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I 7 fiammiferi e mezzo di Bruciacapanne

Scritto da  Umberto Mazzantini Sabato, 08 Ottobre 2022 12:31

Bruciacapanne è un mito, quasi una fiaba, di quando eravamo bimbetti, un Priapo marinese ottocentesco che visse fino ai primi decenni del ‘900, rimasto a lungo leggendario a La Marina per le dimensioni della sua appendice maschile. Dimensioni che tanto ci preoccupavano in un’epoca in cui i maschi per queste cose sono davvero scemi, tanto da restarci un po’ scemi anche quando i misteri del sesso vengono svelati e escono dal racconto infantile.
Era un mito, oggi dimenticato, dal quale le bimbe erano totalmente escluse e del quale gli uomini e le donne parlavano ridacchiando fra loro. In un’epoca in cui parlare di organi genitali in pubblico, anche solo per citarli in un’esclamazione, era tabù. Io non ho mai sentito dire al mi’ babbo Veleno la parola “cazzo” che ora si usa come interlocuzione ed esclamazione o domanda.
Si diceva: “Ce l’ha grosso come Bruciacapanne”, oppure, a uno che si faceva un po’ troppe seghe: “Guarda che ti viene come quello di Bruciacapanne”. La misura dell’attrezzo aveva oltrepassato le generazioni e ci era nota, visto che qualcuno, forse lo stesso Bruciacapanne o qualche sua sbalordita amante, si era preso l’incombenza di misurare l’appendice: 7 fiammiferi e mezzo. E i fiammiferi erano quelli di legno con la capocchia rossa, gli svedesi, quelli nella scatola grossa che si usavano per accendere stufe e camini, non i piccoli cerini nella piccola scatola che gli uomini usavano per accendere le sigarette.
Siccome a noi i fiammiferi in tasca non mancavano mai - ci fosse stato da accendere qualche miccetta o dar fuoco a qualcosa - un giorno, usciti da scuola dove avevamo dibattuto con fervore dell’argomento a ricreazione, mettemmo in fila per terra sotto gli ippocastani 7 fiammiferi svedesi e ne aggiungemmo in cima uno spezzato esattamente a metà e poi lo misurammo con un righello di legno: l’appendice di Bruciacapanne non era mezzo metro o addirittura un metro, come favoleggiavamo nelle nostre fiabesche ricostruzioni infantili, ma raggiungeva la notevole misura di 33 centimetri. Rimanemmo un po’ delusi, ma comunque sbalorditi di avere di fronte a noi, allineata a terra, l’evidente verità sul portentoso fallo di Bruciacapanne. Ci sentivamo come degli scienziati, degli scopritori di un mistero. Non dico da Premio Nobel per la fisica come Augusto l’atomico, che lanciò un missile con a bordo delle formiche destinato a raggiungere la luna e che invece si schiantò sul vicino Chiuccolo sterminando un pollaio, ma quasi. Se avessimo saputo di cosa si trattava, avremmo chiesto. seduta stante, una laurea ad honoris causa in andrologia.
Poi, passata la pubertà, arrivata la giovinezza e risolto qualche mistero sul nostro corpo e su quello delle ragazze, Bruciacapanne sparì quasi dai nostri pensieri, anche se ogni tanto, guardando le nostre appendici normali quei 7 fiammiferi e mezzo messi in fila ci tornavano in mente perché avevamo capito l’ingombro e la difficoltà di “gestire” qualcosa del genere.
E come Bruciacapanne gestiva i suoi 7 fiammiferi e mezzo, me lo raccontò Remo Adriani nel 1980, dopo una battuta fatta da Cesarino Baroni sull’argomento mentre erano seduti sul panchino accanto al distributore a chiacchierare di barche e donne. Io allora facevo il benzinaio per Remo.
Remo, che aveva conosciuto Bruciacapanne quando era già anziano, raccontò una fiaba marinese che sembrava uscita da una novella del Boccaccio.
La storia è questa: Bruciacapanne – che io mi immaginavo alto e grosso per sostenere i suoi 7 fiammiferi e mezzo – stava al Comune Vecchio (quello vero, il grande palazzo grigio allo sbocco di Via Roma e che guarda la provinciale per Procchio e via Dussol) o in una delle case e stanze accanto. Bruciacapanne si era accasata con due sorelle, entrambe piccole e gobbe, che si spartivano tanta abbondanza. Ma una alla volta, per pudore cristiano.
Bruciacapanne aveva fatto un buco nel muro che divideva la camera dalla cucina, un foro praticato con mazzuolo e subbia all’altezza giusta per permettergli, mentre faceva l’amore con una delle due sorelle, di controllare cosa facesse l’atra sorella in cucina. Per gelosia, non fidandosi evidentemente della fedeltà delle due gobbette che se lo dividevano.
A dimostrazione che, nonostante quel che credevamo noi, le misure forse contano, ma non rassicurano nemmeno chi dispone di 7 fiammiferi e mezzo.

 

Umberto Mazzantini

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Ultima modifica il Sabato, 08 Ottobre 2022 12:36