La democrazia è basata sull’indipendenza e la parità dei tre poteri fondanti: legislativo, esecutivo e giudiziario. Se solo uno dei tre è in pericolo o viene indebolito la democrazia è sotto scacco.
Cosa sta succedendo a Gerusalemme, forse stiamo assistendo a una politica di destra che sta cercando di piegare il potere in modo aggressivo e di testare i vincoli democratici? La coalizione di destra al potere in Israele ha approvato alla Knesset una controversa legge che priva la Corte Suprema del proprio potere di bloccare le decisioni del governo, scatenando proteste nelle piazze. La mossa è la prima fase forse di una politica più vasta che riguarda con ogni probabilità un’ampia riforma del potere giudiziario guidata dal Primo Ministro Benjamin Netanyahu che i critici temono possa consegnarli un potere senza restrizioni.
Il dramma rischia di peggiorare ulteriormente il rapporto di lunga data sempre più fragile tra Netanyahu e i leader occidentali. Come esempio, Joe Biden, il Presidente degli Stati Uniti ha fatto della salvaguardia della democrazia un valore fondante del suo mandato. Il Primo Ministro israeliano, al confronto, è istintivamente e politicamente più vicino all’ideologia dell’ex Presidente Trump che ha messo sotto stress le istituzioni democratiche americane che stanno affrontando, probabilmente, la loro sfida più difficile da generazioni.
Gli oppositori delle riforme di Netanyahu avvertono che la perdita di potere e l’indebolimento della Corte Suprema israeliana compromette i controlli sulla autorità del governo più a destra nella storia di Israele, il che aprirebbe la strada a politiche estremiste, solleverebbe interrogativi sul possibile corretto svolgimento delle future elezioni e, infine, eroderebbe la propria democrazia. Forse timori simili a quelli avvenuti negli Stati Uniti che i principi democratici si stiano sgretolando da quando Donald Trump è salito al potere nel 2016, e poi ha usato la sua posizione per cercare di ribaltare un’elezione che ha perso nel 2020. Ora pare stia puntando a un ritorno alla Casa Bianca e promette – punizioni – verso le istituzioni politiche e giudiziarie che hanno contrastato il suo desiderio di esercitare il potere dell’uomo forte. Come Trump, Netanyahu insiste sul fatto che le sue azioni sono radicate nel desiderio di restituire il potere ai cittadini, sostenendo che i suoi sforzi erano e sono una mossa democratica necessaria.
Le riforme giudiziarie stanno mettendo in fibrillazione i rapporti del governo di Netanyahu con diversi Stati occidentali, ma non ha senso sostenere che l’alleanza con Israele sia minacciata. Però, vi è una profonda preoccupazione dell’Occidente per le implicazioni di qualsiasi tentativo riuscito a sovvertire i controlli e gli equilibri di Israele. Ciò potrebbe portare a politiche sempre più estreme sulla portata della costruzione di insediamenti in Cisgiordania che contraddicono gli obiettivi di politica estera e gli interessi degli occidentali e potrebbero innescare un conflitto probabilmente destabilizzante nel Medio Oriente, causando problemi ad altri alleati occidentali come la Giordania.
Se la coalizione di destra in Israele trova più facile attuare politiche che forse limitano i diritti delle persone LGBTQ, dei cittadini arabi o degli israeliani laici, potrebbe innescare nuove tensioni nelle relazioni con l’Unione Europea e gli Stati Uniti. In cui gli interessi di Bruxelles e Washington potrebbero essere danneggiati nella regione dal caos nella società israeliana o da qualsiasi altra condizione che potrebbe essere o creare un incentivo politico per Netanyahu ad abbracciare politiche più aggressive all’estero – forse l’Iran – che potrebbe portare a una crisi mondiale.
Tuttavia, finora non ci sono segnali che indicano che vi saranno sanzioni verso Netanyahu, ma qualcosa potrebbe ancora accadere. L’Occidente ha poco da guadagnare diplomaticamente e politicamente da un – aperto antagonismo con Israele – per quanto preoccupa il comportamento delle forze estreme della coalizione che mantengono al potere Netanyahu.
Enzo Sossi