Siamo in un periodo storico, a mio giudizio, di molta confusione che, probabilmente, si ha sempre alla vigilia di notevoli cambiamenti.
I temi principali di cui si parla sono: il problema ambientale, con il cambiamento climatico inerente e la questione economica con la relativa guerra commerciale che è esplosa.
Per il primo problema se ne parla, ormai, da almeno 30 anni senza risultati concreti e grande dispendio economico e notevole inquinamento per attuare le varie COP che sono arrivate a 30 l’anno scorso.
“La via dell’inferno è lastricata di buone intenzioni” afferma un detto!
Il tanto proclamato obiettivo di mantenere l’aumento di temperatura dell’atmosfera entro 1,5 ⁰C alla fine del XXI⁰ secolo è fallito, perché tale valore è già stato raggiunto e, secondo alcuni, superato già in data odierna. La concentrazione di CO₂ nell’atmosfera sta continuando ad aumentare ( siamo ad oltre 422 ppm).
Teorie sbagliate o “ si predica bene e si razzola male” per motivi economici?
Ed eccoci al secondo problema e la relativa guerra commerciale.
Penso si debba partire dagli anni ’70, circa, con Seattle dove si è iniziato a parlare di globalizzazione contrastata da varie proteste come ho scritto in un precedente articolo.
La globalizzazione è andata avanti e, negli ultimi 30-40 anni ha portato a notevoli cambiamenti geoeconomici con spostamento di attività industriali dal mondo “occidentale” al mondo “orientale”.
Io, cercando di restaurare una bicicletta degli anni ’50 di mia madre sulla quale era montato un motorino “mosquito”( mitico!) usato all’Elba, ho, con commozione, trovato sigle: “fabbrica velocipedi Bianchi” e copertoni “Pirelli”! Sfido a trovare, al giorno d’oggi sulle biciclette, qualche cosa su cui non sia scritto “made in PRC”.
Gli elettrodomestici, una volta appannaggio di ditte italiane, dove sono prodotti? Ho cambiato una lavatrice e preso una Candy. Nel toglierla dallo scatolone ho letto su un’etichetta: made in PRC. Tale casa è stata acquisita da una ditta cinese! Questa è la realtà che, penso, tutti possano facilmente constatare.
E’ un bene? Secondo alcuni sì. Arrivano prodotti a costi contenuti ed ormai di discreta- buona qualità.
Un dubbio: Ciò è un bene per chi è a reddito fisso e che se il bene si produca in Italia o meno non interessa; la sua scelta sarà per il minor prezzo a parità di qualità. Diverso sarà per chi lavora in un’industria costretta a chiudere da noi e a delocalizzare in Paesi dove il costo della mano d’opera sia minore e con regole fiscali più favorevoli.
Si ricordi che sui manuali di economia si cita che l’obiettivo principale per un’azienda è il profitto!
Chi ha i soldi, ben protetti in finanziarie, continua a guadagnare mentre operai e tecnici perdono il posto di lavoro. Non aumentano le “disuguaglianze” tanto
vituperate e la povertà di cui ci si lamenta sempre nei discorsi dei politici?
Un rallentamento di tale “andazzo” potrebbe essere il possedere una tecnologia elevata che non possa essere imitata da chi produce economicamente.
Ciò è successo, in realtà, all’inizio della globalizzazione, quando molte aziende europee hanno impiantato fabbriche ad esempio in Cina che, molto intelligentemente, ha obbligato ad assumere sue maestranze al 50% in modo da imparare i segreti tecnologici e, poi, diventare autonomi.
“Impara l’arte e mettila da parte” si dice!
Ormai l’Europa sembra essere messa fuori gioco perché una vera unione politica tra le varie Nazioni, penso, non si farà mai. La partita si giocherà principalmente tra USA (potenza attualmente in declino) e Cina ( potenza in ascesa) che ha dalla sua parte il mondo dei Brics.
Qui entra in gioco Trump dipinto come persona stravagante, bullo e quasi fuori di senno a detta di noti economisti.
A mio giudizio quanto detto sul Presidente USA in parte è vero: sguaiato, a volte offensivo, narcisista; ma sui dazi penso che non sbagli anche se avanza in modo caotico forse per “strategia contrattuale”. Certo sembra folle, ma è più folle tale comportamento o quello serio e compassato di agenzie di rating come Moody’s o Fitch che nel 2008 avevano assegnato la “A” o più alla Lehman Brothers fallita subito dopo e trascinando il mondo economico in una grande crisi dovuta a titoli spazzatura?
Una volta il capitale era correlato alla capacità produttiva, adesso con titoli di ogni tipo (derivati) è più vicino ai casinò.
Non è folle pensare che il PIL debba aumentare senza fine insieme alla produttività in un mondo limitato, facendo aumentare anche la popolazione?
Come se in una casa volessimo mettere sempre più mobili e sempre più persone.
Erasmo forse aveva ragione! Chi è sano e chi è folle?
Giampaolo Zecchini