Sul problema ungulati, Yuri Tiberto e qualcun altro ha fatto “i conti della serva” su quella che è la strada da seguire. Ci hanno detto in sintesi, che per abbattere i cinghiali, bisogna spendere ma spendere bene, altrimenti si va poco avanti.
Eppure, si tengono incontri, si discute, si analizza, si fanno comunicati delle riunioni. Mi sembrano tutte strade per non affrontare di petto il problema. Perché? Perché il problema va affrontato con azioni e non è detto che le azioni di eradicazione da intraprendere siano tutte fatte bene e, magari, le migliori in assoluto. Bisogna agire, agire e niente altro. Una delle ultime esternazioni è che creare una filiera elbana di sfruttamento delle carni di cinghiali in loco sarebbe antieconomico. Forse c'è del vero in questo ma è certamente vera una cosa: non si può prima creare la filiera e poi, dopo, successivamente, iniziare le azioni di eradicazione.
Le azioni di eradicazione vanno subito adottate, poi ,quasi immediatamente, va deciso come smaltire e poi... vedremo.
Interessare i cacciatori locali, che potrebbero essere a costo zero oppure quasi zero, può essere cosa saggia e giusta. Si può vedere quanto può costare far abbattere gli ungulati da chi vive in loco, permettendo di vendere la carne dell'animale, che è certamente gustosa e che quindi ha un valore.
Ci saranno dei costi, più o meno alti? Forse si, forse no, ma - ripeto ancora - è veramente finito il tempo delle parole. Nel caso le Istituzioni non lo avessero capito, il quadro teorico è ben delineato e lo è da tempo. C' è solo (solo...) da mettersi a tavolino (domattina e non la prossima settimana , sia chiaro) e discutere con i migliori interlocutori possibili, tirare sul prezzo ed andare avanti, cioè agire, cioè eradicare. Magari, in corso d'opera, si vedrà se aggiustare il tiro. Ma non c'è più da tornare sull'argomento, c'è solo da riflettere su chi ha il dovere di fare e non fa.
Guido Retali