Una breve sintesi del secolo delle umiliazioni cinesi da parte della Compagnia delle Indie Orientali fondata nel 1600 per iniziativa della Corona inglese. In origine aveva lo scopo di gestire i traffici commerciali tra l'Inghilterra e l'Asia, in particolare con l'India e la Cina.
Nel corso dei secoli XVII e XVIII, la Compagnia acquisì un potere sempre maggiore, con proprie truppe, flotte e con sistemi di governo nei territori controllati. Divenne tanto potente da avere il monopolio del commercio di spezie, tè, seta e porcellane.
La Cina nel XVIII secolo era una delle economie più forti e sviluppate del mondo, ma accettava in cambio solo i pagamenti in argento, rifiutando i prodotti europei dato che erano considerati inferiori. Questo provocò un grave squilibrio commerciale per la Gran Bretagna: mettendo in difficoltà la propria bilancia dei pagamenti.
Questa la premessa, prima di fare una breve sintesi con un'impronta da romanzo, ma vera, dell'oppio in Cina, che ha messo in ginocchio un'intera popolazione.
Inizio. Più di un secolo prima di Pablo Escobar esisteva una donna che controllava un impero della droga, così vasto e fiorente che faceva sembrare il colombiano un pusher da giardino pubblico. Non era costretta a vivere nascosta ma aveva un palazzo nel centro di Londra, la Marina tra le più potenti dell'epoca e un esercito al suo servizio.
Parlo della regina Vittoria che regnò dal 1837 al 1901.
I cittadini inglesi avevano un problema, bevevano troppo tè che compravano dalla Cina, che non importava quasi nulla e volevano i pagamenti in argento.
Appena incoronata, alla regina Vittoria ciò non andava più. La soluzione? Oppio, che cresceva a tonnellate in India, che era sotto il controllo britannico e che facevano arrivare in Cina con il contrabbando.
Un antidolorifico potentissimo, creava dipendenza quasi immediatamente. Lo vendevano ai cinesi a prezzi sempre più alti ed i soldi tornavano a Londra a fiumi.
La Cina cercò di reagire scrivendo una lettera alla regina, sottolineando l'immoralità delle sue azioni. La Cina stava esportando in Gran Bretagna tè, seta, porcellane, spezie. Perché stavano ricambiando mandando droghe velenose e trasformando milioni di cinesi in tossicodipendenti?
L'Impero Britannico non era disposto a rinunciare ad una così redditizia operazione. La regina non si prese la briga nemmeno di leggere la lettera.
Nella primavera del 1839 la Cina intercettò una flotta di navi britanniche e sequestrò un'enorme spedizione di oppio e la gettò tutta nel mare cinese meridionale. Qui la regina Vittoria reagì ovvero dichiarò guerra.
Nella prima guerra dell'oppio (1839 - 1842), ce ne furono altre, la marina britannica annientò le difese cinesi.
La Cina fu costretta a cedere Hong Kong, aprire i porti al traffico di droga e garantire la totale immunità ai cittadini britannici.
Tutti, volenti o nolenti, avrebbero comprato l'oppio della regina, ma non la cocaina, poiché era convinta che quella facesse bene senza effetti collaterali e si rifiutò sempre di venderla altrove. Gli oppiacei ebbero un ruolo centrale nella strategia britannica di dominio economico in Cina.
Tuttavia, quanto avvenuto rappresenta uno dei capitoli più significativi e controversi dell'imperialismo europeo: un caso in cui la logica del profitto e del potere politico si impose a scapito della salute di un popolo e della propria sovranità.
Nel tempo tutto torna, e vedo analogie con il fentanyl in USA, che prima o poi arriverà in Europa, prodotto in Cina.
Un oppioide sintetico, 50 volte più potente dell'eroina, il cui abuso può avere conseguenze letali. La chiamano la "droga degli zombie" e si compra per pochi soldi, meno di 10 dollari.
In Europa dobbiamo monitorare la situazione per evitare la diffusione del fentanyl, e adottando misure preventive per garantire la sicurezza della salute pubblica.
Il fentanyl è una delle droghe più acquistate sul mercato clandestino delle droghe nel dark web. La droga arriva dalla Cina, dove ci sono il maggior numero di fornitori di oppioidi sintetici. Infatti, la principale fonte di produzione di fentanyl al mondo è l'Asia.
Enzo Sossi






