"Giù professore - querulo pigolò il nostro eroe - o me lo dia sto sei..."
Ma l'educatore era irremovibile: "Mi dispiace non posso, non sarebbe giusto per i tuoi compagni che la sufficienza se la sono meritata davvero".
Il postulante continuo per un po' finché improvvisamente "non li partì l'embolo" e sbottò: "Allora sa che c'è professore? Se ne vada in culo".
L'insegnante pur restando di sasso, non potè non notare che l'interlocutore, pur sboccatamente fanculizzandolo, aveva salvato la forma continuando a dargli del rispettoso "Lei".
L'episodio, reale ma datato un mezzo secolo, fa ci è tornato in mente scorrendo come ogni mattina i commenti proposti dai lettori e pubblicati (dopo essere valutati) in calce agli articoli.
Non parliamo degli spesso sproloquianti scritti che appaiono sulla nostra pagina Facebook (dei quali risponde FB stessa e chi li invia), ma di quelli "ufficiali" ammessi alle pagine del giornale di cui siamo responsabili.
Bene, assicuriamo che, con la notevole crescita della nostra utenza, è proporzionalmente cresciuta la schiera di quanti scrivono come se parlassero al bar (o in un antica mescita di vino), insultando a destra e a manca, come se invece del confronto, del civile misurarsi, l'obbiettivo fosse incicciare il "nemico", spesso con prose farcite di orrori ortografici e grammaticali.
Ovviamente la parte maggiore di questi post pieni di "vergogna!" "Non hai capito una (attrezzo da falegnameria etc!) non vede la luce.
Ed il figurato lancio nel cestino elettronico dei rifiuti, a cui siamo costretti - per tornare al punto di partenza - è sacrosantamente corrispondente ad un mentale "Ma se ne vada in culo", non già rispettoso però, poiché il soggetto sottinteso è "questi" "costui", "questo torzolo!"
6? ma nemmeno 4!






