Leggendo l’intervento di Retali sull'overtourism resto colpito da un dettaglio costante: si parla dell’Elba come se fosse un albergo di sua proprietà, dove l’unico parametro da considerare è “più gente = più lavoro”, come se il territorio fosse una macchina da spremere e non un sistema fragile abitato da persone reali.
La verità è un’altra: l’Elba e molti dei suoi comuni stanno diventando sempre più dei pesi morti per i residenti, non per colpa loro, ma per l’effetto dell’overtourism incontrollato.
Non è una questione di antipatia verso i turisti. È una questione di limiti reali.
Chi vive qui, quali benefici avrebbe oggi?
– Le tasse locali diminuiscono?
– Le strade diventano più percorribili?
– I servizi migliorano?
– C’è una corsia preferenziale per chi deve lavorare, portare i figli a scuola, accedere ai servizi essenziali?
No.
L’unica cosa che aumenta è il carico umano e ambientale.
Dire che “tanta gente non dà noia” è una frase che possono permettersi solo quelli a cui il caos non incide sulla vita quotidiana. Perché se io ogni mattina devo attraversare un paese congestionato per andare al lavoro, se non trovo parcheggio neppure a ottobre, se i servizi collassano, se un’ambulanza impiega più tempo per passare, non è più “noia”: è un problema strutturale.
Di fatto l’Elba si sta trasformando in un resort, e i residenti vengono trattati come un dettaglio di contorno.
Vogliamo dirla tutta? Continuiamo così e arriveremo ai cancelli a Procchio e a Campo, ai varchi d’ingresso “solo per turisti”, un po’ come è successo a Capoliveri con certe scelte urbanistiche e di gestione degli spazi.
Dovremmo vergognarci di questo modello, perché significa che l’isola non è più una comunità, ma una merce.
Retali scrive che il problema non è il turismo ma i servizi che non funzionano.
Ma è proprio questo il punto: i servizi non reggono più il peso dell’overtourism.
Non è un’opinione: è un dato evidente ogni estate.
Il “troppo turismo non esiste” è una visione semplicistica e comoda.
Esiste eccome: si chiama saturazione di carico, ed è la linea che divide un’economia equilibrata da un territorio spolpato.
Il lavoro è importante, certo.
Ma se il lavoro uccide il territorio che te lo dà, non è sviluppo: è consumo.
Il turismo serve davvero a qualcosa solo se costruisce qualità di vita anche per chi qui ci vive tutto l’anno.
Oggi non sta succedendo.
Roberto Perga






