Nelle sale austere e fresche della Gran Guardia di Portoferraio, l’estate elbana ritrova una delle sue espressioni più autentiche e suggestive: l’incontro tra pittura e interiorità. È infatti in corso, da pochi giorni, la nuova mostra del Circolo degli Artisti Elbani, che propone a rotazione le opere di diversi interpreti locali in un continuo avvicendarsi di forme, colori e visioni. Questa tornata espositiva si affida a tre nomi ormai familiari al pubblico dell’isola: Stefano Angiolucci, Giovanni Di Brizzi e Luigi Congedo, ciascuno portatore di una voce distinta, ma sorprendentemente accordata alle altre, come se un medesimo impulso poetico le avesse condotte verso una narrazione a tre voci.
Il mare come enigma della condizione umana – Stefano Angiolucci
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Ad aprire idealmente il percorso è Stefano Angiolucci, con una serie di dieci tele che sembrano costituire una lunga passeggiata lungo la costa. Le sue marine non sono vedute rassicuranti né descrizioni turistiche: sono piuttosto visioni interiori, nelle quali l’azzurro prevalente, modulato con sapienza tra ombre e trasparenze, si increspa talvolta in fiotti bianchi che rompono la superficie con la forza dell’imprevisto. .
L’acqua calma, improvvisamente turbata, diventa metafora della vita stessa: un fluire solo in apparenza regolare, sempre pronto a essere sovvertito da un’irruzione inattesa. È proprio in queste fratture di luce e schiuma che si rivela la potenza espressiva dell’autore: l’onda che colpisce la scogliera non è un accidente del paesaggio, ma un evento esistenziale, un momento di crisi che, proprio infrangendosi, illumina il quadro con maggiore intensità. L’arte di Angiolucci, in questo senso, è una meditazione pittorica sull’equilibrio fragile tra quiete e tempesta.
Tre alberi, tre destini – Giovanni Di Brizzi
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Cambia totalmente registro Di Brizzi, che concentra la propria riflessione su un unico motivo, ripetuto e rielaborato con forza simbolica: quello dei tre alberi. Non è un semplice soggetto naturale, ma un archetipo che l’artista trasforma in racconto. I tronchi, colti nella loro nuda essenzialità, senza orpelli vegetali, diventano presenze quasi umane, depositarie di ruoli e di memorie.
Il primo, saldo e possente, è la figura che regge l’insieme; il secondo, più sottile, sospeso tra slancio e incertezza, rappresenta il tempo presente; il terzo, il più giovane, proteso verso l’alto, è la promessa del futuro, ancora in formazione. In questa triade muta si condensa una visione della famiglia come struttura invisibile ma tenace, fatta di tensioni non urlate, di legami che resistono al disincanto. La scelta stilistica di sottrarre rigoglio e colore alle sue piante rende ancora più evidente la volontà di parlare non della natura ma della vita interiore: quella che affonda le radici nel passato per sostenere l’attesa del domani.
Congedo e la grammatica visiva del particolare – Luigi Congedo
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L’esposizione si chiude con le opere più “concettuali” di Luigi Congedo, che affida alla geometria dei segni e alla disposizione dei volumi il compito di rappresentare un mondo in costante trasformazione. I suoi quadri non illustrano il reale, minuziosamente lo ricompongono: sono costellazioni di linee, forme e campiture che ricordano un mosaico di emozioni e paesaggi.
In particolare colpisce la sua inclinazione a distendere gli elementi in orizzontale, come se il tempo stesso si fosse dilatato: le onde, i solchi della terra, i rami degli alberi o le nubi si dispongono lungo l’asse visivo come tracce stilizzate, come segni lasciati dal mondo sul suo stesso corpo. È una pittura che non racconta ma allude, che non spiega ma lascia emergere – per chi sa coglierla – una logica simbolica interna, fatta di contrappunti tra pieni e vuoti, tra luce e spazio, tra ciò che è detto e ciò che si sottrae. Congedo, in questo senso, non costruisce solo immagini, ma linguaggi: e ci invita a leggerli.
Tre percorsi, una sola vibrazione
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L’insieme dell’esposizione si presenta come un invito alla riflessione, che supera l’ambito strettamente estetico per toccare corde più profonde. Angiolucci ci parla del mare che ognuno porta dentro, con le sue bonacce e le sue burrasche; Di Brizzi ci consegna un’immagine struggente della solidità familiare; Congedo ci spinge a decifrare il mondo con occhi nuovi, capaci di riconoscere il senso anche nella frammentazione. .
Tre pittori, tre approcci alla realtà, ma un’unica corrente che li attraversa: quella dell’arte come esperienza interiore e specchio dell’esistenza. Chi si trova a Portoferraio in questi giorni farà bene a concedersi una pausa tra le mura della Gran Guardia, dove l’estate dell’isola si rifrange in tre poetiche diverse, eppure armoniche, come tre correnti nello stesso mare.
Alberto Zei






