Ciao Ale.
Sono passati venti anni esatti da quel Natale.
Tanti, tantissimi, mezza vita per chi ora ha varcato da poco la quarantina.
Nessuno di noi potrà mai scordarsela quella notte, per ironia della sorte la stessa notte in cui, qualche tempo prima, nacque Gesù bambino.
Te ne sei andato così, in una gelida notte, con uno schianto tremendo, una tragica fatalità.
Chi ti conosceva non potrà mai cancellare nulla di quella notte, nulla.
Tutto resta, indelebile nella memoria, in ogni sua più crudele sfaccettatura.
All’epoca l’urlo di dolore era accompagnato da una previsione, una profezia, un oscuro presagio.
Da ora in poi ogni Natale non sarà più lo stesso: era questo ciò che pensavamo e che dicevamo fuori e dentro la chiesa di San Giuseppe un po’ tutti noi, giovani poco più che maggiorenni, il giorno del tuo funerale, a pugni stretti e con il volto scavato dalle lacrime.
Mannaggia, era vero, terribilmente vero.
Da quella gelida notte ogni ricorrenza natalizia riserva, per chi ha avuto la fortuna ed il privilegio di conoscerti, un retrogusto tutto particolare, impossibile da descrivere, sempre uguale e diverso allo stesso modo.
Venti anni esatti, ma è come se il tempo si fosse fermato, o meglio, come se non esistesse proprio.
Ed in un certo senso lo è davvero, perché è davvero unica la sensazione che si prova quando si viene da te.
Per un saluto silenzioso, una preghierina furtiva, un bacino fugace ed ogni tanto, senza preavviso e fuori controllo, qualche scarica intensa di un non so che.
Ed è meraviglioso ogni volta, da soli, lì dentro, al chiuso, anche soltanto a contemplare il tuo viso, bellissimo, eternamente angelico, ritratto in una foto stupenda, immortale.
Oltre quella foto, impresso sulla tua tomba, il tuo nome e nient’altro.
Neanche un numero, una data.
Come se il tempo non esistesse, appunto.
Buon Natale Ale
Michele






