Ivano Cipriani se ne è andato a quasi 99 anni in un giorno di festa: il primo maggio. E forse un intellettuale raffinato come lui per lasciarci avrebbe scelto proprio la festa dei lavoratori, all’emancipazione culturale dei quali ha dedicato la sua vita, prima come redattore di Paese Sera e Rinascita e poi come docente universitario e uomo delle istituzioni e animatore della cinematografia e della televisione a livello internazionale.
Che Ivano, il marito di Chiffonnette (la scrittrice Maria Luisa Fagioli) fosse morto l’ho saputo per caso ieri, parlando con una persona che conoscevo solo di fama e che mi conosceva proprio grazie alla comune amicizia con Ivano.
Per me questo raffinato intellettuale dai modi pacati e affabili, che veniva in villeggiatura nella grande casa appollaiata sugli scogli del Cotone che guardano l’Omo e la Madonnina, fu la rivelazione che esistevano comunisti diversi da quelli che conoscevo a La Marina, uomini e donne quasi di un altro mondo ma che avevano in comune con la mi’ mamma Jole e il mi’ babbo Veleno una stessa speranza di giustizia.
In quella grande casa a picco sul mare – dove avrei fatto un giorno la mia incasinata festa di nozze con Marianne - ho conosciuto ancora piccolo grandi e famosi dirigenti del PCI e alcuni dei maggiori intellettuali italiani che avrei solo capito più tardi chi erano. Mentre Jole cucinava per la sua amica/padrona Chiffonnette io guardavo e ascoltavo, senza saperlo e senza capirli, un cenacolo di intelligenze che analizzavano il mondo. Nomi che poi avrei trovato, come quello di Ivano, a firmare articoli ed editoriali, parole che sarebbero poi risuonate nelle fumose stanze delle nostre sezioni.
E’ lì, in quella casa ed è da Ivano che sentii raccontare, nell’agosto del 1968, una versione diversa dell’invasione della Cecoslovacchia da parte delle truppe dell’Unione Sovietica (due Paesi che non ci sono più). Non avevo ancora 11 anni e, di fronte ai carrarmati in bianco e nero che invadevano le strade di Praga tra le proteste della gente, il mi’ babbo Veleno mi spiegò con semplicità fideistica che «Se i russi lo hanno fatto una ragione ce l’avranno avuta», mentre Ivano, ignaro che quel bimbetto ascoltasse tutto così attentamente, spiegava ai suoi preoccupati invitati che quell’invasione cambiava tutto, che i carrarmati dell’Armata Rossa stavano schiacciando il tentativo di democratizzare il socialismo reale e che quei fucili e soldati con la stella rossa minacciavano chiunque – come il PCI - voleva prendere una strada autonoma da Mosca.
Era così, erano le due anime di una stessa speranza, ed è probabilmente in quel giorno che capii che la mia parte era quella di Ivano, un comunista ateo che mi aveva fatto da padrino alla comunione e che parlava amabilmente di cultura e politica con grandi intellettuali cattolici.
Dopo la scomparsa di Chiffonette Ivano è venuto sempre meno a Marciana Marina, a volte ci incontravamo in qualche via di granito o mi faceva l’immenso onore di venirmi a trovare a casa, non senza essere prima passato a salutare la sua amata Jole. Poi un giorno mi è arrivato per posta un libro con una dedica: era la storia della giovinezza di Ivano, il suo passaggio da Balilla alla resistenza comunista. Era il pezzo di vita di Ivano che mi mancava, quello che spiegava il come e il perché del resto, la sua intelligenza acuminata, la sua calma, il suo modo di guardare il mondo attraverso la cultura, il suo stare con i lavoratori.
Non so cosa Ivano pensasse dei tempi che viviamo, ma so che quell’uomo distinto e buono che mi fece da padrino non ha perso: era uno di quelli che aveva capito, era uno di quelli che purtroppo non abbiamo ascoltato.
Grazie di tutto Ivano, ti avrei salutato volentieri. Lo faccio ora, pensandoti affacciato con un sorriso pensieroso sul mare del Cotone.
Umberto Mazzantini






