La comunità allargata di Poggio sull’isola d’Elba rappresenta un caso sociologico singolare, in cui il borgo antico, le cui origini risalgono almeno al VI secolo avanti Cristo come testimoniano i reperti etruschi conservati nei depositi del Museo Archeologico di Firenze, diventa il teatro di una trasformazione ciclica radicale.
Poggio, con i suoi circa duecento residenti anagrafici e appena una settantina di abitanti effettivi in inverno, si dilata in agosto fino a raggiungere oltre milleduecento persone. Questa oscillazione demografica può essere definita ciclotimica: il borgo si contrae e si espande come un organismo vivente, alternando la quiete dei mesi freddi, fatta di relazioni stabili e introverse, all’esplosione estiva di una socialità policentrica e densissima. Tale ciclotimia non è soltanto quantitativa, ma qualitativa.
L’estate porta con sé un intreccio di presenze eterogenee: i discendenti di famiglie emigranti e quelli che ritornano nelle seconde case acquistate dai nonni, stranieri che hanno eletto il borgo a luogo privilegiato di villeggiatura, americani, australiani, inglesi, tedeschi, svedesi, svizzeri e francesi che si mescolano agli abitanti locali, ma anche lavoratori stagionali provenienti da paesi dell’Est europeo e dal Sudamerica, colf e badanti che introducono nuove lingue e nuove abitudini nella quotidianità. In questo modo Poggio diventa non solo un villaggio turistico, ma un laboratorio di convivenza interculturale e poliglotta. Ciò che emerge non è la semplice coabitazione, ma la formazione di un tessuto sociale elastico, capace di accogliere flussi temporanei senza spezzarsi.
L’elasticità del borgo si manifesta nella sua capacità di integrare temporaneamente presenze molto diverse tra loro, generando una comunità allargata che si rinnova e si riforma ogni estate. La sociologia ci offre strumenti utili per interpretare questo fenomeno. Poggio può essere letto come un esempio di “comunità immaginata” secondo Benedict Anderson, in cui l’appartenenza non è legata solo al dato residenziale, ma a una rete di relazioni affettive e simboliche che si riproducono ciclicamente. Allo stesso tempo, la sua identità si avvicina a quella di una “società liquida” nel senso baumaniano: i legami sono intermittenti, stagionali, non vincolati alla continuità, ma nondimeno capaci di generare capitale sociale. Putnam parlerebbe qui di un capitale sociale “bridging”, cioè di connessione, piuttosto che di “bonding”, chiusura identitaria, poiché la ricchezza di Poggio sta proprio nella sua apertura e nella capacità di creare ponti tra gruppi diversi. A questo quadro si aggiunge una dimensione intergenerazionale.
Molti dei gruppi che oggi animano il borgo hanno una storia che si estende per decenni: sessantenni che da bambini giocavano a pallone o si tuffavano dal moletto tornano ogni anno, portando con sé figli e nipoti, che ricostruiscono lo stesso legame familiare, arrivando persino a costituire una compagnia teatrale. In questo senso Poggio diventa non solo luogo geografico, ma spazio simbolico della memoria e della continuità: una patria affettiva che non coincide con la residenza, ma con la possibilità di rinnovare legami amicali e familiari nel tempo.
Questo processo può essere interpretato come una forma di riterritorializzazione affettiva, dove il ritorno non risponde a logiche economiche o turistiche in senso stretto, ma al bisogno di riattivare una rete relazionale che ha nel borgo il suo epicentro. La comunità di Poggio, dunque, si presenta come identità a fisarmonica, capace di contrarsi e dilatarsi mantenendo coerenza. Questo meccanismo rivela come i borghi mediterranei possano costituire laboratori sociali unici, in cui si sperimentano modelli di convivenza tra permanenza e transitorietà, radicamento e cosmopolitismo. Poggio mostra che la comunità non è più definibile unicamente in termini di residenza o cittadinanza, ma anche come appartenenza intermittente e condivisa, fatta di ritorni ciclici, intrecci interculturali e legami transgenerazionali. In questo senso esso diventa una metafora del Mediterraneo stesso, luogo di incontri, mescolanze, memorie e cicli vitali che superano i confini della demografia per inscriversi in una dimensione simbolica e sociale più ampia.
E quel detto antico che sembra un anatema campanilistico si capovolge in un senso di magia e di smarcamento dalle vicissitudini del Bel Paese e del mondo intero. Ora essere un po' alieni diventa una virtù unica e senza prezzo:
"Siamo tutti pucinchi e manco una genta!"
We are all from Poggio and not even one gens left
Somos todos de Poggio y ni una sola gens
Nous sommes tous de Poggio et pas même une gens
Wir sind alle von Poggio und keine einzige gens
Angelo Mazzei