La rappresentazione teatrale si è svolta all’interno dell’area del Museo Italo Bolano in uno spiazzo raccolto, sapientemente organizzato tra arboree quinte naturali e accenti di giardinaggio che si fondevano con l’allestimento scenico, sobrio ma allusivo. Uno spazio che ha saputo evocare l’atmosfera dantesca con un’immediatezza che solo l’arte può raggiungere quando riesce a parlare al cuore prima ancora che alla mente. Il numeroso pubblico presente ha accolto l’inizio della rappresentazione con attenzione partecipe, e ha ricambiato il finale con applausi sinceri e prolungati, a testimonianza dell’intensità e della piacevolezza dell’esperienza vissuta.
Lo spettacolo, ideato da Angela Chih e Anna Viacos, ha trovato nel contesto naturale e artistico del giardino di Italo Bolano il palcoscenico ideale. La calorosa accoglienza di Alessandra Ribaldone, titolare e custode del museo, ha dato un’impronta familiare e al tempo stesso elegante alla serata, trasformandola in un evento che ha saputo fondere poesia, scenografia e partecipazione.
Protagonista assoluta è stata la voce femminile, declinata in tutte le sue possibilità espressive, grazie alla presenza scenica delle attrici della Compagnia delle Tisane, una formazione teatrale tutta al femminile, estroversa e capace, che ha reinterpretato alcuni dei passi più emblematici della Divina Commedia con particolare riferimento all’Inferno.
Il dato più sorprendente non è stato tanto nella scelta dei testi, noti e scolpiti nella memoria di tutti, quanto nel modo nuovo in cui sono stati restituiti al pubblico. Le attrici non hanno recitato i versi per apparire, né per esibirsi in declamazioni di maniera: ogni intervento era personale, sincero, interiorizzato, talvolta estroverso talvolta molto raccolto. Nulla della teatralità spettacolare a cui alcuni interpreti ci hanno abituati, dove la voce cerca l’effetto più che il senso. Qui, al contrario, la voce si è piegata al ritmo della coscienza, con un tono che penetrava senza alzarsi in toni drammatici e che in certi passaggi sussurrava senza spegnersi.
Ciascuna attrice ha declamato i propri versi in modo distinto, facendo emergere non tanto la figura maschile del personaggio dantesco, quanto il suo ritmo interiore. La variabilità vocale nella tonalità, nella velocità, nell’ampiezza del respiro tra i versi, ha restituito a ciascun passo della Commedia un carattere unico, senza scimmiottamenti e senza sovrastrutture. Alcune attrici hanno scelto una dizione lenta e grave, altre un’intonazione affilata e ritmica, altre ancora un canto sommesso, quasi da veglia notturna. Ma tutte hanno condiviso una cifra comune: l’eleganza del non voler prevalere sul testo.
Suggestiva anche l’idea di far ruotare le attrici non impegnate nella declamazione in cerchi concentrici attorno alla scena, simbolizzando i gironi infernali, animati da presenze inquietanti e silenziose. Questa scelta mimico-coreografica ha reso lo spettacolo visivamente eloquente, senza mai diventare didascalico. Era come se i versi recitati da una voce trovassero eco visiva nel movimento delle altre, in una continuità circolare che rifletteva perfettamente la struttura dell’Inferno dantesco.
Il pubblico, toccato da sensibilità diverse, ha potuto sintonizzarsi di volta in volta con l’una o l’altra interprete, secondo l’affinità emotiva o il timbro della scena. Questo ha generato una distribuzione di piacevolezza diffusa, che non centralizzava l’attenzione su un’unica attrice, ma faceva della coralità la vera protagonista. Un’idea di teatro inclusivo e risonante, in cui ogni spettatore ha trovato qualcosa di proprio o di perduto.
A fine serata, Alessandra Ribaldone ha congedato la numerosa platea con parole brillanti, capaci di sintetizzare lo spirito dello spettacolo e di aprire lo sguardo sul futuro del museo. Ha preannunciato nuovi appuntamenti culturali di rilievo, sottolineando che il loro successo sarà ancora maggiore quando, finalmente, il Comune di Portoferraio concederà l’autorizzazione da tempo richiesta, per la realizzazione di un adeguato parcheggio per i visitatori.
Si può concludere che con questa rappresentazione, la Compagnia delle Tisane ha offerto un esempio autentico di teatro poetico: un’esperienza in cui i versi di Dante non sono stati interpretati per essere capiti, ma declamati per essere sentiti. E forse, in quella vibrazione femminile che li ha attraversati, abbiamo potuto intuire che l’aldilà dantesco è meno lontano di quanto crediamo: è nella nostra voce, nella nostra memoria, e soprattutto nella nostra capacità di ascoltare.
Alberto Zei






