La personale di Alessandro Grosso, qui ripreso insieme alla consorte Manuela, si è aperta ieri a Portoferraio nei consueti locali della Gran Guardia, in una calda serata di mezza estate. La progressione delle numerose visite si è protratta fino alla chiusura a notte inoltrata. In merito alla qualità delle opere esposte, posando lo sguardo in rassegna dei soggetti dipinti, la prima impressione è che ogni quadro sembra essere un frammento di una storia, distinto e autonomo, ma legato agli altri da una continuità di stile sino alla luce del significato dello stesso racconto.
Non si tratta infatti, soltanto di una sequenza di soggetti di differente riferimento ma piuttosto di un insieme pensato, in cui ogni opera porta un contributo alla costruzione di un universo visivo unitario.
Il confine della realtà
La luce nei quadri di Grosso non è un semplice elemento pittorico ma la protagonista assoluta, in quanto la sostanza viva e luminosa che permea figure e paesaggi, riesce a filtrare anche attraverso i colori più intensi. I colori a loro volta, sempre vivaci ma mai dissonanti, avvolgono lo spettatore in un’atmosfera sospesa, dove il confine della realtà viene costantemente superato per penetrare nell’ immaginario collettivo della bellezza ideale. Dal vivace intreccio di colori che pervadono le opere esposte, si intravedono talvolta tra gli intervalli dei colori, visioni simboliche, nate dal sogno e custodite nell’immaginario collettivo; immagini che prendono forma in figure mitologiche, come creature del bosco o di mondi remoti.
Sono squarci su luoghi ideali, colmi di armonia e perfezione, come se appartenessero a una dimensione altra, dove la bellezza regna pura e sovrana. Si tratta in effetti della capacita dell’ artista di insinuare in una scena apparentemente definita oltre la soglia dell’ignoto, un’ombra che non appartiene a nulla di visibile, una sfumatura che sembra respirare, una prospettiva che, pur logica, conduce altrove. Sono dettagli che ampliano il significato dell’opera, lasciando spazio con figure emergenti alla interpretazione personale dello spettatore, come accade davanti a un testo poetico.
L’ altrove
Si deve anche aggiungere, con le eccezioni che confermano la regola, che nella coralità della produzione, ogni quadro non riproduce semplicemente ciò che esiste, ma propone ciò che ancora non c’è, offrendo un istante di verità a mondi che vivono solo nella nostra immaginazione. Così, uscendo dalla mostra, il visitatore non porta con sé soltanto il ricordo di una galleria, ma l’eco luminosa di un “altrove”, di cui questo pittore con mano sicura e visione limpida, si conferma come il magico cartografo. Egli infatti, restituisce fin dal primo sguardo, un’unità profonda: ogni quadro è un episodio autonomo, ma allo stesso tempo, parte di una narrazione visiva più ampia. I quadri esposti lasciano sicuramente ai visitatori il loro giudizio sulle singole opere, ma dal punto di vista d’insieme, il linguaggio pittorico attorno alla luce, appare come vera materia creativa. La luce modella, dissolve e ricompone forme e paesaggi, generando passaggi cromatici che vibrano senza mai sopraffare lo sguardo.
Le immagini nascoste
Va comunque sottolineato, vedere per credere, che i soggetti, non chiaramente definiti, si fondono tra loro fino a creare scenari sospesi, capaci di evocare luoghi ideali, armoniosi e irraggiungibili nella realtà quotidiana. Inoltre a chi sa osservare, in più di un’opera compare un elemento sottile, quasi nascosto, che apre un varco verso una dimensione inattesa: un dettaglio cromatico che sembra animarsi, una prospettiva che devia impercettibilmente, “ombre” che appaiono indipendenti dal resto della scena.
Questa caratteristica interpretativa, unita a un uso sapiente del colore, fa sì che ogni quadro diventi una soglia verso un mondo immaginario che, una volta intravisto, sembra incredibilmente reale.
La luce del significato
È la capacità di Grosso di unire tecnica e visione, concretezza e sogno, che lascia nel visitatore la sensazione di aver varcato un confine invisibile. E’ così che uscendo dalla Gran Guardia, resta negli occhi la memoria luminosa di luoghi che non esistono sulle mappe, ma che l’artista ha saputo tracciare con la sicurezza di chi conosce bene la strada.
Alberto Zei






