Si parlava ieri di diritti essenziali conculcati.
Conculcare è una parola orribile. Dice la Treccani: conculcare vuol dire “calpestare con forza”, “violare, oltraggiare”.
In questi giorni aumentano sulla stampa (Manifesto, Domani ed altri) gli accenti critici sulle forme economiche esclusive ed escludenti. Tra queste è il turismo. Non so se questo approccio così netto sia giusto, non ne sono del tutto convinto, ma forse vale la pena farsi qualche domanda.
Il turismo si sta mangiando il diritto delle comunità residenti? Questo cominciano a chiedersi in molte città ormai quasi solo turistiche, come Firenze, Venezia, Napoli… E nelle località balneari che cosa succede, che se ne pensa?
Al di fuori delle grandi città, dei centri storici rinomati, si affaccia, al contrario, sempre più tagliente il problema del declino demografico. Anna Stagno, una brava archeologa che studia l’appennino ligure ha attirato la mia attenzione su un discusso documento governativo, il Piano strategico Nazionale per le Aree Interne (PSNAI): centinaia di paesi delle aree interne italiane, del Sud ma non solo, sono destinati a scomparire. Il fenomeno dello spopolamento è ormai considerato inarrestabile e si ritiene preferibile, e più conveniente, governare il declino accompagnando queste piccole realtà alla fine nella maniera più indolore e meno costosa possibile.
Già qui, anche le piccole isole, non solo monti, boschi e valli, dovrebbero cominciare a sentire un po’ di puzzo (cattivo odore per i ben parlanti). Ma non credo.
Il documento dice esplicitamente che «la popolazione può crescere solo in alcune grandi città e in specifiche località particolarmente attrattive». Ecco, dunque, che la difesa a oltranza delle identità locali, tanto sbandierata a destra (ma un po’ anche a sinistra) viene meno. Eppure, non si era parlato di rivitalizzazione dei piccoli centri e incentivi a risiedere nei paesi proprio durante la pandemia? E non dovevano essere destinati a questi scopi almeno una parte dei fondi un tempo definiti, ricordate, “Next Generation EU”?
Nell’Obiettivo 4 del PSNAI si dice che le aree interne con una struttura demografica compromessa oltre che con basse prospettive di sviluppo economico e deboli condizioni di attrattività», non saranno abbandonate a sé stesse» ma saranno assistite in un percorso di “declino e invecchiamento in modo da renderlo socialmente dignitoso per chi ancora vi abita».
Trovo questo agghiacciante oltre che cinico. Il Paese, il nostro Paese, di fronte ad una criticità non cura e non combatte, ma si arrende con una sorta di eutanasia sociale e demografica: mi dispiace ma non ho soldi per te, ti sopprimo senza farti soffrire.
Tutto questo avviene in un contesto già appesantito dalla ormai cronica assenza di ascensore sociale, in cui è impossibile per una famiglia mantenere un figlio fuori a studiare. In una situazione in cui si fomenta la paura identificando il benessere sociale con la sicurezza. In cui vige una conflittualità sociale troppo bassa (chi protesta legittimamente è un terrorista).
A tutto questo si aggiunge la progressiva svalorizzazione del lavoro pubblico e del lavoro in generale. E lo stesso lavoro tende sempre più ad essere visto come pura e semplice occupabilità (tenetevi il posto e non vi lamentate), senza più attenzione per la qualità del lavoro stesso, fatto anche di sicurezza, salute, soddisfazione, responsabilità del lavoratore. Senza stabilità e centralità del lavoro non potrà mai esserci benessere diffuso. Non sono anche questi diritti inalienabili, proprio come il diritto a un paesaggio portatore di benessere e di qualità della vita? Già, ma quale paesaggio? Spiagge e centri consumati dall’overtourism o bellissimi paesini abbandonati a sé stessi per tutto l’anno o per una sua parte?
Anche questa è una politica da ripensare ma va fatto (e dovrebbero farlo anche gli amministratori) e non saranno gli accanimenti sviluppistici a risolvere la questione.
Ciò detto, andiamo a votare.
Franco Cambi