Introduzione alla mostra
Dopo le interminabili giornate soleggiate dell’Isola d’Elba, la stagione estiva non si chiude con il prevedibile dissolversi delle attrattive balneari. Al contrario, trova un ulteriore prezioso prolungamento nella cultura, che quest’anno ha accompagnato l’estate elbana con un’intensità incalzante. A suggellare questo percorso è ancora in atto a Portoferraio la mostra di arte figurativa alla Gran Guardia, dove le sale si sono aperte a un’esposizione interamente al femminile: tre rappresentanti del gruppo “Artisti dell’Isola d’Elba”. Queste pittrici hanno costellato le pareti delle loro opere come un saluto vibrante rivolto oltre che ai concittadini anche a chi, prima di lasciare l’Isola, desidera portarne con sé non soltanto il ricordo, ma anche un frammento autentico di creatività. Ed è proprio qui che il discorso passa dalla suggestione estiva alla sostanza artistica. Infatti, pur diverse nello stile e nel linguaggio, condividono un filo profondo: la capacità di tradurre la pittura in esperienza interiore. Ognuna percorre una via autonoma, ma tutte muovono dalla convinzione che l’arte non debba limitarsi a rappresentare, bensì evocare, trasfigurare, interrogare. Così la mostra si fa non solo esposizione, ma vero e proprio itinerario critico, dove il visitatore incontra tre modalità di intendere la pittura contemporanea. Ecco di chi si tratta.

Francesca Burrascano
La pittrice ci conduce in una dimensione sospesa tra figurazione ed evocazione, dove il realismo e il passo del linguaggio più profondo, si fondano sul simbolismo pittorico. Nei suoi quadri il mare, gli scogli e i paesaggi ma talvolta anche le persone, si trasformano in segni collettivi: il faro solitario soltanto accennato con fugaci tratti pittorici, ad esempio, non è un edificio, ma un archetipo di guida, ossia, il segno solitario di orientamento; lo “Scoglietto” non raffigura soltanto un luogo ossia, una roccia ma anche uno stato d’animo come simbolo di isolamento e resistenza insieme; Burrascano non descrive: evoca. La sua pittura respira insieme all’Isola, trasfigurando i pigmenti in appartenenza del territorio: i tratti in ricordi, i colori in identità. Si colloca così nelle stessa linea delle altre artiste che non inseguono il virtuosismo tecnico, ma l’intensità concreta e poetica insieme. Quindi, non per rappresentare sfondi e soggetti panoramici fine a sé stessi, ma per restituirne l’anima, radicando l’arte nella memoria viva di un territorio.

Manuela Cenci
Questa voce pittorica invece, dissolve il contorno per approdare a un cromatismo atmosferico e meditativo. Nei suoi dipinti domina la vibrazione del colore, che avvolge e scioglie le forme, trasformando il paesaggio in esperienza interiore. L’orizzonte diventa soglia e apertura, il mare soggetto portante, le fasce cromatiche memorie sedimentate. La ristretta gamma calda dei colori come radice e passione, il blu cobalto come e profondità e lo scorrere della vita, il giallo appena accennato, come speranza e apertura in divenire. Il paesaggio non è più rappresentazione, ma mappa emotiva, sinfonia di colori che invita alla sosta e alla meditazione. Con lei, la pittura non è chiamata soltanto a ricondursi al luogo raffigurato ma a far riconoscere come proprie dell’ osservatore, le evocazioni che suscita scrutando i dipinti per andare oltre.

Angela Annalisa De Franco
Infine, ma non per importanza, questa interprete del simbolismo esplora il confine tra pittura e scrittura visiva, tra immagine e testo. Le sue opere non raccontano scene compiute, ma propongono un alfabeto visivo fatto di linee, segni e intrecci che evocano testi non scritti, simboli in attesa di interpretazione. Il tratto grafico lungo e stilizzato si fa parola, le sinusoidi cromatiche si dispongono come frasi, gli archi e le curve creano un ritmo che ricorda un discorso, ma che resta volutamente sospeso tra astrattismo e sensualità. Ciò che a un primo sguardo potrebbe sembrare pura decorazione è, per chi sa osservare, un codice simbolico che invita al dialogo: tra l’autrice e il pubblico, tra ciò che appare e ciò che resta sottinteso. La pittura di De Franco è una pagina aperta che chiede allo spettatore di sostare, osservare, decifrare, intuire. Se questo accade, ecco che allora l’ osservatore entra in risonanza con il dipinto che si apre alla luce del significato.
Un percorso unitario - Per quanto scaturisce per molti visitatori dalla osservazione dei dipinti in una esposizione, unitamente alla valenza semiotica dei tratti, dei colori, delle forme, dei paesaggi, conta tanto il soggetto rappresentato, quanto l’atto interpretativo che trasforma l’opera in esperienza condivisa. Ne scaturisce che questa mostra non si limita a presentare tre stili differenti, ma costruisce un percorso critico unitario: Burrascano radica l’arte nella memoria identitaria; Cenci esplora il linguaggio del territorio soprattutto dei litorali, come codice simbolico da evocare; De Franco trasfigura la natura in paesaggio interiore. Dunque, tre vie, tre sensibilità, un’unica esigenza: dare forma visibile all’invisibile. Si può concludere che la mostra della Gran Guardia nel suo insieme ha offerto allo spettatore, non solo la visione di creazioni artistiche ma anche l’occasione di un incontro trasformativo con l’essenza stessa della pittura elaborata e reinterpretata dentro sé stesso.
Alberto Zei






