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La paella di Natale di Lampo e Veleno

Scritto da  Umberto Mazzantini Sabato, 24 Dicembre 2022 12:05

Quell’anno faceva così freddo che la mì’ mamma Jole e la mi’ zia Luigina, visto che noi la legna non la potevamo comprare e il camino l’aveva consumata tutta, ci buttarono dentro una carrozzina di quelle che usavano prima, di vimini, grossa e rotonda quasi quanto una di garitta militare. Era probabilmente la carrozzina che la mi’ mamma aveva usato per tutti noi e che venne buttata sulla brace sia per decretare una fine che per esorcizzare l’arrivo di un altro figliolo, che arrivò puntualmente pochi anni dopo e non trovò il carrozzino gigante ad aspettarlo. Il carrozzino, tirato fuori da un caotico sottoscala che occupava insieme a qualche topo, bruciò nel camino con un’unica caldissima vampata eccezionale che sfrigolò nella cappa facendo scendere una cascata di scintille ardenti di fuliggine e liquefacendo come cera le “trine” di plastica di un colore improbabile, tra il tortora e il verdolino, che ornavano all’esterno il cornicione della cappa. Un disastro che sarebbe potuto finire anche peggio ma che venne accolto dalle due sorelle incendiarie prima con urla terrorizzate e poi come una specie di liberazione, ma non dal freddo, che restò glaciale.
Il giorno dopo, approfittando della Vigilia di Natale che teneva la gente in casa al calduccio o nei bar, ci armammo di pennato e andammo a rubare legna a Siccione. Buttammo giù un paio di giovani lecci, li spiumammo di rami e fogliame e ce li caricammo sulle spalle, lunghi e fini com’erano, come pertiche, ripercorrendo in discesa la strada che ancora portava a vigne e pollai visitati dalle martore (i cinghiali all’Elba non c’erano ancora) e che costeggia ancora lo stagnetto ora secco dove andavamo a catturare le verdi raganelle e dove spesso trovavamo un frustone sibilante.
Il mi’ babbo Veleno fece a pezzi quegli alberi ancora freschi per scaldare il Natale speciale che ci aspettava: per la prima volta lui e il mi’ zio Lampo avrebbero preparato il pranzo Natalizio e sarebbe stata una sorpresa, un piatto speciale che avevano imparato a fare da un catalano di Barcellona, incontrato chissà dove e chissà quando.
La mattina di Natale il mi’ zio Lampo si presentò a casa nostra con borse e fagotti e ci misero tutti alla porta e noi, come profughi natalizi, ce ne andammo al Buco, dove stavano i mii zii, per ripararci dal freddo. In realtà noi a casa di Lampo e Marina ci stemmo poco perché le miccette che sfrigolavano per le strade e i botti fatti con il potassio e lo zucchero, ci attiravano come calamite, ma prima di uscire sentimmo Marina che, con la sua eterna sigaretta in bocca, mentre preparava il pastone di pesci e pane per i suoi cento gatti, dire a Jole: "Quei due, conoscendoli, ci faranno passare un brutto Natale. Ci faranno mangiare una roba peggio di questo pastone".
A noi la novità non dispiaceva, visto che, come quasi tutti i marinesi – poveri e ricchi – a Natale si mettevano le zampe sotto il tavolino a mezzogiorno e ci si alzava alle 9 di sera, dopo una mangiata pantagruelica – per noi l’unica dell’anno – fatta di lasagne, carciofi e gobbi fritti, carne, patate e ogni ben di Dio, panforte e cavallucci.
Verso le 11 e mezzo ritornammo quindi a Risecco fiduciosi quanto erano diffidenti Jole e Marina e ci accorgemmo subito che qualcosa non funzionava: nonostante il freddo la finestra di casa nostra era spalancata e per tutto il quartiere fin sotto la volta che trapassa le case e la chiesa di San Francesco c’era come uno strano odore di uova e zolfo.
Quando cercammo di entrare la porta di casa nostra era serrata da dentro col chiavistello e Veleno e Lampo ci dissero di aspettare che non erano ancora pronti. Ma Marina era già arrabbiata per l’odore che filtrava da quella porta sbeccata e piena di spifferi e Jole intimava a Veleno di non lasciare i su’ figlioli al freddo. Quando, convinti dall’insistenza delle due mogli, i due fratelli Mazzantini aprirono la porta, fummo investiti da una zaffata nauseabonda, un odore indescrivibile che non ho più sentito.
Il piatto speciale che dovevano preparare per Natale Lampo e Veleno era la Paella, ma o il catalano gli aveva dato la ricetta da briaco o erano briachi loro quando gliela dette. La cosa più probabile è che fossero briachi tutti e tre. Insomma, per fare la Paella, Lampo e Veleno avevano preso un pentolone, ci avevano messo dentro il riso e tutto quel che avevano comprato, compreso bietola, coniglio, spezzatino, pesci e crostacei assortiti e avevano acceso la fiamma. Il miscuglio a fuoco lento aveva prodotto una qualche reazione chimica e loro si erano ritrovati tra le mani un abominevole pranzo di Natale che non avrebbe mangiato nemmeno Satana all’inferno.
Marina non entrò nemmeno in casa e girò il culo per tornarsene dai suoi gatti, arrabbista come una codersola, Jole spalancò porte e finestre per bonificare l’aria da quel pranzo nauseabondo, i due cuochi se ne andarono al bar a smaltire la vergogna con una sbornia che avevano già principiato mentre cuocevano l’immonda paella.
Noi mangiammo con quel poco che c’era e la sera panforte e cavallucci zuppati nel latte. Ma fu un Natale bellissimo, visto che me lo ricordo ancora.

 

Umberto Mazzantini

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Ultima modifica il Sabato, 24 Dicembre 2022 12:07

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