PORTOFERRAIO. Un viaggio nel mondo della pena durato quarant'anni durante i quali la trasformazione della vita carceraria, con la legge Gozzini, ha permesso di abbandonare le vecchie regole del periodo fascista del 1931, puntando ad un ambiente che può diventare positivo con pluriomicidi disposti talvolta a modificare radicalmente il loro comportamento, eliminando il male dalla loro mente, dal loro cuore. E infatti certi condannati sono tornati alle loro famiglie pienamente recuperati ed inseriti nella società. “Miracoli” che ogni tanto avvengono in carcere e ne parla il libro “Galera” scritto da Mario Palazzo, chiamato da Giancarlo Magalli a illustrare il volume con una ventina di minuti a disposizione, in RAI 2, nella trasmissione “I fatti vostri”. Sarà perciò protagonista l'ex comandante della casa di reclusione di Porto Azzurro che dirà anche delle conversioni di cui è stato testimone e che ci vorrebbero anche per sollevare il mondo carcerario da grandi problematiche irrisolte, primo fra tutti il sovraffollamento.
Un appuntamento quindi in televisione, fissato per il 6 novembre, per il vice commissario in congedo dell'istituto di pena che da 122 anni occupa la fortezza spagnola del 1600 di San. Giacomo a Porto Azzurro. E Palazzo è un uomo di valore come dimostrano i 12 premi e attestati ufficiali che ha ricevuto dalle autorità, anche con incontri con Oscar Luigi Scalfaro e Carlo Azeglio Ciampi, Presidenti della Repubblica, Un uomo, Palazzo, dalla vita esemplare, originario di Falciano del Massico (Caserta), ora elbano di adozione, e per i suoi meriti ha ricevuto anche il titolo di cavaliere, una medaglia di bronzo e una croce d'oro.
“Ho conosciuto Cavallero, Bozano, Tuti, -dice - vicende difficili come la rivolta del 1987. Michele Greco, Pippo Calò, Nitto Santapaola e via dicendo e quindi sono stato a Pianosa durante il 41 bis per i boss mafiosi, dopo l'omicidio di Falcone e Borsellino. Ho visto risorgere persone come Cavallero, pluri omicida, il che dimostra quanto sia importante l'impegno serio all'interno del carcere, dove nonostante tutto è ancora possibile riconquistare la vita”. Il comandante ha raccolto in 240 pagine tutte le sue esperienze e sarà docente per un giorno in RAI e senza dubbio saprà far capire agli italiani cos'è la solidarietà e la professionalità. I detenuti portazzurrini hanno scritto una lettera per ringraziare il cavalier Palazzo della sua opera e del suo impegno, dicendo anche che “Palazzo è da imitare, per far sapere come si deve agire all'interno delle mura carcerarie visto il suo fiero impegno e il senso di umanità”. E ci ha confidato un segreto il nostro comandante. “Attraverso il dialogo, il rapporto umano, sono riuscito ad evitare guai a certi detenuti che erano incappati in qualche rispostaccia agli agenti di custodia, rischiando l'oltraggio o provvedimenti seri. Avevo trovato un escamotage, non scritta in nessun regolamento. Proponevo al soggetto di chiedere di essere messo volontariamente in isolamento per qualche giorno, adducendo motivi personali, come il soffrire di “stress”. Coloro che hanno accettato poi mi hanno ringraziato perché hanno capito l'importanza di non aver ricevuto i provvedimenti scritti che avrebbero frenato il loro cammino verso la libertà. Nei miei 40 anni di lavoro – conclude- si sono ottenuti risultati positivi con una vita carceraria seppur ricca di molte situazioni difficili. Frutto dell'altruismo di tutto il personale di ogni livello che ha saputo confrontarsi con i detenuti relativizzando una rapporto teso alla dignità e al rispetto, e sono state salvate anche diverse vite a persone che avevano momenti di sbandamento grave. Fondamentale l'avvento della legge Gozzini” . E proprio a Pianosa, dove Palazzo è stato in servizio, qualcuno invocò, con una specifica lettera, nel 1933 rivolta al presidente del tribunale fascista, il bisogno di una rieducazione dei detenuti. A farlo fu Sandro Pertini recluso politico perché antifascista, un'altra dimostrazione della grandezza di quell'uomo che aveva anticipato di cinquant'anni i principi della legge Gozzini. Palazzo quindi, piccolo-grande uomo, che senza la luce dei riflettori ha condotto una vita in qualche modo da eroe, uscendo dal mondo carcerario, senza dubbio uno degli ambienti più difficili esistenti, fiero di aver fatto una cosa semplice: il proprio dovere con umanità e professionalità. Cosa piuttosto rara oggigiorno.
Stefano Bramanti