Per chi ha vissuto gli anni in cui Enrico Berlinguer è stato segretario del Partito Comunista Italiano, assistere alla proiezione del film “Berlinguer - la grande ambizione” è stato un pugno allo stomaco, un rinnovato dolore difficile da dimenticare.
Di solito, quando arrivano i titoli di coda di un film, uno comincia ad alzarsi, a guardarsi intorno, a mettere il soprabito e a rimettere in connessione il cellulare. L’altra sera invece, a pellicola finita, sono rimasto fermo, immobile, commosso e invaso da una tristezza palese e condivisa con le persone che mi stavano affianco per quella storia, per la fine prematura di quell’uomo che aveva dedicato la propria vita alla causa della classe operaia, per la giustizia sociale, per la pace e l’autodeterminazione dei popoli, per la costruzione di un nuovo ordine sociale.
E’ stato un uomo coraggioso e lungimirante. Un uomo del popolo non un populista; onesto, capace di parlare di fronte a milioni di persone senza scendere nella facile retorica. Un uomo vero che credeva fortemente nei valori fondanti della Costituzione italiana. Una speranza, questo era Berlinguer per noi giovani degli anni settanta. Alla fine del film, non avevo parole da profferire, come si è davanti al lutto per la morte di una persona cara.
Ricordo con commozione quei giorni del giugno 1984 e in particolare l’agonia vissuta in un letto d’ospedale dopo l’ictus che lo aveva colpito durante il comizio di Padova. Ricordo i funerali a cui ho partecipato insieme a quel milione e mezzo di compagni, di bandiere rosse e di persone comuni. Rimane indelebile l’immagine del Presidente della Repubblica Sandro Pertini abbracciato alla bara quasi a voler accarezzare un figlio perduto, il figlio dell’Italia perbene. Questo sogno di un’Italia nuova, la dichiarata ambizione di Berlinguer, furono spezzati per sempre dal rapimento e poi dalla morte di Aldo Moro. Se guardo adesso allo spettacolo indegno che ogni giorno mostra l’attuale classe politica, beh, si ha motivo per avere nostalgia per quegli anni animati dalla passione vera.
Salvatore Insalaco