Le due partecipate iniziative che a San Piero e Marciana Marina hanno visto Umberto Mazzantini intervistare Beppe Tanelli sul suo libro “Il Parco del grande Mare” si sono trasformate in una ricostruzione dei primi anni di vita del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano sotto la presidenza dello stesso Tanelli e poi nella ricostruzione del cammino politico/amministrativo che ha portato il Parco alla situazione attuale, con una crisi istituzionale che potrebbe rivelarsi molto pesante.
Anche perché, come è emerso in tutte e due le serate, il Parco Nazionale ha ereditato un’emergenza – anzi due – quella dei cinghiali e dei mufloni, creata da altri e che viene affrontata in maniera diversa (e con diversa efficienza e risultati) all’interno e all’esterno dell’area protetta.
Non a caso, già nel 1997, nella prima riunione del Consiglio direttivo del Parco il primo punto all’ordine del giorno fu l’emergenza cinghiali ed è bene ricordare che è stato proprio il Parco Nazionale a prospettare, con ben tre delibere di consiglio successive, e oggi con la bozza di piano di intervento, l’eradicazione dei cinghiali e dei mufloni all’Elba.
Un piano da finanziare ed attuare al più presto possibile, tenendo conto anche delle nuove sensibilità animaliste e aprendo un confronto franco e serrato con le associazioni che le rappresentano, ma che rischia di rimanere bloccato e non partire dalla vicenda della nomina del nuovo presidente del Parco che può ritardare di molti mesi una decisione ormai non più rinviabile e della quale devono farsi carico con maggior coraggio anche la Regione Toscana e il ministero dell’ambiente e il governo.
Tanelli e Mazzantini hanno condiviso anche la necessità di una riforma strutturale della legge 394/91 sulle aree protette, ormai vecchia e superata dalle nuove normative europee su biodiversità e ripristino della natura, portando i Parchi italiani ai livelli di quelli europei e con amministrazioni più agili, basate sulla scienza, che tengano conto delle nuove esigenze dettate dai cambiamenti climatici e dalle energie rinnovabili, mantenendo al contempo uno stretto rapporto con le comunità locali.
Il libro di Tanelli è la cronaca puntuale e a volte sorprendente di un inizio (ad esempio viene fuori che il nucleo legislativo e territoriale del Parco lo creò la Democrazia Cristiana, non la sinistra come in molti credono), ma anche di un entusiasmante azione pionieristica nei primi anni e poi di occasioni colte e mancate.
Quello che è certo è che le fake news che diffondevano ormai 30 anni fa gli antiparco (non si potrà più fare il bagno, pescare, fare funghi e castagne, coltivare quel che ci pare, andare a passeggio sui sentieri…) si sono rivelate irrealistiche paure, ma che grandi problemi restano da affrontare sia dentro il parco nazionale che (soprattutto) fuori.
Intanto, anche i partiti di destra che osteggiavano il Parco ora lo sostengono, fino a volerlo governare con propri uomini continentali, e questo, sia per Tanelli che per Mazzantini è il segno di una svolta politica e culturale positiva, ma il rischio che oggi corre il Parco è proprio quello della “normalizzazione”, di diventare un altro ente locale e, alla fine, davvero un Parco di carta, come piacerebbe molto a chi si opponeva allora e si oppone ancora oggi alla protezione della natura e del paesaggio.






