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I ricordi di Santa Fine dei “ragazzi di Portoferraio”

Scritto da  Alberto Zei Mercoledì, 21 Maggio 2025 09:31

Ricevo con piacere l’invito del professor Camici ad approfondire l’argomento di Santa Fine che è la più portoferraiese delle fortezze tra le fortezze in quanto è l’emblema che completa a levante, l’incastonatura nella costa della spiaggia delle Ghiaie. Sarebbe però auspicabile che anche altri, abitando stabilmente a Portoferraio fornissero preziosi riferimenti al Professore che praticamente da solo, sta preziosamente ricostruendo la storia dimenticata da Cosmopoli a Portoferraio.

 

La punta del “coraggio” In merito alla garitta sulla estrema punta del terrapieno della fortezza, è vero che il degrado sta minacciando la stabilità della piattaforma, basti osservare le cavità tra i mattoni per avere la certezza che l’erosione prima o poi si concretizzerà con il crollo dell’intera struttura. Quella punta nel passato è sempre stata per i ragazzi dell’epoca l’emblema del “coraggio“ in quanto dopo gli opportuni allenamenti di tuffi dalla sommità del lato più basso delle mura a nord (davanti allo Scoglietto), vi era anche la prova abbastanza ardua del lancio in mare spettacolare da sopra la garitta.
A quei tempi, nella seconda metà del secolo, scorso quella estrema sporgenza assunse quasi un’aura mitica. E fu proprio lì che nacque l’idea folle quanto temeraria, di mettere in atto una estrema sceneggiata.

 

Il piano – Ecco cosa. Si trattava di una disputa tra due persone là sopra, una lite furiosa che alla fine sarebbe giunta al folle gesto. Uno dei due avrebbe spinto l’altro giù dalla garitta, tra le rocce sottostanti, proprio verso le Ghiaie.
Prima che questo avvenisse altri amici tra la folla che a quell’ora della sera, durante la tradizionale passeggiata dello “ struscio” lungo il viale, avrebbero additato la lite che stava avvenendo sulla sommità della fortezza, tanto da far mettere alla gente le mani nei capelli per il pericolo mortale di quella disputa. Passando dalla narrazione di ciò che sarebbe avvenuto, a quanto puntualmente avvenne, arriviamo al terribile momento dello spettacolo.

 

A fatto compiuto - Alla fine della sceneggiata della lotta durata poco più di qualche lunghissimo un minuto, l’uno dette una forte spinta all’altro facendolo cadere tra le rocce della parte delle Ghiaie. A quel punto fu la tragedia e raccapriccio. La gente correva verso il Gronchetto dove era precipitata la vittima di quel litigio. Chi prima, chi dopo, chiedendo che cosa era avvenuto, tutti coloro che si trovavano sul viale erano attoniti ma anche allarmati della sciagura che si stava consolidando.
Una considerazione al presente è, che se questo fosse stato anche solo ipotizzato ai tempi attuali, già l’idea di una cosa di questo genere sarebbe stata oggetto di immediata censura. Figuriamoci poi nell’attuazione che cosa sarebbe mai avvenuto. Ma quei tempi la tolleranza era molto ampia, almeno fino al fatto compiuto.
In effetti, colui che era stato spinto sulle rocce aveva ben calcolato insieme all’altro presunto avversario, come quando e in quale direzione avrebbe ricevuto la spinta per precipitare sopra la scogliera senza ovviamente impattare su questa. Ma in che modo? Incastrandosi, si fa per dire, nello spessore di acqua abbastanza stretto ma sufficientemente profondo, tra l’una e l’altra sporgenza della scogliera a coda di rondine. Infatti le asperità rocciose del Gronchetto sembrano compatte alla vista soltanto dal viale delle Ghiaie.

 

La fuga - Questi, una volta arrivato in mare poteva affiorare senza essere visto perché coperto dall’altro scoglio; poi respirare e prendere fiato senza problemi per proseguire sott’acqua aggirando la punta di Santafine fino ad emergere nell’altro lato della fortezza; anche qui, senza essere osservato dal viale delle Ghiaie. E poi? Dopo arrivato a nuoto sotto l’ imboccatura a nord della galleria, ossia dalla parte dello Scoglietto sarebbe risalito sulla scogliera e da lì nel cunicolo fino alla base della scaletta verticale, all’interno della “ciminiera”. Poi, inerpicandosi sulla scala a pioli sarebbe uscito al centro della casermetta. E così avvenne, come indicato nel tracciato nella immagine a margine. Mentre saliva i gradini l’amico che lo aspettava affacciato sopra la ciminiera gli gridava alla portoferraiese: “Sei stato un ganzo! Sei stato proprio ganzo!”. Ma quando questi apparve alla sommità della scaletta, l’ amico che inizialmente fece per abbraccialo, si ritrasse inorridito quando notò la sua faccia piena di sangue.

 

Fino allora – Tutto era andato liscio. Sintetizzando la descrizione di quei momenti per non allungare troppo l’ articolo. Cosa era avvenuto? Durante la caduta, era subentrata l’emozione, proprio quando non dovrebbe. Infatti entrando in piedi nell’acqua da quella altezza tra i due scogli, questi aprì la bocca per lo stupore, come avviene nei momenti di estrema tensione. A causa del forte impatto in caduta verticale nel mare, il labbro superiore spinto dall’ acqua fortemente in alto, provocò un piccolo strappo sul frenulo del labbro. La ferita era lieve ma molto sanguinante. Infatti il sangue che fuoriusciva era copioso e anche di effetto. Accertata però la lievità della ferita, entrambi si misero subito in cammino. Dopo una breve salita sulla collinetta antistante verso Via Ninci , discesero all’interno del campo sportivo là a fianco e poi, fino all’ uscita davanti ai giardini delle Ghiaie.

 

Dopo la tempesta - Quando avvenne l’incontro con gli altri amici che li aspettavano impazienti già da tempo, i due avevano in mano dei pezzi di giornale. L’uno li passava all’altro per pulirsi la bocca dal il sangue che spuntava ancora dalle labbra come se avesse addentato qualcuno. Nel frattempo alle Ghiaie era avvenuto il caos. Una massa di persone tra cui molti curiosi a dire il vero, allarmatissimi davano alla vicenda una svolta drammatica, tanto che fu immediatamente deciso di informare chiunque per sdrammatizzare ogni cosa, che non era avvenuto alcun incidente. Si trattava soltanto di una anticipazione preannunciata per una prossima la sceneggiata cinematografica ma che gli stessi attori, visto il trambusto se ne erano già andati via mare con il loro motoscafo. Fu così che non trovando alcuna traccia della caduta, l’ affollamento di persone nelle ricerche diminuì terminando con immenso sollievo all’ imbrunire, prima che intervenissero le Forze dell’ ordine. Si trattò di una storia che da burla diventò angosciante soprattutto per coloro che l’avevano realizzata, se fossero stati individuati. Ma come recita un proverbio: “La fortuna premia gli audaci” e cosi fortuna ebbero quei ragazzi di averla fatta franca dalla reazione dei ricercatori che a quei tempi sarebbe stata molto, ma molto dura.

 

Rientrando in argomento. Il riferimento di eventi del passato a conferma dell’architettura della fortezza nella quale questi si svolgevano, ha fatto deviare il racconto su episodi che una volta accennati, rimarrebbero atroci se non fossero poi completati con l’effettiva realtà del nulla di fatto, anche se temeraria.
Per quanto riguarda la ricostruzione mnemonica dei vari passaggi esistenti all’interno della fortezza di Santafine, proprio il racconto rievocato mette in rilievo quanto richiesto dal Prof. Camici e cioè: l’esistenza del tratto di galleria dal fronte rivolto verso la spiaggia delle Viste; l’implicito scavalcamento della “Porta di Nettuno” in questo percorso; l’altra porzione di galleria fino alla base dove inizia il passaggio verticale; l’esistenza funzionale della scaletta all’interno della ciminiera e l’esistenza della casermetta dove terminava la risalita. Soltanto, le cose sono cambiate e questi suggestivi passaggi non esistono più, perché? Perché sono stati bloccati”.

 

Alberto Zei

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Ultima modifica il Mercoledì, 21 Maggio 2025 09:41

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