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Elezioni Regionali, le proposte di Legambiente ai candidati toscani su transizione ecologica e decarbonizzazione

Scritto da  Legambiente Toscana Sabato, 04 Ottobre 2025 10:00

La centralità dell’attuazione della transizione ecologica e delle politiche di decarbonizzazione sono al centro delle proposte di Legambiente Toscana ai candidati e alle candidate alle Elezioni Regionali, che si terranno nella nostra regione il 12 e 13 ottobre. Il documento organizzato in 10 paragrafi è stato presentato durante la conferenza stampa "Scenario 2030" alla Libreria Libri Liberi a Firenze con la partecipazione di Fausto Ferruzza, presidente Legambiente Toscana e Stefano Ciafani, presidente nazionale Legambiente.

 

“Ci rivolgiamo a tutte le candidate e a tutti i candidati alle prossime Elezioni Regionali; - dichiara Fausto Ferruzza, presidente di Legambiente Toscana - il nostro vuole essere un contributo costruttivo per orientare un dibattito e una campagna che finora poco hanno toccato i temi che ci sono più cari: conversione ecologica e politiche attive di decarbonizzazione. Il nostro breve documento, che non ha alcuna pretesa di essere esaustivo, tocca quelle che consideriamo le nostre priorità, dalla rivoluzione gentile delle rinnovabili al no alle grandi opere come l’aeroporto, dall’agro/ecologia alla promozione della mobilità sostenibile, dal miglioramento della matrice acqua alla salvaguardia della biodiversità, sia in ambito rurale che urbano. Insomma, una vera e propria bussola verde che traguarda il 2030”.

 

LE NOSTRE PROPOSTE PER LE ELEZIONI REGIONALI DEL 12-13 OTTOBRE 2025

«SCENARIO TOSCANA 2030»

 

Premessa

La Toscana è da sempre terra di pace, di diritti e di opportunità. Sotto la guida di Pietro Leopoldo fu il primo Stato al mondo ad abrogare la pena di morte (30 novembre 1786), data che ancora oggi celebriamo con la Festa della Toscana. Più recentemente (marzo 2025), è stata la prima regione in Italia a dotarsi di una legge che riconosce pienamente l’autodeterminazione nel fine vita. Per questo pensiamo che, in un contesto globale sempre più cupo e distopico, sia necessario e lecito pretendere di più dalle nostre Istituzioni Regionali nelle politiche di decarbonizzazione e conversione ecologica.

 

La gravità in cui si è avvitata la crisi climatica, infatti, è tale che non possiamo più permetterci esitazioni o rallentamenti, come invece ancora troppo spesso constatiamo nell’azione di governo regionale. Per queste ragioni, di seguito, proponiamo quelle che ci paiono le priorità più urgenti, affinché si possa immaginare davvero una Toscana 2030 ancora più bella, più pulita, più giusta di oggi.

 

Acque

Secondo i dati ARPAT stiamo assistendo a un peggioramento evidente sia della qualità ecologica che chimica delle acque superficiali rispetto al triennio precedente: siamo lontani dal raggiungimento dell’obiettivo qualitativo indicato dalla Direttiva 2000/60, che prevede il raggiungimento del livello “Buono” per tutte le acque al 2027. Molte le cose da fare quindi, a partire da una gestione sostenibile degli ecosistemi fluviali facendosi aiutare dalla natura. È necessario affrontare la criticità relativa agli scolmatori di piena delle fognature; migliorare l’efficienza dei depuratori esistenti; trattare in modo adeguato gli scarichi sotto i 2000 AE anche grazie all’incremento della depurazione alternativa; riutilizzare le acque reflue anche nel settore agricolo (si veda regolamento UE 741/2020); migliorare la qualità delle acque del rubinetto (vedi anche Water Safety Plan) che vogliamo diventino sempre più competitive con le minerali; in agricoltura è necessario pensare a una rapida riconversione verso colture meno idroesigenti, e al contempo incrementare il controllo sull’utilizzo dei fitofarmaci e pesticidi (AMPA è responsabile di moltissime criticità di natura chimica delle acque). Nota particolare la meritano le sostanze perfluoroalchiliche (PFAS), tra cui il Perfluoro-ottano sulfonato (Pfos), che sono diventate criticità di rilievo per molti corsi d’acqua anche in Toscana, tanto da richiedere un approfondimento più specifico sulle fonti. Per le microplastiche riteniamo infine opportuno che il controllo debba rientrare tra i criteri di valutazione del buono stato delle acque interne e che quindi sia da inserire nella Direttiva Quadro Acque così come già avvenuto per la Direttiva Marine Strategy.

 

Ambiente e lavoro

La questione del lavoro declinata nella conversione ecologica dell'economia deve essere affrontata, a livello regionale, da due punti di vista. Il primo è quello della qualità del lavoro e degli spazi di autonomia e libertà che esso riserva alla persona. Una questione cruciale, che può essere affrontata in sede di accordi aziendali con percorsi di formazione permanente e con l’organizzazione di gruppi cooperanti coi nuovi sistemi di intelligenza artificiale, per ottenere una migliore qualità della vita e più innovazione (di processo e di prodotto). Il secondo punto di vista è quello della creazione di nuovo lavoro, che si traduce in nuova e durevole occupazione, ma anche in nuovi impianti, per una efficace riconversione produttiva, tecnologica ed energetica visti gli ambiziosi target di decarbonizzazione da raggiungere (Clean industrial deal). Tra questi due piani esiste uno stretto collegamento che andrà sostenuto e finanziato con apposite “misure regionali”. Anche perché la Toscana non può e non potrà adagiarsi sulle rendite di posizione che le derivano dall’overtourism delle sue città d’arte ma dovrà, invece, far di tutto per recuperare la sua straordinaria vocazione manifatturiera.

 

Mobilità e trasporti

La mobilità è al centro dell’azione amministrativa regionale, per il pesante impatto che ha su ambiente, clima e salute, e per il suo ruolo chiave nei processi produttivi e nella qualità della vita delle persone. Noi chiediamo più mobilità sostenibile e non “grandi opere” anacronistiche, come il nuovo aeroporto di Peretola o gli “Assi Viari” di Lucca. La priorità deve essere quella di un trasporto pubblico efficiente, conveniente e capillare, che risulti vantaggioso rispetto al mezzo privato. Per questo occorrerà investire, anche nella fase post-PNRR, sulla rete ferroviaria e sul materiale rotabile, in particolare sulla rete regionale e IC, e sull’adeguamento delle stazioni di Arezzo e Chiusi piuttosto che su una nuova stazione AV in linea. Anche dal TPL su gomma è importante pretendere un cambio di passo, che aiuti a contrastare la sfiducia nel mezzo pubblico, e in questo senso è urgente il completamento della rete tramviaria di Firenze, come pure la progettazione di tramvie in altri capoluoghi. “Cura del ferro” e TPL possono, infatti, trarre vantaggio da una maggiore interazione coi servizi di Sharing Mobility, che possono esserne elemento complementare e integrativo, (per l’ultimo miglio e non solo), ampliando notevolmente l’utenza coinvolta. Infine, mentre nelle città la mobilità attiva è in crescita, e si deve accelerare questo processo lavorando su ciclabilità e pedonabilità, sicurezza stradale («città 30 Km/h») e redistribuzione dello spazio urbano, la rete delle ciclovie regionali deve diventare sempre più estesa e continua, al servizio di turisti e pendolari. È necessario infine rendere più omogenea e capillare la rete di ricarica per i veicoli elettrici, accompagnando questi cambiamenti epocali con incentivi per la mobilità sostenibile, e promuovendo provvedimenti di progressiva limitazione alla circolazione dei mezzi più inquinanti.

 

Adattamento: per città e territori più resilienti

La crisi climatica nell’ultimo lustro ha riservato alla Toscana una continua alternanza tra lunghi periodi caldi e siccitosi e improvvise, catastrofiche precipitazioni estreme. Ebbene: non si può risolvere questo problema insistendo con l’approccio tecnocratico che ha contribuito a generarlo. Ovunque bisogna, invece, porre più attenzione al deterioramento dei cicli idrici, indotto dalle gravi alterazioni dei rapporti tra precipitazioni, deflussi ed evapotraspirazione delle piante. Perciò è necessario ridurre l’impermeabilizzazione, arrestando il consumo di suolo e ampliando invece infrastrutture verdi e corridoi ecologici. È questa la suggestione delle “città spugna”, che immagina i bacini urbani più simili a ecosistemi naturali: cioè con ruscellamento lento, infiltrazione nel suolo con ricarica degli acquiferi (le falde sono infatti i più grandi invasi a disposizione!) ed evapotraspirazione efficiente per la presenza del verde. In tutti gli ambiti territoriali (urbani e rurali) è necessario quindi pianificare e progettare assecondando la natura. Per questo, LR 65/2014 e PIT/PPR devono essere difesi da attacchi strumentali e ideologici: legge e piano sono, infatti, ancora validi argini contro «ecomostri» e nuove frontiere del consumo di suolo (poli della logistica, grandi impianti AI, etc.). Infine, non possiamo tacere sullo scempio che il modello estrattivista sta continuando a compiere nel distretto lapideo apuano. Uno scempio insostenibile, da tutti i punti di vista: ambientale, sociale ed economico. Pertanto, chiediamo ancora la chiusura di tutte le cave intercluse nel Parco e un prelievo più sobrio nel Distretto.

 

Mitigazione: per un nuovo modello energetico

Se vogliamo davvero “mitigare” il rischio climatico – consci degli ambiziosi obiettivi UE di neutralità emissiva al 2050 – occorre però redigere soprattutto e urgentemente un piano di decarbonizzazione per la nostra regione. Ebbene, il 75% delle leve su cui dovrà fondarsi questo piano riguarda l’energia. Innanzitutto, quella che dovremmo non usare, abbattendo quindi ogni forma di spreco e/o inefficienza. Poi, perorando la nascita e il consolidamento di Comunità Energetiche Rinnovabili e Solidali (CERS) ovunque sarà possibile. Soprattutto, però, favorendo e accompagnando la «rivoluzione gentile» delle fonti rinnovabili. Sole, vento e acqua: fonti pulite, gratuite e continuamente rigenerabili, che dovranno obbligatoriamente sostituire (e presto!) petrolio, gas e carbone. Per questo, siamo irritati per il continuo rimpallo di responsabilità tra Stato e Regione nel (non voler) redigere un piano cogente sulle aree idonee alle FER. La bozza in fase di approvazione in Consiglio alla fine della legislatura 2020/2025 a nostro avviso, infatti, è assolutamente inadeguata a raggiungere i target intermedi al 2030 e del tutto risibile di fronte a quelli al 2050.

Ci aspettiamo, pertanto, che vengano urgentemente pianificate aree idonee e di accelerazione per parchi eolici e impianti agrivoltaici e che si avvii una sostanziale liberalizzazione per il fotovoltaico sulle coperture. È quella che noi chiamiamo prospettiva «paesaggi rinnovabili».

 

Agroecologia, biodiversità e aree protette

La scienza ci dice che crisi climatica e perdita di biodiversità sono interdipendenti e che all’aggravarsi dell’una, anche l’altra deteriora il proprio status. La natura continua quindi a essere la nostra migliore alleata nel «contrasto» ai cambiamenti climatici: perciò istituire nuove aree protette dovrebbe essere un asset strategico per ogni regione del nostro Paese. Questo vale a maggior ragione per la Toscana, ricchissima di paesaggi rurali ed ecosistemi unici al mondo, ma che vede solo il 9% del proprio territorio protetto. Il che significa che per recepire la Strategia Europea per la Biodiversità (30% di territori e mari protetti entro il 2030!) qui dovremmo più che triplicare le superfici a terra e addirittura sestuplicare quelle a mare. Entro questo scenario, allora, potrebbe tornarci utile immaginare la messa in opera di alcuni nuovi Parchi Regionali. Innanzitutto: il Parco Agricolo della Piana (totalmente ortogonale e alternativo alla realizzazione del nuovo aeroporto di Peretola), di cui recentemente, con altre 40 organizzazioni regionali e locali, abbiamo firmato il Patto di Comunità. Poi: il Parco Palustre del Padule di Fucecchio/ Lago di Sibolla, che ricordiamo essere il più grande sistema di aree umide interne del Paese. Ancora: il rilancio e la rigenerazione dell’originario progetto della Parchi Val di Cornia Spa (comprensivo del SIC di Rimigliano e del parco archeo/minerario di San Silvestro). Infine: la traduzione in Parco Regionale dell’ex ANPIL interprovinciale delle Balze (nel Valdarno Superiore), già candidata dagli enti locali a potenziale geosito UNESCO.

 

Verde urbano

Ma oggi non ci può più bastare ampliare la dimensione biotica negli spazi aperti: la scommessa è far entrare (ripristinare) la natura in città (cfr. Nature Restoration Law). Ecco: negli ultimi anni, in molti comuni, i servizi di manutenzione del verde urbano sono stati esternalizzati. Questa operazione ha comportato discontinuità, eterogeneità e deterioramento qualitativo degli interventi sulle alberature, e non solo. I costi dei singoli interventi non sono stati poi necessariamente minori, mentre la mancanza di continuità ha avuto anche un forte impatto gestionale sul verde (alto tasso di disseccamenti, alberi meno funzionali e sicuri, etc.). Proponiamo quindi che la Regione promuova la reinternalizzazione di questi servizi, favorendo anche la nascita di società “in house” in capo ai Comuni o alle Unioni dei Comuni, in grado di garantire continuità di gestione, professionalità e conseguente miglioramento della qualità del verde urbano e dei servizi ecosistemici da esso forniti. Questo porterebbe oltretutto nuovi posti di lavoro, ad alto contenuto di conoscenza. La manutenzione del verde e la forestazione urbana, come altri servizi offerti alla cittadinanza, dovranno avere un soggetto specializzato autosufficiente, per tutte le operazioni, ordinarie e straordinarie. Chiediamo, infine, che a tale scopo la Regione possa individuare strutture pubbliche già esistenti, oggi sottoutilizzate o dismesse, in modo da fornire sedi adeguate ai nascenti servizi per il verde urbano.

 

Economia circolare e bonifiche

L’approvazione del Piano Regionale dell’Economia Circolare (gennaio 2025) ha segnato un importante cambio di passo nella filosofia con cui le Istituzioni toscane hanno svolto i propri compiti di pianificazione. Per la prima volta nella storia della nostra regione registriamo infatti la piena consapevolezza circa il ruolo centrale che dovranno assumere gli impianti. Con la nuova legislatura andranno quindi affrontati alcuni dei limiti che la prima fase di attuazione del PREC ha palesato: molte delle “manifestazioni di interesse” avanzate da gestori pubblici e imprese private, infatti, sono naufragate ancor prima di partire, soprattutto quelle che puntavano alla chiusura del ciclo per le frazioni non compiutamente riciclabili, come ad esempio gli impianti “di riciclo chimico”. Di fatto, in questo contesto e date le criticità create dal flop dei progetti Waste to Chemical di Stagno e Terrafino, la Toscana sembra ancora affidarsi agli inceneritori e, in misura ancor maggiore, alle discariche. Diciamo di più: il cosiddetto «modello Peccioli» continua ancora a infatuare molti (troppi) osservatori, mentre la RD in quel Comune resta inchiodata a un misero 37% (dato 2023). Poiché restiamo convinti che per arrivare a “rifiuti zero” siano necessari “impianti mille”, siamo altrettanto persuasi che il pubblico (e quindi i gestori dei servizi ambientali nella loro generalità) non possano affidarsi totalmente al mercato né continuare a tollerare l’attuale “nomadismo” dei rifiuti. E se questo vale per gli urbani, ancora maggior sforzo dovrà esser profuso nella gestione dei rifiuti speciali: anche per questi il modello discarica dovrà restare residuale e andranno incentivate con ancora più determinazione ed efficacia “economie circolari” in tutti i distretti industriali toscani (il tessile, il conciario, il lapideo, l’orafo).

Ultimo impegno che sollecitiamo con forza (almeno per le potestà e le responsabilità che competono alla Regione Toscana) è quello sulle bonifiche, l’esecuzione delle quali resta purtroppo “al palo” sia nei SIN che nei SIR toscani.

 

Contro le ecomafie: più trasparenza e più partecipazione

Nell’ultimo quinquennio (2020/2025) stiamo assistendo a un preoccupante aumento degli ecoreati registrati in Toscana. La soglia psicologica dei 2.000 all’anno è stata ampiamente infranta e l’ultimo dato disponibile (2024) ci consegna la cifra record di 2.587 infrazioni, tra penali e amministrative. Stiamo parlando soprattutto di reati nel ciclo del cemento (piccoli grandi abusi edilizi, estrazione illegale, irregolarità negli appalti) e nella gestione dei rifiuti (discariche abusive, falsificazione dei codici CER, traffico illecito). In aumento, purtroppo, anche le infrazioni contro gli animali (abbandono o maltrattamento delle specie domestiche, bracconaggio, pesca di frodo, etc.) capitolo che, vista l’introduzione del tema nell’Art. 9 della Costituzione, meriterebbe un’analisi più puntuale sui nostri territori. Per questo, al di là delle grandi inchieste giudiziarie (Dangerous Trash, Demetra, Blu Mais, Keu) chiediamo più attenzione nelle attività istituzionali di deterrenza. Insomma: più trasparenza e più partecipazione!

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Ultima modifica il Sabato, 04 Ottobre 2025 11:10