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Il lungo programma elaborato dal candidato al Congresso del PD Roberto Peria

Scritto da  Roberto Peria Lunedì, 14 Ottobre 2013 12:07

Documento per la candidatura di Peria alla Segreteria del coordinamento territoriale Val di Cornia-Elba 

Documento per la candidatura di Peria alla Segreteria del coordinamento territoriale Val di Cornia-Elba:

 

PERCHE’ SERVE UN IMPEGNO

Le più recenti vicende del nostro Paese ci dicono, con estrema chiarezza, che il PD, il nostro PD, rappresenta l’ultima speranza di affermare una politica di forte cambiamento e innovazione, indispensabile per il rilancio del paese. Senza un progetto riformista vero non si esce dalle secche della crisi e non si dà una prospettiva comune.

La sfiducia generalizzata nella politica, peraltro, impone visione, innovazione, coraggio.

A fronte della responsabilità di dover guidare il Paese e di doverlo portare fuori dal gorgo delle attuali difficoltà, quale PD immaginiamo per l’Italia?

Dopo il progressivo svuotamento del progetto originario, immaginato da Walter Veltroni, il Partito di questi ultimi anni non è in grado di assolvere ad un così alto compito; con questo Partito non riusciamo che a sbagliare goal a porta vuota.

La colpa, peraltro, non la possiamo dare al leader di turno. Sarebbe ingeneroso ed ingiusto. E’ il modello che non va.

L’Italia però ha bisogno di noi e non possiamo fallire. Occuparsi oggi del PD è occuparsi del Paese per i prossimi trent’anni, sapendo che a farlo dovrà essere una nuova classe dirigente formata anche attraverso la battaglia delle idee e il confronto libero e aperto di questo congresso. 

Se non lottiamo per un PD diverso, cosa raccontiamo a quel  40% di giovani che non trovano lavoro, a chi subisce la mortificazione di perderlo, a chi non riesce a tenere in piedi la propria azienda, alle centinaia di migliaia di partite IVA vere e non vere che oggi sono o fuori da ogni tutela o vessati da un fisco forte con i deboli e debole con i forti? Che privilegiamo le fedeltà rispetto alle capacità e le appartenenze correntizie rispetto ai valori?

Con le “macchie del giaguaro” o le inestricabili regole dei nostri congressi la narrazione si interrompe ulteriormente e la gente non ci capisce.

La verità è che non ne possiamo più di correnti e capi-bastone, di lotte fratricide per la conquista dei posti di potere, in un risiko folle ed autolesionistico, dove la capacità ed il valore individuale vengono mortificati e schiacciati in nome della fedeltà alla linea.

Dispiace dirlo, da uomini di Centrosinistra e da militanti del PD, ma questo modello di Partito rischia di essere inutile e non adeguato per la missione che lo attende.

Serve al contrario un PD delle idee, della centralità delle proposte, del dibattito aperto, dell’intelligenza contaminata e diversa. Serve fuggire dalle logiche tribali e riscoprire fino in fondo le ragioni profonde di un impegno morale e civile per il futuro del proprio paese. 

Questo nuovo PD va costruito rimboccandosi le maniche in prima persona. Non possiamo pensare che, come accadde a Newton, la mela ci cada in testa: la mela va colta sull’albero. Serve un impegno diretto, forte, sincero, serve mettersi in discussione e tirare fuori coraggio e cuore.

L’Italia ha bisogno di un PD forte ed autorevole, che si metta alla guida del cambiamento e il PD ha bisogno dell’impegno e della generosità di tutti coloro che credono nel suo progetto, per attivare prima di tutto al nostro interno questo cambiamento.

Chiediamoci non che cosa può fare il Partito per noi, per le nostre idee, ma che cosa possiamo fare noi per il PD.

In queste poche riflessioni sta il senso della mia candidatura alla segreteria della Federazione Elba-Piombino-Val di Cornia: un tentativo di dare un contributo e di cercare di dare voce a tutti quei militanti che, come me, da San Vincenzo all’Elba, vedono il PD spengersi lentamente e vogliono che, al contrario, non solo viva, ma guidi il nostro territorio e l’Italia con un grande progetto riformista.

E’ dalla loro voce, dalle loro grida di dolore, dalla loro rabbia, ma anche e soprattutto dalla loro passione, dal  loro amore che nasce questo impegno. La mia candidatura senza di loro non esiste, perché io esisto in funzione di un progetto.

Da quest’ultimo nasce il documento politico che è alla base della candidatura.

Spesso documenti simili sono insostenibili enciclopedie Treccani di aria fritta, parole più vuote dell’interno di uno pneumatico. Il nostro sforzo è di scrivere meno parole possibili, nel modo più chiaro possibile, in modo tale che tutti possano leggere con facilità e contribuire ad integrare e migliorare quello che viene proposto.

Questo documento non  vuole esaurire il confronto, ma aprirlo.

Esso non è un corpo finito, è lo scheletro del pensiero collettivo che va costruito nelle prossime settimane, non prima dei congressi di circolo e del congresso di federazione, ma DENTRO quei congressi, che, senza confronto, diventerebbero tanti “luoghi della conta”, mentre devono essere luoghi delle idee.

 

IL PD CHE VOGLIAMO, IL PD PER CUI LOTTEREMO

UNA VOCAZIONE MAGGIORITARIA

In questi ultimi anni il PD ha vissuto una sorta di perdita dell’identità, un vero e proprio spaesamento.

Se vuole guidare il Paese nei prossimi anni e governare le nostre realtà territoriali deve cambiare passo ed identità, riscoprendo quella originaria.

La nostra idea di PD è quella di un Partito, di iscritti ed elettori, in grado di ritornare alla sua vocazione ed al suo progetto iniziale, un PD che non abbia paura di vincere e non si senta in colpa coltivando una vocazione maggioritaria.

Quest’ultima non implica una rinuncia ad un sistema di alleanze. Serve solo ad impedire che le stesse si trasformino in un incubo, confinando il Governo in una quotidiana sudditanza rispetto ai piccoli partiti e relegando il Paese nell’ingovernabilità più assoluta. Chi non ricorda  le scene inaccettabili vissute ai tempi del Governo Prodi? I ministri al mattino seduti accanto al Presidente del Consiglio ed alla sera in piazza contro di lui.

Un PD con una vocazione maggioritaria deve parlare a tutti: ai delusi del centrodestra e a quelli del centrosinistra. Ai cittadini che credono ancora nella politica e a quelli che non votano più.

Il recupero del consenso perso nella nostra area politica, la capacità di gettare un ponte verso gli elettori grillini e verso gli scontenti, un’attenzione particolare ai moderati delusi dal Centrodestra, rappresentano non solo un’opzione necessaria per provare ad essere vincenti alle elezioni politiche, sono elementi indispensabili per una vittoria alle prossime amministrative nelle nostre realtà locali.

 

UN PD DEGLI ISCRITTI E DEGLI ELETTORI 

In questo PD va dato più valore ed importanza agli iscritti ed ai simpatizzanti, coinvolgendoli e consultandoli costantemente, non solo quando abbiamo bisogno di loro per le primarie, o per le elezioni. 

Un Partito vive soprattutto di questo: della passione e dell’entusiasmo dei suoi militanti. Basta, però, guardare i loro volti ed i loro occhi nei nostri Circoli, per leggere una profonda delusione e capire che la nostra gente non ne può più di essere ai margini, di essere consultata solo quando fa comodo, di essere in un Partito che non parla più di valori e di progetti, dove ristrette oligarchie decidono il destino di tutti.

Le primarie, il più possibile aperte, sono uno strumento importante per recuperare questo disagio. Danno il senso di una partecipazione attiva dei militanti, rendono vivi i circoli.

La nostra gente non ne può comunque più di scegliere solo candidati (oggi alle segreterie, domani per le comunali, poi per il Parlamento e quant’altro). I nostri iscritti vogliono contare nelle decisioni.

Lo strumento perché ciò accada può essere quello di periodiche assemblee aperte, quando è necessario assumere decisioni rilevanti per i nostri territori o, meglio, di vere e proprie primarie delle idee.

Quale straordinario esempio di democrazia sarebbe, di fronte a questioni importanti, oppure di fronte alla necessità di costruire programmi elettorali per le elezioni amministrative, sottoporre al voto di iscritti e simpatizzanti più opzioni progettuali?

Il PD diventerebbe il Partito della partecipazione, un luogo di confronto aperto ed inclusivo, rappresentando un modo intelligente per avvicinare la gente e soprattutto i giovani.

Nella strategia di un PD aperto bisogna inoltre prevedere che la Direzione della Federazione sia convocata con regolarità e frequenza, non solo quando lo impone lo scenario nazionale o locale, per particolari scadenze politiche o elettorali. Serve poi un dibattito costante ed assiduo fra Organi Politici del Partito e amministratori locali, per non lasciare da soli questi ultimi e per garantire un coordinamento delle politiche. Si rischia altrimenti di andare in ordine sparso e di essere tutti poco credibili.

 

UN PD DEI MERITI, CHE GUARDA AI BISOGNI

Il PD che vogliamo deve essere meritocratico. Al suo interno bisogna sostenere chi ha capacità e competenze e non premiare semplicemente chi si dimostra più fedele. Solo così potremo selezionare una classe dirigente vera capace di rappresentarci.

E’ questo il modo migliore per scegliere le donne e gli uomini in grado di governare l’Italia ed i nostri territori e per avvicinare la gente comune alla politica. Se si ha la sensazione che vanno avanti solo coloro che hanno appoggi e dimostrano più fedeltà alla linea, i cittadini fuggono.

Una nuova classe dirigente, peraltro, deve mettersi a disposizione di chi, in questo difficile momento, ha bisogni, talvolta drammatici. Vi è in questa unione dei meriti e dei bisogni qualcosa di antico, ma da non cestinare, perché è proprio e solo da questa contaminazione che può nascere un PD riformista e popolare.

La nostra idea è che il PD deve essere il Partito dei diritti e del lavoro.

Lavoro per i giovani, lavoro nell’industria, nell’artigianato, nel turismo, nel commercio, lavoro per le donne, lavoro nelle professioni, lavoro per l’integrazione sociale dei migranti, lavoro contro il precariato e contro il declino economico. Lavoro vero e duraturo, contro la rendita. Lavoro che deriva da programmazione e scelte e da investimenti pubblici e privati. Lavoro delle imprese, medie e piccole, che costituiscono l’ossatura produttiva del nostro paese oggi in fortissima crisi. Mentre parliamo qualche impresa italiana soprattutto al nord sta decidendo di trasferire la sua attività in Svizzera o in Carinzia perché lì il fisco è meno pesante, la burocrazia non esiste, la normativa sul lavoro è semplice, le infrastrutture e i servizi sono efficienti, l’accesso al credito più facile. Condizioni che hanno a che vedere con il sistema che accoglie e fa crescere l’impresa, non con il costo del lavoro. 

Insieme al lavoro, lotta ai privilegi ed alle ingiustizie: diminuzione del carico fiscale sulle famiglie e sulle imprese e forte incremento della lotta all’evasione, stop alle pensioni d’oro, riduzione delle imposte sui consumi ed incremento di quelle sulla rendita immobiliare ed i capitali finanziari. 

Ma anche un PD dei diritti civili e delle pari opportunità. Proprio dai territori deve crescere l’impegno ad attuare e sostenere con tutti gli strumenti possibili la lotta contro il femminicidio, l'omotransfobia e a promuovere presso tutti i comuni che porti all'approvazione dei registri delle coppie di fatto e dei i registri per il testamento biologico. 

Questo è il PD che serve. 

Poichè, però, le parole sono vuote senza progetti, appare necessario declinare questi ultimi.

Una strategia del lavoro è necessariamente una strategia complessa e multifattoriale. Essa presuppone prima di tutto un’idea dello sviluppo che vogliamo costruire, che a, sua volta, è un’idea di territorio, di società, di comunità. Spetta ai candidati a sindaco che si presenteranno alle amministrative del 2014 definire le scelte di dettaglio ed i programmi dall’Elba a San Vincenzo, ma il partito può definire uno schema concettuale da proporre alla loro attenzione ed ai cittadini.

Le difficoltà del turismo all’Elba e sulla Costa, la drammatica crisi dell’acciaio di Piombino, rendono complesso il quadro delle scelte, anche per la diversità dei sistemi territoriali. Un disegno organico, tuttavia, non è impossibile. 

 

ALCUNI TEMI PER UNA NOSTRA AGENDA PER IL TERRITORIO

E’ tempo che il PD scriva una sua agenda delle priorità su cui lavorare, un utile canovaccio di proposte, da sviluppare nel confronto con i cittadini, partendo dall’idea che abbiamo dei rapporti territoriali e dell’autonomia delle varie realtà.

 

AUTONOMIA E RISPETTO DELLE REALTA’ LOCALI

L’espressione democratica dei cittadini ha detto no al Comune unico all’Elba ed in Val di Cornia. I due referendum erano molto diversi. Nel primo caso si trattava di unire otto comuni da sempre caratterizzati da un rilevante municipalismo e da una storica disomogeneità politica, con un rischio di vera e propria ingovernabilità del territorio insulare, nel secondo caso si trattava di realtà caratterizzate da una tradizione di collaborazione istituzionale e da una forte omogeneità politica.

A prescindere dalle ragioni in campo, appare ormai evidente come l’espressione democratica dei cittadini sia stata chiara: i piccoli comuni vogliono mantenere le loro autonomia e non vogliono scelte che appiano spesso imposte dall’alto e questa volontà va rispettata.

Volgere la testa indietro e continuare a spiegare la fondatezza dell’una o dell’altra tesi sarebbe solo un modo per replicare all’infinito un dibattito che divide; molto più proficuo appare cercare ciò che unisce. Ma dobbiamo anche imparare dagli errori commessi. E saper leggere la realtà in atto come un processo di rarefazione delle relazioni istituzionali tra i comuni e di spinte autonomiste che in Val di Cornia soprattutto si mostra come un fenomeno inedito, ma importante. Il legame con la crisi del sistema economico locale è evidente, ma ci sono ragioni profonde anche nella perdita di punti di riferimento politici e civici e nella ricerca e nel bisogno di identità. 

Compito del PD diventa, dunque quello di riprendere le fila del dialogo tra le comunità, che dovrà essere fatto di prudenza, attenzione e rispetto delle varie realtà comunali. E nella costruzione di un nuovo modello istituzionale prima di tutto sarà necessario tenere conto dell’abolizione delle Province, una scelta importante e secondo noi positiva che apre nuovi scenari di rapporti istituzionali con i comuni e le zone a noi vicine-

Solo partendo da una simile impostazione sarà possibile costruire quel coordinamento che serve ad evitare dannose frammentazioni, che bloccano le scelte. Il modo in cui lo si costruisce va rimesso ad un serrato dibattito politico ed istituzionale. E’ possibile, tuttavia, indicare tre direttrici:

- un sistema efficiente di gestioni associate, a cui sono peraltro obbligati per legge i comuni minori;

- la valorizzazione del ruolo della conferenza dei sindaci;

- un coinvolgimento forte dei consigli comunali e delle comunità;

- la ricomposizione delle politiche attraverso progetti e programmi di settore.

Lo slogan del PD può essere: la ricerca del massimo di coordinamento, garantendo il massimo di autonomia.

 

PIOMBINO NON DEVE CHIUDERE

Creare le condizioni

La prima parola che incontriamo quando affrontiamo il tema dell’industria a Piombino è, inevitabilmente, CRISI; una crisi mondiale, la più grande crisi dal dopoguerra ad oggi, ma soprattutto una crisi del sistema produttivo industriale e manufatturiero del nostro Paese. Piombino si colloca in questo contesto che oggi rappresenta la vera emergenza nazionale ed un potenziale disastro economico a livello locale.

I fattori, su cui intervenire, che penalizzano il settore industriale sono molteplici, di carattere internazionale (la forte concorrenza dei paesi emergenti, l’assenza di un sostegno governativo, l’elevato costo delle materie prime.) di natura nazionale (l’assenza di un piano industriale nazionale, l’alto costo dell’energia, la tassazione elevata, ecc.) ma anche locale (l’assenza di infrastrutture adeguate, impianti non sempre all’avanguardia, produzioni spesso a basso valore aggiunto). 

La nostra parola, a tutti i livelli, nei prossimi anni, dovrà essere Creare le condizioni, ovvero fare in modo che sia conveniente fare impresa, creare lavoro e valore, in Italia ed in particolare sul nostro territorio. A questo scopo dovranno essere utilizzati tutti gli strumenti disponibili (normativi quali il riconoscimento di Piombino quale area di crisi industriale complessa, urbanistici, ecc.).

 

Sostenere l’innovazione.

Anche se Piombino non è, e, probabilmente non sarà più, la città dell’acciaio, la vocazione industriale di questo territorio rimane una ricchezza da valorizzare su cui costruire un nuovo sviluppo industriale. Avere una vocazione di questa natura significa anche essere caratterizzati da una cultura del lavoro industriale e da una professionalità di rilievo che rappresenta uno dei principali punti di forza e di attrattività del polo industriale di Piombino.

In questo ambito, la battaglia che dobbiamo fare non è sul terreno della conservazione, della mera difesa dell’esistente, bensì sull’innovazione e sul cambiamento, sul rendere competitive le produzioni attuali, introducendone di nuove, tecnologicamente avanzate (ad esempio, sviluppando le tecnologie Corex/Finex per la produzione di acciaio, verticalizzando i prodotti siderurgici, progettando un nuovo polo per la produzione di energia, realizzando una piattaforma logistica sfruttando gli sviluppi dell’area portuale).

Ma va prima va superata l’emergenza. La chiusura repentina dell’altoforno rappresenterebbe un trauma così grave da provocare conseguenze irreparabili per la città e va assolutamente evitata.

 

Bonifiche e sviluppo

Il terzo punto riguarda l’ambiente. L’ambiente non può più essere considerato solo un elemento aggiuntivo, ma deve esserne un fattore un fattore caratterizzante e centrale in qualsiasi azione di sviluppo e riconversione che sarà sviluppata sul territorio, pena il sicuro declino dell’iniziativa. Il territorio industriale piombinese è classificato quale Sito di Interesse Nazionale per le bonifiche (SIN ex DM 471/1999); questo fattore, sino ad oggi, è stato un elemento di freno a qualsiasi iniziativa di sviluppo industriale anche in conseguenza dei vincoli autorizzativi ministeriali eccessivamente lunghi. E’ assolutamente necessario capovolgere la situazione attuale, trasformando questo status in un punto di forza, sviluppando un progressivo Piano di Attuazione delle Bonifiche Ambientali parallelamente alla realizzazione di nuovi insediamenti produttivi e industriali. In questo ragionamento ci sono anche altre scelte, come quella del polo di rottamazione delle grandi navi, una scelta da approfondire dal punto di vista ambientale ed economico. Essa, infatti, per quanto potenzialmente sinergica con uno sviluppo industriale di qualità, si porta dietro criticità non trascurabili quali:

- Una non ancora chiara capacità di un simile sistema di reggersi economicamente;

- Un rischio di conflitto fra un simile modello industriale e la nascente economia turistica di Piombino e quella, ormai consolidata, del golfo di Follonica, dell’Elba e degli altri comuni della Val di Cornia, economie che vivono, anche in termini d’immagine, di mare e ambiente.

Su questo punto serve chiarezza e un confronto democratico aperto con tutti i territori, perché non vi siano “fantasmi” ed incomprensioni, che genererebbero inevitabilmente conflitti.

 

LAVORARE A UN DISTRETTO DI QUALITA’ DELL’ELBA E DELLA COSTA

Il 2013 ha rappresentato un anno in positiva controtendenza per il turismo.

I segnali di superamento della crisi e di crescita vanno sostenuti. Il turismo tradizionale non basta più, bisogna costruirne uno nuovo, legato al territorio ed alla qualità dell’offerta.

Si possono lanciare allora otto idee, in larga parte già sperimentate:

- riqualificazione sul fronte dei servizi delle strutture ricettive, per allungare la stagionalità, ricordandosi che senza piscine riscaldate, talassoterapia, termalismo, sale convegni, il turismo in bassa stagione non si fa. Il termalismo ad esempio è un settore che può assumere anche una  valenza pubblica, come nel caso del cosiddetto “parco termale” di Venturina, dove è possibile  sviluppate servizi per la fruizione della collettività (spazi verdi, piste ciclabili e aree di ristoro); 

- riuso dell’enorme patrimonio edilizio esistente e degradato, per limitare al massimo il consumo di nuovo suolo;

- sostegno ad un “turismo dei turismi”, fatto di molte nicchie utili alla destagionalizzazione, quali turismo degli sport all’aria aperta, turismo ambientale, turismo culturale, turismo enogastronomico, turismo sociale;

- sostegno vero ai bisogni di prima casa dei residenti, soprattutto con alloggi sociali e politica degli affitti, ma forte controllo della proliferazione di seconde e terze case, che danneggiano l’economia turistica e rischiano di corrompere l’attuale qualità territoriale;

- utilizzo diffuso ed obbligatorio di solare termico e fotovoltaico per i nuovi insediamenti o per gli ampliamenti ed obbligatorietà della bioarchitettura per qualsiasi nuova costruzione ricettiva, con forti incentivi per chi la utilizza per le prime case, per trasformare il territorio in “amico delle rinnovabili” ed elevarne la qualità architettonica; sostegno al mini-eolico, mentre dovrà essere prestata una particolare attenzione allo sviluppo dell’eolico tradizionale, se impattante sul paesaggio;

- creazione di un sistema della nautica di qualità, a basso impatto ambientale, per sostenere un’economia del mare; 

- predisposizione di norme locali per la difesa della costa e per un uso razionale delle aree a mare, anche attraverso un esperimento pilota di zonizzazione, di regolamentazione, cioè, con apposite norme comunali, degli usi del mare, con l’individuazione di un sistema delle oasi marine e dei campi boe eco-compatibili, che proteggano le calette ed i tratti di costa più belli.

- rilancio dell’agricoltura animati dalla volontà di ridare dignità al settore, non solo dal punto di vista economico ma anche sociale e culturale, di status e di ruolo. Ma in un mondo che cambia anche l'agricoltura deve cambiare. L'uso dell'acqua e del suolo, il bilancio energetico agricolo, il recupero della biodiversità, la valorizzazione delle produzioni locali, la gestione dello spazio naturale e del paesaggio sono temi da mettere al centro di politiche pubbliche. E poi è necessario rafforzare le sinergie con i settori produttivi più vicini all'agricoltura, come il turismo ad esempio; e approfondire, dove esiste, il rapporto tra aree protette e agricoltura, che per la Val di Cornia significa ridefinire le relazioni con il sistema dei Parchi. Infine bisogna sburocratizzare l'agricoltura. A Portoferraio ad esempio è stato sperimentato e poi consolidato un modello normativo nuovo, a livello urbanistico, che ha consentito di realizzare nuove aziende agricole in tempi dimezzati rispetto alle procedure tradizionali. 

 

Il futuro è questo: ambiente, agricoltura, turismo di qualità, infrastrutture, nautica, servizi, sperimentazione. Su questi temi sarebbe importante costruire uno “statuto” sociale, economico  ed anche normativo, per la nascita di un “distretto di qualità dell’Elba e della Costa”, un programma condiviso su cui attirare progetti, un manifesto del futuro, che diventi anche accordo strategico con lo Stato e la Regione.

 

LA VIA DELLA LOGISTICA

Il “decreto Piombino” e gli investimenti che si porta dietro consentono di progettare una piattaforma logistica di rilevanza nazionale ed internazionale. La 398 conferisce definitiva credibilità ad un simile progetto.

Che la scommessa debba andare in questa direzione lo dice il buon senso, ma anche la logica di sistema. Se l’Elba e la Costa vogliono lavorare alla costruzione di un distretto di qualità hanno bisogno di far viaggiare le merci sulle autostrade del mare, di non intasare le arterie terrestri di scorrimento e di razionalizzare il traffico su gomma.

Il nuovo PRP del porto di Piombino e l’adeguamento tecnico-funzionale di quelli di Portoferraio e Rio Marina consentono pienamente di supportare una simile strategia. Dai 150 milioni di Euro assegnati a Piombino nasce, anzi, una straordinaria possibilità: quella di liberare risorse ordinarie per sostenere i porti dell’Elba. Particolarmente urgenti appaiono la realizzazione della nuova stazione marittima di Portoferraio (già prevista nel piano triennale delle opere) ed i lavori previsti su Rio Marina.

Portoferraio, peraltro, ha già progettato nel proprio piano per la portualità turistica e per lo sviluppo della nautica, una specifica piattaforma logistica, sicuramente non comparabile con quella che può essere realizzata a Piombino, ma comunque del tutto importante e coerente ad un disegno di sistema.

Una simile strategia, oltre a dotare il territorio delle infrastrutture necessarie a supportarne lo sviluppo, elimina definitivamente la storica e deleteria competitività fra territori della stessa Autorità.

Fare sistema fra Piombino e l’Elba consente alla nostra realtà di affacciarsi sullo scenario nazionale in maniera credibile.

Uno degli obiettivi che dobbiamo conseguire, come sistema integrato, è quello di superare le assurde conflittualità fra i porti italiani. 

Nell’era della globalizzazione, con un porto cinese che vale dal punto di vista dei traffici quanto i nostri tutti insieme, un sistema sclerotizzato e superato come quello italiano non è più possibile. La parola d’ordine del futuro è “specializzazione per la competitività”. Il nuovo porto di Piombino impone fin da adesso di pensare alle sue specificità, per esaltarle.

 

DIFENDERE LA SANITA’

La buona sanità, come tutti i servizi essenziali per i cittadini, è un elemento dello sviluppo. Senza servizi sanitari e sociali, la crescita rischia di lasciare le persone più deboli per strada. Eppure questi ultimi anni si sono caratterizzati per rilevanti tagli alla sanità pubblica, che ne hanno compromesso la tenuta. Non basta più solo citare la letterale sparizione di larga parte delle risorse trasferite dallo Stato. Bisogna ripensare il sistema toscano e quello locale.

Veniamo da una cultura politica che ha fatto dei diritti sociali il motivo stesso della sua esistenza.

Se non si recupererà lo smantellamento di questi anni ed anzi si taglieranno ulteriormente i servizi, non esisterà più una sanità degna di questo nome.

Siamo ben consapevoli di quale sia la durezza del momento storico che stiamo vivendo, ma esiste un terreno, quello della parità dei diritti e dell’uguaglianza sostanziale, sancito dall’art. 3 della Costituzione, rispetto al quale non si può arretrare, soprattutto a difesa dei più deboli. E chi vive su un’isola, tra l’altro, è debole tra i deboli. 

Le strategie di dettaglio spettano, a livello istituzionale, alle Articolazioni Zonali della Conferenza dei sindaci, ma il Partito Democratico può fornire indicazioni generali ed alcune prospettive di analisi:

- in un momento in cui mancano le risorse bisogna riflettere adeguatamente sull’opportunità e sulle conseguenze di un nuovo ospedale a Livorno. Il dibattito deve riaprirsi ed essere franco, perché se non si aprirà questo confronto, si rischia di creare i presupposti finanziari per indebolire in prospettiva tutte le altre Zone e soprattutto le più distanti dal capoluogo provinciale (Piombino ed Elba). Questo argomento, negli ultimi anni è stato quasi tabù, per una sorta di difficoltà della politica ad affrontarlo in campo aperto, nonostante non sia contro niente e nessuno, ma rappresenti anzi il presupposto per provare a costruire un equilibrio più alto; 

- il nuovo ospedale di Riotorto deve essere inserito in una prospettiva di medio-lungo periodo, privilegiando, in maniera pratica e concreta, il rafforzamento delle strutture esistenti;

- la nascita dei nuovi dipartimenti aziendali, più che un elemento di miglioramento del sistema dal punto di vista operativo, si è trasformata in uno strumento di centralizzazione del sistema in direzione Livorno. Questo modello è fortemente sbagliato. I dipartimenti devono servire a far viaggiare i medici verso gli ospedali più deboli e non i pazienti verso quello più strutturato;

- l’Elba deve mantenere comunque un  forte livello di autonomia, per il problema dell’insularità. Sulle specialistiche complesse Elba e Piombino si devono parlare per  fare sistema e difendere insieme, in maniera non competitiva, ma collaborativa, i livelli dei servizi;

- bisogna lavorare al potenziamento dei servizi territoriali delle nostre realtà, per costruire una moderna sanità di prossimità che vada a casa del cittadino.

 

UN POLO DELLA NAUTICA

Il progetto di un nuovo sistema della nautica a Portoferraio, ormai giunto alla fase della V.I.A. regionale e quindi, nel 2014, alla materiale attuazione delle scelte, gli approdi di Porto Azzurro e Marciana Marina, i progetti di nuovi porti turistici a Piombino, il nuovo porto di San Vincenzo non possono che richiamare la nostra attenzione sulla necessità di costruire un vero e proprio polo integrato della nautica della Costa e dell’Arcipelago, del tutto sinergico ed anzi complementare con il progetto del distretto del turismo di qualità.

Ciò potrebbe essere particolarmente rafforzato non solo dalla grande attrattività del nostro mare e dalla presenza di un’ importante tradizione marinara locale, ma anche dalla presenza, a Portoferraio, di una struttura cantieristica fortemente strutturata (e di cui è previsto, nel PRP, un ulteriore sviluppo), che può rappresentare a tutti gli effetti un insostituibile elemento di servizio per tutto il polo integrato.

Declinando concretamente una simile scelta otterremmo una delle realtà più competitive della Toscana e dell’intero Mediterraneo, costruiremmo un progetto capace di produrre centinaia di posti di lavoro e di sostenere lo sviluppo turistico di qualità.

Da un simile progetto può nascere un’opportunità concreta di una nuova formazione professionale, orientata all’economia del mare, rispetto alla quale si stanno già concretizzando progetti formativi.

 

Questa agenda sullo sviluppo possibile e sulle priorita’ per i nostri territori non esaurisce in alcun modo le questioni di cui potremo e dovremo occuparci nel prossimi mesi. Essa è solo il punto di partenza di un percorso possibile, nel quale mettere al centro industria e sostenibilità, sviluppo ed ambiente, innovazione e qualità.

I prossimi mesi dovranno vederci impegnati per difendere in prima linea tutti i servizi fondamentali, compreso quelli legati alla Giustizia, che, con la chiusura delle nostre Sezioni Distaccate del Tribunale, stanno arrecando un insostenibile disagio ai nostri cittadini.

Su queste battaglie il Partito non deve tentennare, né temere di prendere posizioni anche fortemente critiche, di fronte a scelte errate e pregiudizievoli. La nostra stella polare, infatti, per essere vicini ai cittadini, deve essere rappresentata da una forte autonomia, del Coordinamento territoriale Val di Cornia-Elba e dei circoli comunali. 

 

UN APPELLO 

Come detto, questo documento non esaurisce il dibattito, serve ad aprirlo. 

Perchè l’idea di Partito in esso contenuta, unitamente alla mia candidatura possano avere successo è necessario che vi sia un sforzo collettivo dei militanti. La mia candidatura nasce dal basso e può avere successo solo se, sempre dal basso, un necessario vento del cambiamento comincerà a soffiare.

Essa non è una candidatura contro, ma una candidatura PER: per chi crede che il Partito che abbiamo delineato sia utile, per chi crede che la politica sia un momento alto ed importante della nostra vita, per chi mette gli ideali prima delle logiche di appartenenza, per chi ritiene che nei nostri territori serva innovazione, per chi pensa che per cambiare l’Italia sia necessario cambiare il PD.

A tutti gli altri, che non la sosterranno con il loro voto, comunque un grazie, se vorranno esprimere considerazioni rispetto alle nostre idee, anche critiche, purchè utili al confronto comune.

 

 

Roberto Peria 

 

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