Due sere fa mi è arrivata una telefonata di Pierluigi Paolini – Pierluigi di Aldo – che mi annunciava con un tono allegro di preparargli uno dei miei ricordi perché stava per operarsi e forse non ne sarebbe uscito vivo. Alla mia risposta che non ci pensavo nemmeno e che il necrologio me lo avrebbe fatto lui, ci siamo scambiati le nostre solite spiritosaggini, abbiamo detto qualche minchiata esorcizzante per sentirci uomini, ci siamo dati un abbraccio virtuale. E lui ha concluso con una voce allegra: “Te comunque preparati”.
Ieri sera, dopo che ero tornato da Pianosa e dal suo abbacinante mare caraibico e da una spiaggia pulita insieme a un nugolo di splendidi ragazzini, mi è arrivata un’altra telefonata, ma questa volta la voce era rotta dal pianto: la compagna di Pierluigi mi ha detto che il mio amico non c’era più e mi ha ricordato la promessa che gli avevo fatto poche ore prima. Sono rimasto atterrito, incredulo, senza avere le parole per dare e darci conforto, con sulle spalle e nel cuore il peso di un compito che non avrei mai voluto assolvere ma dettatomi dal riso di Pierluigi e dal pianto della donna che più lo ha amato.
Degli altri, anche dei nostri amici - a volte dei nostri stessi familiari – conosciamo solo frammenti di vita, il resto è mistero. Ma a volte le nostre bolle di vita entrano in contatto per brevi momenti, e a volte lo fanno come un organismo vivente che chiamiamo comune sentire. Questa è la storia di frammenti di ricordi e di un comune sentire. E’ quel che ricordo di più, tra i molti ricordi, della vita di Pierluigi, che è stato soprattutto un uomo buono, gentile e curioso.
Quando Pierluigi Paolini chiese la tessera del Partito Comunista Italiano fu un mezzo scandalo. Pur vivendo a La Marina non poteva venire da più lontano: figlio di un democristiano, aveva militato nel Movimento Sociale Italiano, il partito fascista dal quale viene anche la nostra presidente del Consiglio. Non pochi dei compagni più anziani non erano d’accordo ad accogliere quello che consideravano più o meno apertamente un infiltrato, ma si impose l’ala più giovane del PCI e a Pierluigi fu concessa la tessera comunista, ma più o meno sotto sorveglianza e, come si faceva allora, tutto fu spiegato e messo in file in una riunione e a farlo fui io, che mi feci sia garante che in qualche modo “controllore” di quell’ex missino che praticamente non conoscevo.
Pierluigi si rivelò un compagno umile, disponibile, bravo a risolvere i problemi burocratici e a incasinare quelli pratici. Quando interveniva alle riunioni col suo fare concitato e appassionato, sembrava di sentire i pensieri che si rincorrevano nella sua testa e lui li rincorreva per tenerli attaccati, come un branco di cavalli al galoppo, come ipotesi da ricondurre a un’unità. Pierluigi era una mente fine che mitigava la complessità del mondo con l’ironia, per addomesticare una realtà sfuggente.
Acquistammo così un bravo compagno che faceva i conti alle feste de l’Unità e che sapeva fare conti complicati con una vita ancora arruffata, mentre lavorava alle poste. Pierluigi era inquieto, era alla ricerca di un punto di equilibrio e credo che abbia passato dei bellissimi momenti quando quell’equilibrio sembrava diventato possibile, nel PCI berlingueriano, in una fumosa sezione col pavimento di mattoni di un piccolissimo paese, ridendo, scherzando e pensando con compagni che lo avevano considerato all’inizio un animale alieno. Fu una specie di miracolo epifanico e laico. E Pierluigi, che quando se ne andò a Piombino si avvicinò al buddismo, ha avuto probabilmente a Marciana Marina la prima delle sue reincarnazioni viventi.
Dopo, ci vedevamo a volte nei suoi ritorni all’Elba, io ignaro di gran parte della sua vita, lui curioso della mia che seguiva sui giornali anche dall’altra parte del canale. Qualche battuta e facezia, qualche presa per il culo, come si fa tra marinesi, come si fa tra chi ha condiviso una storia comune.
Pierluigi amava le donne e le corteggiava con quella galanteria gentile che aveva probabilmente imparato dal su’ babbo Aldo, ma il pianto e la richiesta di quella donna ieri sera mi hanno confermato quel che già in qualche modo sapevo: aveva avuto la fortuna di trovare l’amore che aveva cercato per tanto tempo, una fortuna immensa e meritata. E i suoi pensieri, che ancora galoppavano come cavalli, avevano trovato pascolo e riposo nella casa di Patresi Mortigliano, alla fine della strada per Le Buche, che poi diventa viottolo,. Un angolo di paradiso e di pace da dove veniva ogni tanto a La Marina dove ci incontravamo per caso e per destino.
Ogni tanto mi mandava messaggi e commenti sulle minchiatelle che scrivo, sui personaggi della nostra comune infanzia, sui compagni che se ne sono andati come il Partito in cui militavamo, sul tempo che passa e ci allontana e riavvicina come i sassi che ruzzolano sulla spiaggia de La Marina. A volte mi diceva che la nostalgia, i ricordi non sono solo una cura ma è anche un bisturi della memoria, mi faceva complimenti immeritati e il mio imbarazzo diventava spesso un ironico sfottò sulla sua scelta di votare PD. Ci siamo voluti molto bene senza mai dirselo davvero, per quel ridicolo pudore che hanno gli uomini nel condividere l’evidenza. E il più colpevole sono io.
Però Pierluigi mi aveva confessato che una delle cose che gli avevano fatto più piacere in vita sua era quando lo avevo chiamato – dopo mesi di purgatorio e sorveglianza – per la prima volta compagno. E questo mi aveva fatto immensamente piacere, perché niente è più bello di scoprire che per gli altri è bello qualcosa che si considera normale.
Ora Pierluigi se n’è andato prendendosi ancora una volta l’ultima parola, pretendendo che scrivessi l’ultima parola su una vita e un’amicizia. Altro non so scrivere, perché i ricordi sono troppi e dolorosi, spero però che avesse ragione sulla reincarnazione. Forse un giorno ci ritroveremo: saremo il gatto e la volpe, Pinocchio e Lucignolo, o il marangone che pescava nel mare di cristallo delle Buche e il ramarro verde che cacciava ai bordi del fosso che in quel mare si butta.
Ma di una cosa sono certo: se ci ritroveremo in qualche modo nel tempo, saremo compagni.
Umberto






