In un mio precedente articolo avevo raccontato dell'enorme tazza di granito che dall'Elba giunse a Firenze nel 1567 e che ora si trova in Boboli, parte integrante della fontana detta dell'Oceano.
Come dissi allora, era stato incaricato di questa non semplice operazione il Tribolo. Il quale giunse all'Elba nel 1550, scelse il blocco da cui ricavare la tazza, forse vi lavorò, ritornò a Firenze e qui morì. La sua morte provocò certamente un arresto dell'operazione, ma dalla morte dello scultore all'arrivo della tazza a Firenze passarono ben17 anni. Cosa era successo in questo lasso di tempo? Ora sappiamo, attraverso lo spoglio del carteggio mediceo, che il completamento dell'operazione era stato affidato dal granduca all'architetto Giovanni Camerini, che all'epoca si occupava di fortificare Portoferraio. Quest'incarico era stato un impegno di non poco conto per l'architetto e gli aveva dato un gran pensiero. Lo si capisce dal tono della serie di lettere che aveva inviato al granduca descrivendo nei particolari l'operazione di estrazione della tazza dal sito ove si trovava e il suo trasporto fino alla marina. Le sue comunicazioni erano sempre intercalate dall'espressione “con l'aiuto di dio”, quasi a invocare un intervento divino che gli permettesse di portare a termine indenne il suo incarico. Con i mezzi dell'epoca non doveva essere un' operazione semplice, data anche la posizione in cui probabilmente l'enorme blocco di granito si doveva trovare. L'architetto aveva chiesto più volte canapi, legname di cerro (poiché quello di abete che aveva si stroncava) e altri attrezzi, senza i quali non si sarebbe potuto iniziare. Il suo atteggiamento prudenziale si scontrava con la volontà di mantenere al più presto l'impegno assunto, togliendosi al contempo una grande preoccupazione.
E' il 25 febbraio 1562. Scrive il Camerini: «Con l'aiuto di Dio abiamo voltato la tazza senza danno di lei e di noi e così domattina tornano in là tre scarpellini che abiamo qui e attenderanno a levar tutta quella pietra che v'è di superfluo». La tazza per facilitare il trasporto viene dunque alleggerita portandola da circa 30.000 libbre a 20/25000. Viene tolta dal luogo dove era stata estratta e alzata di 4 braccia e mezzo per portarla a livello della strada. Lavorano all'impresa maestranze di Sant'Ilario e di Campo, «persone che l'altra volta m'hanno servito amorevolmente e bene». Dato l'utilizzo di queste maestranze si può ipotizzare che il luogo di estrazione potrebbe trovarsi fra San Piero e Sant'Ilario. San Piero era il paese, secondo il racconto del missionario Fra' Giuseppe da Fiorenza, in cui era ancora presente nella memoria collettiva , pur essendo passato più di un secolo, il ricordo della cava da cui la tazza era stata tolta.

Per il trasporto della tazza il Camerini progetta di realizzare una nuova strada che dalla pianura arrivi sino alla montagna: «La strada che andrà per il poggio sarà faticoso a allestirla per conto del bosco e sasso che vi sarà, lunga più d'un terzo di miglio e forse più di mezzo miglio perché non si può misurare se non si fa disboscare prima, e questo è quanto abiamo di fatica grande e di spesa, che per il piano sarà ogni comodità». La lunghezza della strada (calcolando il miglio in 1653,6 metri) è compatibile con la distanza fra i rilievi che vi sono tra San Piero e Sant'Ilario e l'inizio della pianura di Marina di Campo. E' il 13 febbraio 1563. Al nuovo anno (che inizia il 25 marzo) la strada non è ancora finita. Il Camerini chiede altri 100 scudi per completarla. Avendo il finanziamento richiesto, a ottobre sarebbe stato possibile condurrre la tazza fino al mare e prima di febbraio sarebbe potuta essere a Firenze «avanti che l'acque non mancassino in Arno».
Passeranno invece altri tre anni prima che l'enorme pezzo di granito potesse essere imbarcato. Secondo quanto scrive il commissario Giovan Battista de Medici, se ne occupò il signore di Piombino (Giacomo VI) all'epoca capitano generale delle galere granducali. Arrivò all'imbarco (che a questo punto si presume essere quello di Marina di Campo) con quattro galere e a forza di argani e canapi la tazza fu imbarcata su una scafa «senza impedimento o danno alcuno» ma «con gran travaglio». Le galere servirono probabilmente anche a trainare la scafa a Pisa, dove avrebbe preso la via dell'Arno sino al porto di Signa e da qui via terra sino a Firenze.
Fabrizio Fiaschi
Immagini:
La fontana di Boboli in una vecchia incisione
San Piero e Marina di Campo in un disegno del XVII secolo






