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La "bacheca" di interventi contro la rigassificazione

Scritto da  Domenica, 24 Luglio 2022 02:13

Volt Sulla Nave Rigassificatrice A Piombino

Volt Italia pensa che il ricorso a navi rigassificatrici, una prima a Piombino e una seconda a Ravenna, sia necessario nel breve termine per evitare l’interruzione o il razionamento della fornitura di gas a fronte del taglio alle importazioni dalla Russia, come operazione di rilevanza strategica nazionale in un’ottica di sicurezza energetica e diversificazione delle fonti di approvvigionamento del nostro Paese. Tuttavia, persistono diverse ombre sul progetto che vale la pena evidenziare.

 

Gli impatti ambientali e sociali indiretti legati all’estrazione del gas naturale nei Paesi di origine (principalmente USA e Qatar), La necessità di maggiore trasparenza, coinvolgimento e certezza di compensazioni per la comunità locale, l’orizzonte temporale pluridecennale che potrebbe ostacolare fortemente la decarbonizzazione del Paese, i costi che graveranno anche sulle spalle dei contribuenti e quindi il perpetuarsi dei cosiddetti Sussidi Ambientalmente Dannosi (SAD), che a parole si vogliono eliminare e nei fatti andiamo ad ingrossare, sottraendo risorse pubbliche ad impieghi alternativi.

 

La prospettiva di medio-lungo termine di Volt rimane quella di fare dell’Italia sì un hub energetico del Mediterraneo, ma delle rinnovabili e dell’idrogeno verde, attraverso investimenti che favoriscano anche il processo di decarbonizzazione dei settori industriali energivori dove è più difficile abbattere le emissioni di gas serra (settori “hard to abate”) e la riconversione di importanti siti industriali dismessi.

 

Scenario e Valutazioni

Volt Italia è consapevole della fase di emergenza, innescata dalla guerra tra Russia e Ucraina, che famiglie e imprese stanno vivendo e vedono all’orizzonte. Nella migliore delle ipotesi si tratta di ulteriori aumenti delle bollette energetiche; nella peggiore di razionamenti del gas, come annunciato in Germania.

 

In questo contesto e con questo scenario, nel breve termine l’utilizzo di navi rigassificatrici (in inglese LNG FSRU – Liquid Natural Gas Floating Storage and Regasification Units) è una strada rapida e flessibile su cui anche altri Paesi come Francia e Germania si sono avviati, sostenuti anche dagli obiettivi e dalle risorse del pacchetto europeo RePowerEU. Un pacchetto che, con l’obiettivo di ridurre rapidamente la nostra dipendenza dai combustibili fossili russi, prevede espressamente l’incremento della capacità rigassificatrice di gas naturale liquefatto tramite terminali offshore e imbarcazioni.

 

Denunciamo l’incoerenza delle stesse forze politiche che, come un Giano bifronte, a livello nazionale reclamano misure urgenti e decise per far fronte agli aumenti vertiginosi dei costi dell’energia, ma nel momento in cui i tanto invocati interventi si sostanziano nell’annuncio di installazioni di terminali per la rigassificazione, fissi o galleggianti, nei territori protestano senza presentare alternative credibili e realizzabili capaci di soddisfare quegli stessi bisogni che dicono di voler rappresentare. E avanzando obiezioni anche infondate per non dire strampalate, in grado di sciogliersi come un gelato al sole di questa estate torrida. Solo per non perdere voti, rinunciano alla funzione di bussola che la cittadinanza domanderebbe alla politica.

 

Quindi, la rigassificazione e l’aumento della capacità di stoccaggio del GNL – Gas Naturale Liquefatto sono attualmente necessari per garantire la sicurezza della fornitura energetica e la diversificazione delle fonti di approvvigionamento di fronte allo shock causato dall’invasione della Russia dell’Ucraina e dalle sue conseguenze, come la necessità di affrancarsi dalle inaffidabili forniture di Mosca. La rilevanza strategica nazionale è indubbia. Tuttavia, non possiamo tacere sulle ombre che circondano l’operazione, soffermandoci su quelle quasi assenti nell’accesissimo dibattito pubblico.

 

Impatti ambientali e sociali indiretti legati all’estrazione del gas. Il cosiddetto “gas della libertà” importato dagli Stati Uniti è ottenuto tramite la tecnica del “fracking” o fratturazione idraulica da depositi di shale gas, che il The Guardian definisce “bomba di carbonio” per gli effetti sul clima oltre che sull’ambiente. Secondo i calcoli del Prof. Howarth della Cornell University, il GNL importato dagli Stati Uniti in Europa potrebbe avere un’impronta di gas serra del 40% superiore a quella del carbone. Quasi nessuno, nel dibattito rovente di questi giorni, si sofferma su come questa estrazione possa essere “coerente con i nostri obiettivi condivisi di impatto climatico netto zero”.

 

Facciamo uscire dalla porta una tecnica di estrazione altamente inquinante, avversata dalla maggior parte degli Stati Membri europei, per farla rientrare dalla finestra importando il gas estratto con essa dagli USA? In Germania, nel tentativo di evitare le importazioni di gas ottenuto in questo modo, il ministro dell’Economia tedesco Habeck si è recato di recente in Qatar per dare il via a colloqui su una possibile fornitura di GNL. Ma il Qatar, come ricorda l’Index Democracy – l’indice che misura il livello di democrazia degli Stati che è redatto dall’Economist ogni anno – è un regime autocratico, con sistematiche violazioni dei diritti umani. Ragioniamo quindi di saltare dalla padella alla brace? Anche senza voler considerare la sfera etica, è plausibile annunciare trionfalmente di potersi affrancare dal dispotismo di Putin quando ci si sta avvicinando a quello dell’emiro Āl Thānī?

 

Deficit di trasparenza e coinvolgimento della comunità. Le proteste di cittadinз, forze politiche, associazioni e comitati si sono scatenate quando ancora si disponeva di informazioni appena abbozzate sul progetto di SNAM. Solo dopo la società ha pubblicato una breve scheda sul proprio sito web e inviato un comunicato ai principali quotidiani. Ancora si attende l’invio del progetto ai trenta enti chiamati ad esprimere il proprio parere.

 

Proteste premature, quindi? Ideologiche? Prive di fondamento? Attenzione, nell’approcciare questa ferma opposizione è importante non liquidarla semplicisticamente e frettolosamente come sindrome “NIMBY”: questa elevata conflittualità attorno ad un progetto “utile ma indesiderato” è il frutto di decenni di opacità delle scelte pubbliche, di un coinvolgimento formale e tardivo della comunità, a scelte già fatte, di utilizzo di impianti ben oltre la fine della loro annunciata vita utile, di proroga in proroga. Di vane promesse di bonifiche e investimenti in un territorio martoriato dall’industria pesante, di riflettori che si accendono per pochi istanti, il tempo di dichiarazioni in campagna elettorale. Tutti fattori che hanno minato la fiducia dei cittadini e delle cittadine di fronte alle scelte e ai dati comunicati dalle autorità (regionali, comunità, agenzie di controllo ambientale) e dai soggetti gestori.

 

Ricostruire un rapporto fiduciario con la comunità passa anche dallo sgombrare il campo da preconcetti sedimentati, tramite campagne di ascolto, informazione e mediazione continuative e mirate, ma i politici locali sembrano abdicare a questa attività in favore di più rumorose dichiarazioni sui social o a mezzo stampa, che accarezzano il sentire comune del semplice e istintivo “no”, con argomentazioni poco circostanziate e a tratti pretestuose.

 

Ricostruire la fiducia passa anche dal mettere in campo meccanismi per una partecipazione attiva dei cittadini fin dalle fasi preliminari, “pre-progettuali”, cioè quando il proponente dell’opera è ancora nelle condizioni di poter scegliere se, come e dove realizzarla, e anche rispetto alla definizione di compensazioni economiche per i residenti dei comuni che ospitano gli impianti e che ne subiscono maggiormente gli impatti negativi. Cosa che anche stavolta non è avvenuta – i e le piombinesi sono venute a sapere del prossimo ormeggio a decisione già presa. E per il nodo compensazioni, con l’annuncio dell’apertura di tavoli di discussione e un nuovo tempo sospeso – che compensazioni arriveranno? Quando? A chi? Domande nell’etere.

 

Orizzonte temporale. Se è vero che Eugenio Giani, Presidente della Regione Toscana nonché commissario per il rigassificatore nominato dal Governo Draghi, ha esultato per aver ottenuto lo stazionamento nel porto di Piombino per “soli” tre anni, dall’altro lato l’investimento di SNAM per l’acquisto dell’imbarcazione Golar Tundra impegnerà l’Italia al suo utilizzo altrove, in un sito ancora da identificare, per altri 22 anni. Questo significa prevedere di continuare a utilizzare 5 miliardi di metri cubi di gas/anno fino al 2048, rimanendo vincolati all’impiego massiccio di un combustibile fossile fortemente climalterante alle soglie del 2050, anno target del Green Deal Europeo entro il quale l’Europa vorrebbe/dovrebbe diventare il primo continente a impatto climatico zero. Questo non sorprendentemente, perché la vita utile delle nuove infrastrutture per il gas è di almeno 30 anni, e la maggior parte delle forniture di GNL è legata a contratti a lungo termine. Ignorare l’orizzonte temporale complessivo di questo investimento gioendo della sosta limitata nel porto di Piombino è un comportamento alquanto irresponsabile, per non dire di miope egoismo.

 

(in)sostenibilità economica, pompata con fondi pubblici? Secondo la letteratura scientifica e i dati estrapolabili dai bilanci di società e colossi energetici, i rigassificatori galleggianti non si ripagano da soli e di per sé l’attività è un’attività in perdita. Per questo entrano in gioco fondi pubblici. SNAM vede nel proprio azionariato anche un’importante partecipazione statale, per il tramite della Banca d’Italia e soprattutto della CDP – Cassa Depositi e Prestiti (SpA a controllo del MEF, il Ministero dell’Economia e delle Finanze). Ci chiediamo, quindi, se quota parte delle ingenti spese di acquisto della nave rigassificatrice Golar Tundra (e di quelle per il noleggio o l’acquisto dell’altra nave per Ravenna) graverà sulle casse dello stato, e se sì in che misura.

 

E un’altra quota parte dall’UE, come progetto di interesse comunitario in coerenza col pacchetto REPowerEU? Di nuovo, manca la trasparenza, perché rendere pubblica provenienza ed entità delle fonti di finanziamento pubblico è d’obbligo. E abbonda l’ipocrisia, coi proclami di voler stoppare i Sussidi Ambientalmente Dannosi (fondi pubblici a supporto di attività che arrecano danno all’ambiente) che invece con questa operazione andranno ad aumentare.

 

La decisione di acquistare ed ormeggiare navi rigassificatrici, presa per necessità geopolitiche in un momento delicatissimo per il Paese sotto il profilo economico e sociale e per questo comprensibile, non è immune da effetti negativi sulla decarbonizzazione e la transizione ecologica dell’Italia, dell’Europa e del mondo. Un’ammissione che, in un momento di polarizzazione del dibattito, quando la necessità di fonti attendibili è particolarmente forte in quanto viene a mancare il ruolo tradizionale dei “guardiani delle informazioni”, è a nostro avviso importante includere. La politica è contemperamento di interessi, deve essere in grado di bilanciare la necessità di prendere decisioni in modo tempestivo con la trasparenza circa i rischi e le incertezze legati ad esse… senza nasconderli e senza nascondersi. Ciò che Volt, fin dalla sua nascita e nel suo piccolo, si impegna a fare.

 

In breve

Volt Italia è favorevole al ricorso a navi rigassificatrici (a Piombino e a Ravenna) per affrontare nel breve termine la grave crisi energetica ed essere il più indipendente possibile dalle forniture di gas controllate – e in previsione interrotte – dal Cremlino. Ma a patto che ciò non significhi tornare indietro pensando di fare del nostro Paese, per decenni, uno dei principali hub del gas nel Mediterraneo, quello stesso gas che l’Unione Europea indica come energia ponte nel processo di transizione ecologica, da abbandonare appena possibile per un futuro prevalentemente basato su fonti energetiche rinnovabili. Hub sí, ma dell’idrogeno verde, attraverso investimenti che favoriscano anche il processo di decarbonizzazione dei settori industriali energivori dove è più difficile abbattere le emissioni di gas serra (settori “hard to abate”) e la riconversione di importanti siti industriali dismessi.

 

 

Rigassificatore. FdI: “se Giani vuole davvero rimettere la decisione al nuovo governo, si dimetta da commissario e chieda la sospensione del progetto”

“Se il governatore Giani ha davvero la volontà di rimettere le decisioni sul rigassificatore di Piombino al nuovo Governo, si dimetta da commissario e da Presidente di Regione pretenda la sospensione dell'operazione.
Continuiamo a ritenere che Giani abbia sbagliato ad accettare l'incarico perché è palese che il rigassificatore non è un'opera di interesse regionale, ma nazionale, e vede una netta contrarietà da parte del territorio.

 

Nelle ultime dichiarazioni il governatore ha cercato di far dimenticare il doppio ruolo di Presidente di Regione e Commissario governativo dicendo che non farà nulla fino a quando non ci sarà il nuovo Governo. In realtà il procedimento amministrativo del commissariamento e dell'intera operazione sta andando avanti. I termini scorrono sia per l'osservazione dei cittadini che per i contributi tecnici degli enti a cui lui, naturalmente, ha già scritto compreso il Comune di Piombino.

 

Il governatore sta facendo di tutto per distogliere l'attenzione dalla questione del rigassificatore di Piombino. Ha sposato la linea del Governo a capofitto senza ascoltare Piombino e la Val di Cornia, ora che vengono a mancare i grandi promotori dell'opera è rimasto da solo a difendere il progetto di Snam e sembra pentirsene.
Chissà che fine ha fatto l'interesse nazionale tanto caro al governatore. Va in base a chi siede a Palazzo Chigi? Sembrerebbe proprio di sì” lo dichiara Alessandro Capecchi, consigliere regionale di Fratelli d'Italia e vice-presidente della Commissione ambiente.

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Ultima modifica il Domenica, 24 Luglio 2022 09:51

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