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In ricordo di Manuele Giacomelli "Grazie e Buonasera"

Scritto da  Michele Melis Sabato, 06 Dicembre 2025 09:17

Chiunque abbia vissuto uno spogliatoio lo sa: all’interno è un gurguglione, si sta tutti mischiati, sparpagliati, titolari e riserve, senatori e reclute.

Le dinamiche e le variabili sono infinite, oltre che inviolabili agli estranei, ma i posti no, quelli sono fissi, rigorosamente fissi.
E quella volta, più di vent’anni fa, qualcuno addirittura portò il pennarello indelebile per sancire ulteriormente quel “diritto di proprietà”, soltanto che accanto al nome del giocatore venne vergato, per tutti, anche il soprannome.
Ognuno aveva il suo: “Coco”, “Los”, “Zlatan”, ecc… e per chi non ce l’aveva, come nel tuo caso, si improvvisò.
“Allora? A Manu che gli si dà?”.
Germogliò fulmineamente questo: “GRAZIE e BUONASERA” che ancora oggi campeggia, in alto a sinistra (nella foto), su una panca dello spogliatoio n. 2 al Carburo, abitualmente utilizzato dalla juniores.

 

GRAZIE E BUONASERA

 

Quello slogan ti calzava a pennello, Manuele, inquadrava a meraviglia la persona che eri.
Educazione e buone maniere al di sopra di tutto e siccome, calcisticamente parlando, non avevi i piedi di Massimino - e lo sapevi - facesti di necessità virtù: correvi come un forsennato e, all’occorrenza, non disdegnavi di menare come un fabbro, ma sempre con le buone maniere.
Mai una, e dico una, entrataccia per far male e, soprattutto, ancor prima che l’arbitro fischiasse il fallo, spesso chiedevi subito scusa all’avversario di turno.
Cosa, quest’ultima, che credo ti abbia risparmiato un bel po’ di cartellini.
Dopo una vita trascorsa nell’Audace, a un certo punto decidesti di cambiare aria, destinazione Porto Azzurro, ambiente fino a quel momento semisconosciuto.
A Longone ti trovasti bene, talmente bene da portarti dietro, l’anno dopo, il capitano dell’Audace.
Non fu poi così difficile per la verità, il giocatore da persuadere era tuo fratello gemello Marco.
Il primo anno, però, eri da solo e fu surreale giocarci contro, per la prima e ultima volta, in quel derby, di cui c’è una foto che mette i brividi: non sembra nemmeno un’azione di gioco, ma piuttosto una figura perfetta di nuoto sincronizzato.
Non potevi certo sapere che a Porto Azzurro avresti vissuto una seconda vita calcistica, rimanendoci una dozzina d’anni, da giocatore prima e da allenatore (prima squadra) poi.

 

MARCO E MANUELE NUOTO SINCRONIZZATOMARCO E MANUELE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sì, anche da allenatore, perché con le tue doti, umane e calcistiche, facesti breccia in quella dirigenza che ti aveva adottato. Non è cosa da poco.
Ripagasti quella dirigenza a modo tuo: vittoria della Coppa Toscana e poi la chicca, quella cosa di cui andavi orgogliosissimo, un manifesto.
Il “Premio Disciplina” (nella foto), assegnato alla tua squadra, risultata la più corretta di tutte, non essendo mai incappata in espulsioni in ventidue partite.
Immacolata.
Pensateci bene: nessun cartellino rosso per rissa, gioco scorretto o fallo di reazione, figuriamoci per proteste o comportamento irrispettoso.
C’è un detto nello sport che vale per tutti: una squadra rispecchia il carattere dell’allenatore.
Appunto.
Il tuo manifesto.

 

Le tue condizioni di salute, andate via via peggiorando negli ultimi anni, ti hanno costretto a defilarti dalla prima linea, ma hai continuato lo stesso, fino all’ultima stilla di energia, a seguire le sorti dello sport elbano con immutata passione, lo so, anche in diretta grazie al servizio che l’infaticabile duo Stix/Alcide rende alla comunità isolana.
Delle tue sbalorditive capacità di scrittore, invece, parleremo in futuro, magari quando uscirà il terzo e ultimo libro dell’avvincente trilogia ambientata all’Elba.

 

Sai Manuele, è difficile ricordarti come meriti e allora lascio che siano le parole di qualcun altro a farlo.
Martedì della scorsa settimana, in ospedale, eravamo in sei nella tua stanza al terzo piano in fondo al corridoio, e a un certo punto Cristian Pulidori, compagno di tante battaglie, riferendosi a te che sonnecchiavi, se ne uscì con: “quante volte ha corso anche per me!”.
Lapidario.
Eh già, perché è proprio questo il punto: correvi e soccorrevi, in campo e fuori, sempre e comunque.
E poi la malattia, affrontata con una forza d’animo indescrivibile.
In un rigo, senza girarci tanto intorno: sei stato un Esempio. La maiuscola è di proposito.
Infine, l’ultimo viaggio, intrapreso in sobria tuta, la tuta U.S.P.A.

 

E allora corri Manuele, libero da ogni sofferenza, corri in moto perpetuo lassù, aggregati a quello squadrone di giocatori elbani prematuramente scomparsi… però noi sappiamo già che, sporco di fango e grondante di sudore, avvicinerai l’arbitro in punta di piedi e, mentre gli stringerai la mano, gli sussurrerai con candore due parole.
Due, esattamente due: grazie e buonasera.

 

Michele Melis

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Ultima modifica il Sabato, 06 Dicembre 2025 09:42

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