" o "salvacondotti". Una “patente di sanità” è pure importante per lo sconfinamento attestando lo stato di salute del viaggiatore.

 

Questi documenti attestavano l'identità del viaggiatore, la sua provenienza e la sua destinazione, e fornivano una sorta di autorizzazione a transitare attraverso i territori sottoposti ad autorità differenti con giurisdizione differente. Questi documenti potevano essere rilasciati al viaggiatore signori feudali, da autorità locali come i compartimenti di sanità a seconda del contesto specifico. Questo interessante argomento, cioè lo spostamento legale di sudditi attraverso i confini degli antichi stati italiani, Aldo Giuseppe di Bari lo studia analizzando il transito tra vari stati per motivi di lavoro di maestranze nei secoli XIV-XV.
Ma esisteva anche spostamento illegale attraverso i confini degli antichi stati italiani, quello di soggetti che sconfinano senza permessi.

 

All’Elba la diserzione è una delle cause del passaggio illegale di confine: diserta il soldato del presidio, diserta lo schiavo forzato alla catena del remo sulla galera, disertano le “bonevoglie” marinai che spinti dalla miseria si arruolano a svolgere il duro lavoro al remo sulla galera.

 

La diserzione, cioè la fuga, l’abbandono di un soldato dal proprio esercito, è vicenda che avviene sovente quando l’Italia, come sopra accennato, è divisa in tanti stati. Il soldato diventa disertore per vari motivi. L’atto di diserzione si accompagna sovente con lo sconfinamento illegale del disertore. Il passaggio illegale del confine lo sottrae ai rigori della giurisdizione militare cui è sottoposto.
A Portoferraio arriva sconfinando quel disertore che abbandona il principato di Piombino o lo stato dei Presìdi. Arrivato nel territorio ferraiese, per sottrarsi alla cattura e alla pena conseguente all’atto di diserzione, si rifugia spesso dentro una chiesa nella quale, il governo civile e militare non avendo giurisdizione, non può essere catturato per la immunità che gli conferisce il sacro luogo. Qui, dentro la chiesa, è in attesa di imbarcarsi e lasciare l’isola.

 

Le chiese di San Rocco e dell’Annunziata collocate vicino ad approdi di mare sono luoghi scelti dal disertore come rifugio temporaneo in attesa di un imbarco per la terraferma. Le due chiese diventano rifugio per il disertore durante la fuga per queste caratteristiche: sono extraurbane cioè fuori dalle mura e da esse, essendo collocate vicino al mare, si può arrivare senza essere catturati ad imbarcarsi per la terraferma.
Questa loro collocazione con le caratteristiche sopra accennate è ben visibile in una vecchia stampa del 1697. (Foto di copertina)

 

Giuseppe Ninci descrive il fatto con queste poche parole ma significative “…Il divin tempio liberava in quelle età dalla pena annessa alla diserzione chi in esso ricoveravasi: che perciò i militari spagnoli di presidio in Longone non pervenendo a sortire dall’isola disertando ,si ritiravano in una delle due sopra mentovate cappelle per essere esenti dal procuratosi castigo”.
Le sopra mentovate cappelle Sono San Rocco e Annunziata.

(Cfr. pg 35 di “ Notizie compendiate delle chiese, oratori, cappelle di Portoferraio raccolte e registrate da Giuseppe Ninci l’anno 1834 e passatone copia alla chiesa del Corpus Domini di detta città nel 1835” Manoscritto. Copia conservata nella biblioteca comunale d Portoferraio)

 

Tutto questo accade perché Il trattato di Londra del 1557 ha disegnato per l’Elba, per l’arcipelago toscano e per la costa tirrenica prospiciente una nuova cartina geopolitica.
Sono nati tre stati con propri confini , con propria giurisdizione, con propria forza armata. Il territorio dell’isola viene diviso in tre con territori appartenenti e allo stato dei Presìdi e al principato Mediceo e al principato di Piombino.
Bisogna arrivare al 1814 quando con Napoleone in esilio tutto il territorio è unito nel principato dell’Elba.



Il trattato di Londra del 29 maggio 1557 stipulato tra Filippo II, re Spagna, e Jacopo VI Appiani, principe di Piombino, stabilisce “..al duca Cosimo resti Portoferraio, porto nella detta isola, con i castelli ed edifizi che ci tien fatti e gli altri che ci vorrà fare in due miglia intorno di territorio al detto Portoferraio …inoltre vogliamo che il Re i Spagna e i suoi successori abbiano la facoltà di fortificazioni…”

 

Al duca Cosimo resta Portoferraio perché Cosimo ha potuto fortificare nel 1548 Cosmopoli, città fortezza, su territorio appartenente al principato piombinese in quanto avutane custodia temporanea da Carlo V, tra le veementi proteste della principessa di Piombino che ha in possesso tutta l’Elba.
Questo avviene dopo che l’imperatore spagnolo ha ricevuto dal duca fiorentino ingente somma di denaro.
Già prima del 1548 Cosimo ha fatto pressioni su Carlo V perché inducesse gli Appiani a fortificare Piombino e l’Elba chiedendo anche di ottenere il principato di Piombino e dell’Elba per procedere lui alla fortificazione, ma senza alcun risultato.
Nel 1546 Carlo V dovendo sedare la rivolta dei protestanti tedeschi ha bisogno urgente di denaro che chiede a Cosimo il quale coglie l’occasione per pretendere il principato degli Appiani. E così avviene che nel 1548 Carlo V pone “nelle mani e sotto l’amministrazione“ di Cosimo I de’ Medici, allora duca di Firenze, il principato di Piombino che si estende sull’intera isola d’Elba. Una sorta di permesso di concessione e custodia col quale Cosimo sbarca all’Elba nel 1548. Lo mantiene, tale stato di concessione e custodia, per nove anni, fino a quando il 3 luglio 1557 a Firenze (trattato di Firenze) Cosimo ottiene dal re di Spagna l’investitura feudale come signore di Siena e Portoferraio.

 

Con lo stesso trattato viene restituita dall’imperatore l’isola d’Elba a Jacopo VI Appiani “Nell’anno 1558 si degnè l’impertaore Carlo V restituire a Jacopo sesto lo stato di Piombino, che per la tenerezza degli anni gli era stato levato conforme quanto s’è detto e dato in educazione alla Real famigli de’ Medici come l’amministrazione dello stato di Piombino; e per le spese fatte dal Duca Cosimo in fortificarlo gli fu assegnato Portoferraio come sopra s’è detto ma con un termine di due miglia da ogni parte”.

(Cfr pg 73 di “Zibaldone di Memorie “ Vincenzo Coresi del Bruno. Manoscritto 1729.dattiloscritto conservato nella biblioteca comunale di Portoferraio copia dell’originale consrvato nella biblioteca marucelliana di Firenze)

 

Con la infeudazione Cosimo diviene “serenissimo padrone e signore“ di Portoferraio, ma svanisce per lui la possibilità di domino e possesso sulla intera isola e fa nascere col il principato di Piombino e il nuovo stato dei Presidi la questione dei termini confinari sul terreno.
Trattative si instaurano per la posizione dei termini dei confini tra Cosimo e Giacomo VI Appiani dove il re di Spagna interviene per lo stato dei presidi facendo da mediazione.

 

Nel 1557 è commissario e governatore di Portoferraio Domenico di Jacopo Attavanti, nominato da Cosimo alla fine del 1556. Il duca, due mesi dopo la stipula del trattato, nel luglio del 1557, invia una lettera a detto governatore dicendo che viene a Portoferraio Francesco Vinta suo uomo di fiducia facente parte della Pratica Segreta, cancelliere ed ufficiale delle riformagioni, insieme con Don Bernardo di Bolea, rappresentante del re di Spagna ministro della corona d’Aragona. A costui, il Vinta, ha l’incarico di dare il possesso dell’isola e “a mettere li termini”.
Collocati ad una certa distanza l’uno dall’altro, i “termini “sono i segnacoli che indicano il confine.
L’operazione riguarda ed è quella di tracciare i confini.
Fabrizio Fiaschi approfondisce la questione del tracciamento dei confini dopo il trattato di Londra.

(Cfr pg 13-20 di “I Confini di Cosmopoli.Storie e percorsi intorno a Portoferraio,isola d’Elba”CD&V Editore Firenze 2019)

 

Vi è una lunga contrattazione nella commissione che si è istaurata per il tracciamento del confine. La commissione è costituita da Piero Niccolò Machiavelli, commissario delle galere (incaricato dal Vinta per il principato mediceo), da Benedetto Olviero di Trento per il principato di Piombino (incaricato da Gerolamo Appiani), da Juan Antonio de Anchora (incaricato da don Bernardo di Bolea per il regno di Spagna) che deve raccogliere le istanze di entrambe le parti: signore di Piombino e granduca di Toscana.

 

Ciascun rappresentante ritiene che la misurazione della linea di confine delle due miglia di terra intorno a Portoferraio, scritte nell’accordo, dovesse partire da un punto che è diverso. Il delegato spagnolo consegna a don Bernardo di Bolea una mappa nell’anno 1557 con tre linee di confine di cui una misurata secondo le indicazioni di Piombino degli Appiani, un’altra secondo le indicazioni di Firenze: la linea mediana è soluzione intermedia proposta dal delegato spagnolo.
Per la linea di confine a mare le cose sono semplificate :è il tiro del cannone a delinearla.

 

Disegno di Portoferraio con le tre linee di confine 2

 

Su queste trattative degli antichi confini di Portoferraio, Cristiana Rospigliosi scrive: ”Le trattative finalmente avviate da Cosimo, nel 1574 portano al contratto definitivo, firmato nel gennaio dello stesso anno, ma il 24 di maggio del 1575 ancora ci si rammarica che non siano stati eseguiti gli ordini dati precedentemente riguardo ai confini. La tanto attesa ‘piantatura’ dei termini avviene in due tempi per questioni sorte tra gli emissari di Firenze e di Piombino. Inizialmente vengono messi il primo, secondo, terzo, quarto ottavo e nono termine e ci si preoccupa di misurare il terreno con l’archipenzolo perché è più conveniente e cadrà il termine dove vuole perché al restante la bontà di Sua Altezza Reale porrà rimedio lei”.

(Cfr pg 21 di “Gli antichi confini di Portoferraio negli archivi storici di Portoferraio e di Firenze”, Cristiana Rospigliosi . “Lo Scoglio. L’Elba ,ieri,oggi,domani” n. 55 anno 1999)

 

Dopo il contratto definitivo del gennaio 1574 cippi di pietra sono posti a delimitare il confine tra il principato di Piombino e il territorio di Portoferraio e il territorio dello stato dei Presidi.

 

I confini nel corso del tempo sono stati più volte sottoposti a revisione come attestano vari documenti di archivio sia perché i termini non si ritrovano più sia perché qualcuno è stato demolito. Sono stati oggetto di discussione tra i governi dell’isola.

 

Nel 1737, in carta di archivio dallo scrivente ritrovata, Carlo Rinuccini, dalla segreteria di guerra in Firenze, scrive al governatore di Portoferraio Vincenzo Coresi del Bruno sulla pendenza della questione col governo di Longone relativa al quinto termine del Felciaio.

“Al Sig. Maestro di Campo Coresi del Bruno
Gov.re di Portoferraio

Ho ricevuto l relazione ultimamente trasmessami da VS Ill.ma dell’accesso di stato per il ritrovamento del Quinto Termine del Monte Felciaio stato demolito e quantunque dalla medesima si ricavi che non possa contravvertirsi di verificarsi tutti i contrassegni nell’instrumento del 1575 in quel luogo, ove si pretende che fosse il 5° Termine demolito, nondimeno pretendendosi da quei di Capoliveri che il detto termine debba esser altrove supposto che non possa riuscire di far loro conoscere l’equivoco e rimettere il detto termine al suo luogo amichevolmente prego VS Ill.ma a compiacersi di significarmi quale comparto possa esservi per venirne a capo, e por termine a questa pendenza avendo fatto in questo stato benissimo a rispondere al Sig. Gove.re di Longone che per la mancanza del suddetto termine del Felciaio non poteva ella deputare persona alcuna a riconoscere i confini…

Devotissimo Obbligatissmo Servitore
Carlo Rinuccini”

(FILZA “Lettere di ministri di stato e di guerra .1690-1746” Già C6.catalogo pg 124.Carta senza numero di pagina.Carteggio del governatore,Archivio della comunità di Portoferraio 1554-1800.Archivio storico comune Portoferraio)

 

La questione del confine è partecipata dalla massima autorità civile e militare che a quell’epoca è il governatore Vincenzo Coresi del Bruno. Ad essa dedica un intero capitolo nel suo manoscritto col titolo “Distanze che sono da un termine all’altro fra i termini giurisdizionali del territorio di S.A.R. nell’isola dell’Elba con il territorio dei Castelli o terre della Signora Principessa di Piombino”

(Cfr pg 101-102 di “Zibaldone di memorie” Vincenzo Coresi del Bruno. Manoscritto 1729.Dattiloscritto conservato nella biblioteca comunale di Portoferraio copia dell’originale conservato nella biblioteca marucelliana di Firenze)

 

Alla fine del settecento una mappa fissa in modo chiaro termini del confine di giurisdizione di Portoferraio.

 

Pianta della giurisdizione di Portoferraio 1784 3

 

Nel cinquecento, tracciati i confini di tre stati, un solo presidio armato è ubicato permanentemente presente sull’isola: si trova nella città Fortezza di Portoferraio che appartiene al principato Mediceo con poche miglia di terra intorno. Nel restante territorio dell’isola e dell’arcipelago torri, castelli, rocche sono possesso del principato di Piombino e allo stato dei Presìdi con a guardia del territorio piccole guarnigioni di soldati.

 

In Portoferraio è invece presente un grosso presidio militare armato fino ai denti.

 

Lo conferma carta di archivio del 1561 dove, Baldinaccio Martellini che nel 1559 è commissario del duca Cosimo, redige una nota delle palle da fuoco presenti a Portoferraio dal titolo “Nota delle Palle Segnate alla terra di Porto Ferraio et dispensate nelle dua Fortezze et prima”.

 

Luglio 1561 .Baldinaccio Martellini 4

 

Le due fortezze armate di tutto punto sono il Falcone e la Stella. La carta di archivio riporta il numero di palle da fuoco presenti in ciascuna delle due fortezze descrivendo anche l’uso che ne viene fatto in rapporto al pezzo di arma da fuoco per cui sono adoperate. Impressionante il numero di questi pezzi di arma fuoco presenti e piazzati al Falcone e alla Stella.

 

Pochi anni dopo, nei primi anni del seicento, avvalendosi del trattato di Londra del 1557 che consente ai successori di Filippo II re di Spagna di poter edificare, gli spagnoli, per controbilanciare la presenza armata granducale toscana e potenziare il sistema difensivo costiero dello stato dei presidi edificano il forte Longone e Focardo dove insediano un presidio armato ivi permanente.

 

E’ soprattutto da allora, dal seicento, che tra questi due presidi armati della “real città Portoferraio“ e della “real piazza di Longone”, avvengono episodi di diserzione tra i militari.

 

Marcello Camici

 

Foto di copertina - 1697 – Anonimo. Veduta del fronte di terra di Portoferraio. Matita nera, penna e inchiostro acquerello policromo. Biblioteca Moreniana Firenze Fondo Bigazzi.

Foto 2 - Disegno di Portoferraio con le tre linee di confine. Archivio generale di Simancas. Spagna.

Foto 3 - “Pianta della giurisdizione di Portoferraio 1784” G- Benassi, Archivio Boncompagni Ludovisi. Archivio Segreto Vaticano.

Foto 4 - Luglio 156. Baldinaccio Martellini. Nota delle munizioni distribuite alle fortezze di Portoferraio. Mediceo del Principato F. 489, c. 100. Archivio di stato di Firenze.

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Ultima modifica il Giovedì, 13 Novembre 2025 12:06

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