Vi era un tempo in cui Portolongone, oggi Porto Azzurro, non era il paese di mare che conosciamo con le barche ormeggiate lungo il molo e i turisti che passeggiano al tramonto.
Allora questo angolo dell'Isola d'Elba era un luogo strategico, conteso da potenze straniere, e proprio qui, nel 1603, gli Spagnoli decisero di costruire una grande fortezza. La chiamarono Forte San Giacomo, era una costruzione imponente, arroccata sul promontorio che domina il golfo. Doveva servire da baluardo militare verso gli attacchi dal mare.
Il suo destino era un altro. Con il passare dei secoli, le sue stanze fredde e le sue mura di pietra cambiano funzione da roccaforte a prigione.
Fu nel corso dell'Ottocento che la fortezza viene trasformata in carcere, e da allora la sua storia si intreccia con quella di chi ha vissuto dentro le mura: detenuti, agenti di polizia, funzionari e famiglie.
Le motivazioni per l'istituzione del carcere si possono sinteticamente riassumere nei seguenti punti:
1 - valorizzare una struttura militare inutilizzata; il Forte San Giacomo, costruito nel XVII secolo risultava poco utilizzato. La trasformazione in carcere avrebbe permesso di dare una nuova funzione e dignità ad una struttura ben costruita e strategicamente posizionata.
2 - Sicurezza ed isolamento naturale; la posizione geografica del forte, dominante ed isolata, offriva condizioni ottimali per un carcere, rendendo difficile ogni tentativo di fuga e facilitando la sorveglianza.
3 - Benefici economici e occupazionali per gli abitanti locali, in quanto l'apertura del carcere avrebbe generato nuove opportunità di lavoro per i longonesi, sia dirette (agenti, personale amministrativo, forniture), sia indirette (artigiani, commercianti, trasportatori), in tale modo contribuendo allo sviluppo di Portolongone.
4 - Presenza stabile di funzionari statali. Il carcere avrebbe attirato funzionari, agenti e personale statale, portando benefici in termini dì prestigio, infrastrutture e servizi per il paese, oltre a rafforzare la centralità di Portolongone nell'isola.
Ancora oggi il carcere è attivo, anche se molto cambiato e con il calo del turismo la funzione economica assume un'ancora di salvezza per gli abitanti locali, con la possibilità di lavorare nel carcere e per i commercianti e fornitori come fonte di guadagno.
Portolongone, dopo la fine della Seconda guerra mondiale ha preso un nome più dolce, Porto Azzurro e si è aperto al turismo. Eppure dietro la sua bellezza resta viva la presenza del carcere che significa trasformazione economica e culturale per il borgo longonese.
Camminando sul lungomare o per la passeggiata Carmignani che porta alla spiaggia del Barbarossa (in quanto qui, si racconta, sbarcò il famoso corsaro e ammiraglio della flotta ottomana nel XVI secolo), si percepisce la presenza del carcere, come se le pietre raccontassero in silenzio le storie di chi è passato da lì.
Tuttavia, infine una considerazione personale in quanto vi ho lavorato e vissuto per un quinquennio da funzionario statale tra le mura del carcere, nella cittadella, e ogni volta che guardo non posso fare a meno di chiedermi quante vite vi sono passate dentro, quanti sogni sono rimasti chiusi dentro quelle mura e tra le sbarre. È un pensiero che mi fa riflettere su quanto sia fragile la libertà e su come i luoghi più belli possano avere un'anima più profonda, fatta di contrasti, dolore e memoria.
Enzo Sossi






