Forse perché non ho molto di cui vantarmi di sapere, mi è sempre garbato andare a curiosare un po' in qua e un po' in là senza avere competenze specifiche in nessun settore, difficilmente mi pavoneggio per essere esperto in qualche campo, ma su di un tema sono abbastanza sicuro di sapere qualcosa in più della media.
Mi riferisco al nostro carattere di isolani, di "portoferaiesi" in particolare, non la chiamo antropologia anche se nel mio percorso universitario, assortito e non terminato, c'è un 28 in antropologia medica.
Questa competenza, chiamiamola così usando un termine molto in voga oggi e tanto caratterizzante questi nuovi tempi, mi viene piuttosto dall'aver passato l' infanzia, l'adolescenza e gran parte della gioventù nel centro storico di "Portoferaio", in particolare in via Roma, al Grigolo e in via dell'Amore dove il mi babbo aveva la sua prima lavanderia.
A parte le discontinue occasioni durante le quali la sera tornavo a casa da e con i miei, in Val di Denari agli inizi, quindi alla Padulella, poi in viale Elba e da ultimo alla Consumella, tutte zone che per me a quei tempi rappresentavano l'estero, il più delle volte preferivo rimanere a dormire dalla mi nonna che abitava nella già citata via Roma.
Considerato inoltre che tutte le scuole, a partire dalla materna fino al liceo, le ho frequentate dentro le mura della cinquecentesca Cosmopoli, credo di conoscere abbastanza i lati belli e poetici dei "ferajesi", in particolare di quelli del centro, il rapporto anomalo che abbiamo con la nostra idealmente e architettonicamente splendida città e anche i lati oscuri e brutti di noi "zerai" o "bottinai", come un tempo, in un modo contemporaneamente dispregiativo e amichevole, naturalmente dando a questo termine una valenza tipicamente elbana mineraria ferrosa, granitica, umile, "vinacciola", nonché imparentata per metà con i corsi e post bellica.
Il primo sbaglio che si fa quando si cerca di capire perché siamo così "ciolli", sbrigativamente per i non addetti traduco il termine con "trasandati", ma questo è riduttivo e oltremodo negativo, è quello di paragonarci agli altri toscani più blasonati, specialmente tenendo in gran conto quel bellissimo sogno visionario di Cosimo I De Medici che ci immaginò come la città ideale costruita ad immagine e somiglianza del Cosmo e non di Cosimo come in tanti pensano.
L'Arsenale delle Galeazze, il busto bronzeo del Duca di Firenze realizzato niente popò di meno che da Benvenuto Cellini, la pala d'altare con il Cristo Deposto commissionata al Bronzino (il celebre ritrattista di casa Medici) per essere poi esposta nella chiesa dell'allora nostro Convento dei frati Osservanti Minori (ora c'è il centro Congressuale de Laugier). Cosimo I consacrò il neonato Sacro Ordine dei Cavalieri Di Santo Stefano che doveva rimanere di base a Cosmopoli a presidio del Mediterraneo, del Tirreno e soprattutto delle costa del ducato di Firenze prima e del Granducato di Toscana poi, all'epoca continuamente minacciata e attaccata dai pirati Barbareschi.
Evidentemente però, quel sogno era troppo grande per noi pacifici e umili lavoratori, tant'è che la sede del neonato Ordine cavalleresco fu da subito trasferita a Pisa, tant'è che fin dall'inizio a noi quel nome così altisonante di Cosmopoli non ci piacque un granché; tant'è che più tardi con i Lorena ci furono portati via anche il capolavoro del Bronzino e quello del Cellini; tant'è che più o meno due secoli e mezzo dopo, anche Napoleone ci lasciò, ma non per colpa nostra, anche se i capoliveresi, a buona regione per loro direi, non l'avevano molto simpatico; (credo comunque, che in quella fuga ci incastrasse tanto la tipica grandeur dei francesi); tant'è che tutti i nostri sogni, compreso quello industriale, via via si sono dissolti e tant'è che ora dovremmo fare un grosso sacrificio, un grande salto caratteriale e abbandonare la nostra ciollaggine e la nostra poesia naif, tanto in questo nuovo corso del mondo per ora per la poesia non c'è più posto e cercare di essere più furbi e di venderci meglio, visto che per come le cose si stanno mettendo, c'è in giro una grande voglia di andare a curiosare nel passato, evidentemente per capire da dove abbiamo cominciato ad andare completamente fuori rotta, a perderci, a navigare alla tonda e, speriamo di no, a finire come le "barche a torzo".
Michele Donati
(In foto: Ritratto di Cosimo de Medici di Agnolo Bronzino)






