Risicone era stato soprannominato così chiamato così per la sua passione per le scommesse.
Scommetteva su ogni cosa possibile e immaginabile ed era sempre in prima fila quando apriva il Banco Lotto, un ambo o un terno l’azzeccava sempre.
Un giorno, a una lotteria promossa da Tonino di Grattasassi, vinse un ombrello. Un parapioggia nero, con le stecche di ferro e il manico ricurvo d’osso. Da quel giorno, però, la vita di Risicone cambiò, e non si sa il perché.
L’ombrello ebbe un posto d’onore in salotto, nessuno lo poteva toccare perché lo avrebbe macchiato, insomma lo avrebbe sporcato.
Quando Risicone parlava del suo parapioggia lo nominava semplicemente “Lui”.
Risicone, però, di “Lui” lo affascinava in modo particolare il manico in osso ricurvo di cui non perdeva occasione per declamarne le doti.
Di questo pregio ne parlò inizialmente con familiari, poi coinvolse gli amici, poi gli conoscenti, poi anche gli sconosciuti e infine sia di giorno sia di notte urlava quei meriti lungo le strade del paese, ma lo strillava così forte che era sentito nelle case anche con le finestre chiuse.
Insomma, quell'uomo turbava la tranquillità notturna dei cittadini, divenne una situazione davvero insostenibile.
Ma quelli erano tempi il cui la stessa democrazia non andava molto di moda, figuriamoci la psichiatria democratica.
E gli atteggiamenti squilibrati di Risicone furono notati dell’Ufficiale sanitario che ne parlò con il Podestà piaggese, questo si consultò con il segretario del Fascio e con il Maresciallo dei carabinieri, e le autorità giunsero a una conclusione: “Risicone, si è fissato con un manico d’ombrello, scomoda i paesani ed è pericoloso per se e per gli altri, pertanto bisogna allontanarlo dal paese!”.
E così il poveretto, per "interesse pubblico", fu ricoverato nel manicomio di Volterra dove, solo a causa della sua ombrellifera idolatria morì in solitudine pochi anni dopo».
Lorenzo M.