Viviamo tempi complicati in una società atomizzata. Gli anziani, oramai, sono il doppio dei giovani ed i bambini non nascono più. La popolazione europea ha un saldo negativo: ci sono più morti che nati, siamo in una fase che molti esperti definiscono - inverno demografico - e ciò comporta che dobbiamo fare arrivare in Europa dei lavoratori extracomunitari dall'Asia e dell'Africa per fare in modo di compensare il gap negativo e per pagare le pensioni agli europei.
L'Italia è tra i Paesi europei dove più del 20% dei giovani non trova lavoro e lasciano la casa dei genitori più tardi: trent'anni circa. Gli affitti nelle grandi città sono diventati proibitivi, gli stipendi d'ingresso, quando si ha un lavoro, non bastano per un monolocale e i mutui sono un sogno da adulti già sistemati.
La politica continua a rincorrere l'emergenza con bonus a tempo determinato, annunci generosi e poca, quasi nulla progettualità. Diciamo che i giovani sono il futuro, ma li costringiamo in un eterno presente del vivere in casa con i genitori che non li fa crescere in autostima, autonomia.
Manca una visione d'insieme: un piano nazionale che riconosca la casa come strumento di cittadinanza, non solo come bene di mercato. Il vero welfare è quello che dà fiducia, non quello che distribuisce briciole. Aiutare un giovane a trovare casa non è un atto di carità: è un investimento nella sua libertà, e quindi nel futuro del Paese. Perché un ragazzo che può permettersi di vivere da solo, di scegliere dove e come costruire la propria vita è un cittadino che partecipa, che crede, che contribuisce.
L'Italia, come spesso accade, continua a riflettere. Ma prima o poi dovremmo decidere se vogliamo un Paese che accompagna i propri figli verso il futuro o che li trattiene - per paura, inerzia o calcolo - dentro le mura di casa.
Tuttavia, vi è un Paese, a poche ore da noi, che ha deciso di fidarsi dei propri giovani. La Francia ha preso la strada concreta per affrontare una delle più grandi fragilità della Unione Europea - l'autonomia della Generazione Z. Con residenze a canone accessibile, nate dall'incontro tra lo Stato, comuni e privati.
Luoghi in cui vivere, studiare, lavorare, ma di condividere, anche, esperienze e responsabilità. Non un sussidio, non un bonus a scadenza, ma un progetto: in cui la giovinezza è una riserva, non un problema da gestire.
Non vi sono solo i mattoni, vi è una visione politica non a breve: quella dì un Paese che considera i propri giovani parte della comunità, non ospiti temporanei. In Francia, la transizione alla vita adulta è accompagnata da strutture pubbliche pensate per durare, non da promesse al vento.
Un modello di fiducia reciproca, dove lo Stato investe e i ragazzi restituiscono in partecipazione, volontario ed in impegno. L'autonomia non è un premio per pochi, ma un diritto riconosciuto a tutti.
Tuttavia, la Generazione Z è scesa in piazza a protestare e per dire basta, senza partiti e sindacali, ma con un tam tam sui social media, essendo i primi giovani digitali. La cui consapevolezza tra i ventenni e trentenni è cresciuta rendendosi conto che lavorando le loro pensioni saranno da fame. È iniziata la Rivoluzione della Generazione Z e pare che i partiti politici ed i sindacati tradizionali non se ne siano nemmeno resi conto chiudi in un mondo fatto di muri d'antan.
La bandiera che rappresenta la Generazione Z scesa in piazza è quella dei Pirati del Cappello di Paglia di One Piece (un manga giapponese). Un vessillo nero con un teschio sorridente che indossa un cappello di paglia, il simbolo globale di ribellione contro l'autoritarismo e le ingiustizie, che esprime ideali di libertà e giustizia. One Piece, solo in Italia ha venduto più di 18 milioni di copie.
In conclusione, la protesta dei giovani è il prodromo che non si riconoscono nei partiti o nei sindacati tradizionali, considerati lenti e distanti. La Generazione Z ha forme di azione orizzontali, spontanee e digitalmente coordinate. I social media diventato degli strumenti di organizzazione e identità: dove la protesta si costruisce e si racconta.
Le proteste della Generazione Z non sono un segno di rabbia, ma di un impegno e responsabilità: il tentativo dei giovani di riappropriarsi della sfera pubblica e di fare sì di ridisegnare il concetto di cittadinanza nel XXI secolo al di fuori degli schemi tradizionali legati al passato recente.
Enzo Sossi






