Un lato oscuro della storia italiana e che volutamente è rimasta nel silenzio: italiani che nell'assedio di Sarajevo pagavano per uccidere i civili. Tanto fu dimenticato dalle nostre coscienze, forse per vergogna o per altro, ma che la Procura di Milano, con il pubblico ministero Gobbis, a distanza di 30 anni, ha iniziato ad indagare per omicidio volontario aggravato per motivi abietti e crudeli, a seguito della denuncia presentata nel 2025 da Ezio Gavazzeni già scrittore e giornalista. Vi sono i primi indagati, si parla di un possibile titolare milanese di una clinica privata per la chirurgia plastica, un triestino benestante, influente nella comunità locale, cacciatore e forse psicopatico.
I cecchini del weekend pagavano fino a 100mila euro per sparare ai civili bosniaci innocenti di Sarajevo e Mostar e erano principalmente del Nord Italia: Friuli Venezia-Giulia e Piemonte. Il luogo di incontro era Trieste e partivano in aereo per Belgrado, da lì in elicottero a Pale.
Secondo quanto ricostruito, finora, dagli atti preliminari: un gruppo - principalmente composto da simpatizzanti dell'estrema destra italiana con la passione per le armi - avrebbero preso parte all'assedio di Sarajevo. Lo shock riguarda la presunta "tariffa" applicata per i bersagli: un prezzo più alto per i bambini, seguito da uomini in divisa, poi donne e infine anziani, che potevano essere uccisi gratuitamente.
L'indagine iniziata nel gennaio 2025, sono affidate agli investigatori del ROS dei Carabinieri - Raggruppamento Operativo Speciale -. La questione inquietante è l'idea che la guerra potesse diventare "gioco" per appassionati di armi, che pagavano per uccidere dei civili bosniaci. Va sottolineato che la giurisdizione italiana può intervenire anche ora, a distanza di più di 30 anni, per il principio di universalità dei crimini contro l'umanità.
La gravità delle accuse - la partecipazione volontaria ad uccisioni di civili in un contesto di assedio - impone che la magistratura italiana agisca con rapidità e rigore. Al contempo, l'opinione pubblica è chiamata a mantenere alta l'attenzione su una pagina volutamente dimenticata della storia recente, affinché la verità possa emergere e le responsabilità accertate.
Tuttavia, non ultimo, sarebbe opportuno per la città di Sarajevo, che il sindaco, procedesse alla richiesta di ristoro al Governo italiano di almeno un miliardo di euro, per mancata vigilanza, dolo e colpa grave. Il governo, a sua volta, dovrebbe rivalersi sui patrimoni dei condannati in Cassazione ed ai responsabili dei servizi segreti italiani negli anni 1993-1994, che, probabilmente, non si sono applicati con la dovuta diligenza, e nonostante le informative giunte dell'intelligence bosniaca. Pare che dopo un primo intervento fatto dal SISMI, i servizi segreti militari avevano assicurato di avere bloccato il "safari", ma poi si sono eclissati, senza fare emergere i nomi dei personaggi ignoti coinvolti. Ora, tale compito spetta alla magistratura.
Enzo Sossi